Chi si ricorda del sorbetto monodose della Ferrero? Venduto a temperatura ambiente, il Gran Soleil doveva essere congelato per una notte prima di poter essere consumato al cucchiaio. Un sorbetto al gusto di limone con una formula innovativa che nasceva liquido e diventava solido. E che i consumatori potevano prelevare il prodotto in cassa tra un pacco di caramelle e – per restare tra i prodotti della multinazionale piemontese – un ovetto Kinder.
Gran Soleil, il nettare degli dei
La sua particolare formulazione consentiva all’acquirente di non preoccuparsi della sua deteriorabilità una volta oltrepassata la soglia del supermercato. Un prodotto meno deperibile di uno fresco che suscitò l’effetto wow dei consumatori, complice anche un orecchiabilissimo jingle pubblicitario.
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In altri generò il dubbio sul perché un sorbetto stesse fuori dal banco frigo. Il nettare degli dei, così lo chiamavano, era un dolce fine pasto per tutta la famiglia ideato, pare, da Michele Ferrero. Un dolce a cui Ferrero pensava dalla fine degli anni ’90 e che sperava di trasformare nella Nutella del futuro. «Gran Soleil potrebbe essere la Nutella di domani: un marchio nuovo e vincente, pieno di potenzialità, diverso da tutti gli altri».
Pubblicità e premi
Immesso nel mercato nel 2006, dopo qualche anno è stato annoverato tra le storie di successo dell’azienda. Un successo di prodotto e di settore. Un fine pasto per tutta la famiglia talmente innovativo da aver dato origine a un nuovo settore: i pronti da gelare. Gran Soleil, si scrisse all’epoca, «è priva di punti deboli e ha inventato una nuova categoria merceologica che prima non esisteva». Dimenticando però che c’era un precedente di tutto rispetto presente ancora oggi sul mercato, i Polaretti: ghiaccioli alla frutta da surgelare in casa. Un’intuizione tutta Made in Italy del fondatore – Santo Finocchiaro – dell’azienda siciliana Dolfin avuta, guarda caso, negli anni ’90.
Con la motivazione di «aver saputo creare e mantenere un mix innovativo di eccellenza con nuove tecnologie di produzione e un posizionamento vincente nell’area gusto&servizio, accompagnato e sostenuto da una campagna di comunicazione di facile ricordo e da azioni promozionali sul punto vendita», Gran Soleil ha vinto due Brand Awards consecutivi, nel 2007 e nel 2008.
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A premiare il prodotto una giuria composta da esponenti della consulenza e dell’informazione, da manager della grande distribuzione e dall’industria di marca, e da rappresentanti del mondo accademico. Nel 2010, si è anche aggiudicato lo Special Award Innovazione di Coolbrands, premio dedicato ai marchi più cool presenti sul mercato italiano.
Il successo di ieri non è una garanzia
Dopo un iniziale boom, e un ampliamento dei gusti (ananas, mandarino, caffè, vaniglia, cioccolato) il dessert pluripremiato che cambiava stato e diventava fresco non fu più commercializzato. Il sorbetto progettato per essere conservato fuori dal banco frigo e agitato prima del consumo, otto anni dopo la sua nascita fu ritirato dal mercato. E questo dopo aver a lungo studiato il prodotto, investito milioni di euro per realizzare nuovi macchinari, nuove tecniche di conservazione, creato un packaging speciale e investito massicciamente nella pubblicità.
Perché il Gran Soleil non è più in commercio?
La Ferrero si affrettò a spiegare che il prodotto era stato ritirato «dopo essere rimasto per più di sei anni in fase commerciale di test allargato». Verità o tentativo di giustificazione di un flop? Si sa che circa l‘80% dei nuovi prodotti non riesce a raggiungere il successo commerciale. Solo pochi diventano veri casi di successo, alcuni resistono nel tempo, altri sopravvivono a malapena. Ma come spiegare le ragioni di un insuccesso dopo un’iniziale e promettente boom?
Apprendere significa analizzare gli errori
Errore di posizionamento? Secondo alcuni esperti le ragioni dell’insuccesso di Gran Soleil potrebbero essere collegate alla difficoltà dei consumatori di accettare un prodotto anomalo nel panorama dolciario. Non era una granita, non un sorbetto, non era un gelato, non era un digestivo, non un dolce ma un po’ tutte queste cose insieme. Ma questo sarebbe in contraddizione con il successo iniziale.
Forse il fatto che il prodotto cambiasse stato, nasceva liquido e si consumava al cucchiaio, ha generato l’idea di un composto chimico per niente naturale. Molti consumatori si lamentarono anche della mancata riuscita di questa magia. Tanto da dover spiegare, all’interno della pubblicità, come agitare prima e gelare poi il prodotto. Insomma, un dolce dotato di foglietto illustrativo solletica l’immaginazione dei soli appassionati delle istruzioni di montaggio di mobili o degli elettrodomestici. Ma non dei buongustai per i quali questo elemento creava una barriera all’acquisto molto alta.
Forse il sapore era lontano dalle aspettative? O non piacevano i gusti? Sappiamo che i gusti dei consumatori cambiano. Ma il sorbetto a fine cena al limone è ancora oggi un dolce apprezzato. Forse le ragioni sono da ricercare altrove: la confezione troppo piccola, la collocazione al supermercato. Il dolce, monoporzione, era posto vicino alle casse, nell’area destinata agli acquisti d’impulso dell’ultimo secondo. E impulso significa che il prodotto può essere consumato anche all’istante.
Forse il prezzo non era così conveniente. Sebbene la forza del marchio possa creare una percezione di valore aggiunto, giustificando quindi prezzi più elevati rispetto alla concorrenza, il non sorbetto era venduto a un prezzo ritenuto non adeguato alle proprie tasche.
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Più in TV che in tavola?
Forse c’è stato un problema di comunicazione. L’azienda aveva anche annunciato la presenza di latte fresco nel prodotto. Secondo quanto riportato sul sito web, il Gran Soleil non conteneva neanche una goccia di latte ma di alcol sì. Certamente un ruolo lo ha giocato la pubblicità.
La copertura mediatica è stata eccezionale come gli investimenti in una massiccia campagna pubblicitaria trasmessa per radio, in televisione e diffusa sui giornali. È molto probabile che l’impatto mediatico abbia trainato gli acquisti iniziali. Non abbiamo i dati per confermare questa ipotesi. È però molto probabile che soddisfatta la curiosità iniziale generata dalla pubblicità, l’interesse sia andato scemando trasformando i punti di forza iniziali in punti critici.
Arrendersi senza rimpianti
Ferrero però non molla e ci riprova nel 2011 con un accordo con Autogrill che prevedeva un Gran Soleil gratis per tutti quelli che acquistavano un panino. Chi voleva comprarlo lo trovava già congelato nel banco frigo. Il lancio è stato accompagnato da una nuova campagna pubblicitaria che ha coinvolto due volti noti dello spettacolo. E rivolta a una parte del pubblico, gli adulti, notoriamente meno inclini alla sperimentazione.
La pubblicità lo presentava come un dolce con virtù salutari, con lo slogan Favorisce la digestione. Ricevendo una segnalazione per pubblicità ingannevole perché semplificava eccessivamente tutto. Il prodotto sarebbe quindi stato sospeso perché i risultati ottenuti sono stati considerati dall’azienda «non attendibili». O in altre parole, lontani dalle aspettative.
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Fallita pure la petizione
Su charge.org c’è chi ha lanciato, nel febbraio del 2017, una petizione. Roberta, una utente, scrive «Ci piacerebbe assaggiare di nuovo il Gran Soleil al limone, al mandarino e tutti i diversi gusti; e perché no, a chi non ne ha mai avuto occasione, assaggiarlo per la prima volta. Proprio come gli Happy Hippo, scomparsi dai supermercati, ma che finalmente risultano recuperabili, sarebbe bello poter riavere questo sorbetto per rivivere dei momenti della nostra infanzia». La petizione? Un insuccesso. L’obiettivo delle 100 firme non è stato raggiunto. Ma se non si fallisce, significa che non si è rischiato nulla o che si sta ripetendo se stessi.
Le 3 regole d’oro
Le tre regole da seguire per evitare un lancio di prodotto fallimentare. Prima regola: prima il prodotto e poi la comunicazione. Se il prodotto non regge, la pubblicità può compensare le mancanze nel breve ma non nel lungo periodo.
Seconda regola: non enfatizzare. Evita di creare nel consumatore aspettative che non possono essere soddisfatte. Sarebbe un fallimento per lui e anche per te.
Terza regola: semplifica per non confondere. «Le cose semplici possono essere complicate ma devono essere comprensibili». E se lo dice Don Norman, guru del design, c’è da credergli. E voi che lezione avete appreso? Se volete raccontarmi la vostra storia di fallimenti e lezioni apprese, scrivetemi qui: redazione -chiocciola – startupitalia.eu