È l’8 dicembre del 2005. Siamo in Giappone. La Mizuho Securities, uno dei più grandi gruppi bancari nipponici, sta per entrare nella storia degli errori più costosi di tutti i tempi. Per uno dei tanti trader della compagnia Mizuho è un giorno come tutti gli altri. La società J-Com Co. con sede a Osaka, attiva nel reclutamento e collocamento di personale, debutta proprio quel giorno in Borsa. Quando il trader riceve l’ordine di immettere sul mercato una singola azione della J-Com Co. per 610.000 yen (circa 5.000 dollari USA al tempo), esegue con sicurezza questa operazione di routine.
Il lapsus più costoso della storia
Forse a causa di un momentaneo lapsus, o di un calo nella concentrazione, non si rende immediatamente conto di aver fatto un banale errore. Invece di vendere una azione a 610.000 yen, immette un ordine di vendita di 610.000 azioni a 1 yen ciascuna. Premuto il tasto di invio 610.000 azioni vengono poste alla disponibilità del mercato a meno di un centesimo di euro.
Il maxi errore alla Mizuho Securities
È in quel momento che l’operatore prende consapevolezza della portata del suo fat-finger error ma è troppo tardi per tornare indietro. Il sistema, per un problema tecnico, non consente l’annullamento degli ordini, rendendo – come ebbe a dire un’analista giapponese a Bloomberg – «il Giappone lo zimbello del mondo».
Il fallimento? Una serie di errori
Nel giro di poche ore le azioni vanno a ruba. Il conto sarà servito il giorno dopo quando l’azienda ebbe la consapevolezza del costo dell’inversione di due semplicissimi numeri: 40.7 miliardi di yen (oltre 300 milioni di dollari).
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Tre giganti del trading – UBS, Morgan Stanley e Lehman Brothers – fecero i maggiori profitti. E due singoli investitori, di 27 e 24 anni, portarono a casa rispettivamente 17.6 e 6 milioni di dollari.
Il capo di Mizuho Securities, M. Fukuda, a mezzanotte dello stesso infausto giorno, tiene una conferenza stampa di emergenza ammettendo il problema. Tre le principali cause alla base dell’epic fail: un errore umano di digitazione, l’incapacità del sistema di individuare l’anomalia (dal momento che quell’ordine rappresentava 41 volte la quantità effettiva di azioni in circolazione della società) e l’impossibilità di ritirare l’ordine una volta scoperto l’errore. Tre errori sequenziali che causarono una turbolenza nell’intero mercato.
Il Tokyo Stock Exchange ammette le proprie responsabilità. Il suo presidente presenta le dimissioni perché l’ordine, palesemente anomalo, andava rigettato dal sistema. Ma il software non era programmato per accettare un ordine di cancellazione mentre arrivavano ordini di acquisto. Forti di queste ammissioni, la Mizuho Securities fa causa per 41.6 miliardi di yen al Tokyo Stock Exchange. Nel 2009, la corte di Tokyo condannerà la Borsa al pagamento di un quarto dell’intera perdita iniziale. UBS e Lehman Brothers decideranno di restituire i guadagni. Morgan Stanley no.
Prevenire significa prepararsi al peggio
All’indomani dell’accaduto il Primo Ministro Jun’ichirō Koizumi dichiarerà: «Dobbiamo agire per prevenire un altro sbaglio. Voglio che le persone pensino a misure per non ripetere lo stesso tipo di errore».
Esattamente un anno dopo l’epic fail, il 20 gennaio del 2006, la Mizuho Securities rilascia un documento dal titolo Improvement Measures to Prevent the Placement of Erroneous Orders. Nelle tre pagine del documento è possibile leggere le misure intraprese, nei mesi successivi all’accaduto, in termini di revisione delle procedure di gestione degli ordini e dei sistemi di controllo del rischio. I miglioramenti, tra gli altri, includevano la progettazione dei sistemi di gestione degli ordini, la separazione della funzione di vendita da quella di esecuzione e il rafforzamento delle regole di doppia verifica, con due operatori diversi per il controllo. In aggiunta al potenziamento della formazione del personale per migliorarne le competenze.
Una parte del documento si focalizza sul miglioramento delle risposte in situazioni di emergenza. Alcune di queste azioni possono essere utili affinché altri non ripetano gli stessi errori: creazione di elenchi di contatti di emergenza; revisione dei processi decisionali per rendere tempestiva la diffusione delle informazioni; sviluppo di piani di esercitazioni sulla risposta in caso di emergenze e conduzione regolare di tali esercitazioni. Azioni che chiariscono l’importanza di non definire le regole del gioco in caso di crisi solo dopo l’esplosione della crisi stessa. Prevenire significa prepararsi prima che il peggio accada.
L’ultimo punto del documento affronta l’identificazione delle responsabilità e due sono le cose interessanti da notare. La prima è che le azioni disciplinari non sono state prese solo nei confronti della persona che ha manualmente digitato l’ordine sbagliato. Ai tre presidenti delle società del gruppo e ad altre sei figure apicali sono state applicate sanzioni pecuniarie, consistenti in una riduzione del compenso dal 10% al 50% per un periodo da uno a tre mesi. La seconda è che 11 dipendenti, i cui nomi non sono stati resi pubblici, hanno ricevuto richiami, avvertimenti e ammonimenti severi, senza ulteriori dettagli sul tipo specifico di ammonimento.
Errore causa o sintomo del problema?
Mizuho Financial Group non era al debutto sul palcoscenico degli epic fail. Il primo giorno di attività, il primo aprile del 2002, fu compromesso da errori nelle transazioni agli sportelli automatici (ATM) e da ritardi nei pagamenti automatici legati alle carte di credito. Quello che all’epoca è stato considerato il più grande fallimento del sistema bancario nella storia ha permesso di comprendere quanto complessi siano anche le ragioni che portano a sbagliare. E che c’è una bella distinzione tra errore come causa ed errore come sintomo del problema.
Il sistema bancario non è riuscito a elaborare 105.000 addebiti automatici previsti per il 1° aprile. Gli addebiti dovuti al ritardo nel pagamento si sono accumulati e il numero di addebiti tra il 1° e il 5 aprile ha raggiunto la cifra di 30.000. Ci è voluto più di un mese prima che le operazioni bancarie tornassero completamente alla normalità.
Nonostante Mizuho avesse delle linee guida in caso di guasti del sistema, gli operatori non erano stati istruiti neanche su come rispondere ai clienti e annunciare tempi e programmi di ripristino che li rassicurassero.
Se osserviamo l’errore come sintomo, la ricerca della causa immediata conduce a un solo tipo di errore: un bug tecnico informatico. L ’attribuzione della responsabilità ricadrà solo su una persona o a un gruppo di persone deputate alla costruzione dell’architettura informatica o alla gestione di aspetti puramente tecnici.
Il fallimento come responsabilità organizzativa
E se guardiamo più in profondità? Il primo aprile del 2002 era il giorno di debutto di due companies che nascevano dalla fusione di 3 diverse banche. Le transazioni attraverso ATM di una delle tre banche sarebbe dovuta avvenire sfruttando l’ATM di un’altra. Un’analisi più dettagliata a posteriori ha rivelato che la causa profonda andava cercata nei fattori organizzativi e gestionali a monte e non a valle.
Una pratica comunemente osservata in qualsiasi fusione era quella di aumentare il numero di componenti del comitato di gestione. Quello della nuova banca era formato dai membri delle tre banche precedenti. Non avendo una parte dominante che potesse prendere il controllo anche in situazioni di emergenza, tutte le decisioni amministrative richiedevano l’accordo unanime delle tre banche. Questo ha generato ritardi nella presa di decisioni ed errori nella pianificazione. La rivalità e la lotta per il potere tra le tre banche, la cattiva gestione, e la scarsa comunicazione, hanno contribuito notevolmente all’incidente.
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Basti pensare che scegliere di debuttare il primo di aprile esponeva la banca a grandi rischi essendo il giorno del mese con il volume maggiore di transazioni da gestire. E la scelta è stata ancora più infausta perché i Ceo delle tre banche erano consapevoli dei ritardi, ma – in un eccesso di ottimismo (overconfidence)- non avevano approfondito i dettagli per comprenderne le cause. Hanno semplicemente sollecitato il recupero del ritardo per arrivare in tempo al giorno del debutto.
Mizuho non è la sola ad aver avuto questi tipi di problemi. L’episodio è solo uno dei promemoria per gli investitori e non solo. I sistemi finanziari globali sono sempre più veloci e complessi e le cose possono andare rapidamente storte. La complessità rende le organizzazioni molto più vulnerabili a glitch tecnici ed errori, aumentando il rischio di fallimenti sistemici. E la velocità dei cambiamenti rende le persone più inclini a commettere errori non intenzionali. In fondo lo sappiamo, errare humanum est.
Le 3 regole d’oro
La prima regola è prevenire è meglio che curare. La saggezza popolare riassume in un proverbio una regola fondamentale ma sottovalutata del business. Anticipare un evento e prendere misure preventive per tempo evita di dover trovare soluzioni approssimative al problema in un momento nel quale la parte emotiva ha il sopravvento su quella razionale.
La seconda regola è andare alla ricerca delle cause e non dei sintomi. Non fermarsi alla superficie ma andare in profondità. Solo così sarà possibile identificare le circostanze che hanno causato o contribuito al problema e individuare la soluzione più appropriata per evitare che l’errore si ripeta.
La terza regola consiste nell’adozione di una visione olistica anziché settoriale nella ricerca di soluzioni ai problemi. Ciò implica non limitarsi a risolvere la crisi immediata applicando misure a singoli dipartimenti, progetti o prodotti, ma estendere i miglioramenti all’intera organizzazione.
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