«In questo fantastico giorno in cui siamo tutti riuniti per celebrare i vostri successi accademici, ho deciso di parlarvi dei benefici del fallimento». Con queste parole pronunciate ai neolaureati di Harvard, nel 2008, la scrittrice Joanne Rowling ha condiviso le sue riflessioni su due temi a lei cari: il coraggio di fallire e l’importanza di immaginare.
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Harry Potter nasce da una serie di fallimenti
Usa la parola coraggio perché da giovane studentessa era più spaventata dal fallimento che non dalla possibilità di rimanere nello stato di povertà nel quale viveva. «Ad appena sette anni dal giorno della laurea avevo già fallito clamorosamente. Il mio matrimonio era imploso in tempi eccezionalmente brevi, non avevo un lavoro, ero una madre sola ed ero povera (…) non conoscevo nessuno più fallito di me».
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Eppure il fallimento le ha permesso di ridurre il superfluo per concentrare la sua attenzione sul solo lavoro che le stesse a cuore sin da bambina: scrivere. A sei anni scrisse la storia di Rabbit, un coniglio con il morbillo amico di un’ape gigante, e a 12 un romanzo incentrato su sette diamanti maledetti. Quando concepì l’idea di un ragazzino, figlio orfano di due potenti maghi, non si preoccupò se sarebbe stata apprezzata né si chiese se sarebbe stato un successo, «sapevo semplicemente che era qualcosa di cui mi sarebbe piaciuto scrivere». Ha impiegato 5 anni per scrivere il primo libro della saga, più di un anno per trovare un editore e 3 anni per arrivare al successo.
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Siamo tutti inesperti di fronte alla novità
Harry Potter e la pietra filosofale fu rifiutato da una dozzina di note case editrici. Perché? Libro più lungo del necessario e trama troppo complessa per i più piccoli. Il merito della sua pubblicazione non è di uno dei nomi altisonanti dell’editoria, di un editore di successo, di un esperto del settore ma di una bambina di 7 anni. Il suo nome è Alice, ed è la figlia di Nigel Newton presidente della casa editrice Bloomsbury. La storia è stata rivelata dallo stesso Nigel Newton, in un’intervista apparsa su un quotidiano.
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Alice lesse il libro e ne rimase entusiasta. «Un’ora dopo averle dato il libro uscì dalla sua stanza raggiante», ricorda Newton. «Mi venne incontro dicendomi “Papà, questo è molto meglio di qualsiasi altra cosa io abbia mai letto”. Mi ha tormentato e tormentato nei mesi successivi, perché voleva vedere cosa sarebbe successo dopo».
Newton staccò il primo assegno di 2500 sterline alla Rowling, madre single in grande difficoltà economica. Le chiese però di trovarsi uno pseudonimo, preoccupato che i bambini non avrebbero acquistato un libro scritto da una donna. Lei scelse di aggiungere all’iniziale del suo nome, la J di Joanne, quella del nome di sua nonna, la K di Kathleen. La tiratura iniziale fu di 500 copie. Grazie al passaparola Harry Potter si è aggiudicato il titolo di libro per ragazzi più venduto di tutti i tempi.
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La Rowling, grazie anche all’entusiasmo di quella bambina, è diventata una delle cinque donne miliardarie che si sono fatte da sole e la prima autrice di libri da 1 miliardo di dollari. Non di meno il padre di Alice ha tratto beneficio da uno degli investimenti più lungimirante nella storia dell’editoria. Con onestà Newton afferma: «Sapevamo che avrebbe venduto oltre 600 milioni di copie? No, ma sapevamo che era un ottimo pezzo di scrittura». E questo grazie a una piccola lettrice.
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Perché le idee creative non decollano?
I successi di Larssen e della Rowling, fanno sembrare incompetenti le persone che li hanno rifiutati. E spesso lo sono! In particolare quando all’esperto si chiede di valutare una novità o una innovazione che si discosta maggiormente dalle norme, dagli standard esistenti, o dalle aspettative attese.
Quando si valutano idee creative, i giudizi dei valutatori esperti sono spesso soggetti a errori. Erik Dane nell’articolo Reconsidering the Trade-off Between Expertise and Flexibility: a Cognitive Entrenchment Perspective definisce radicamento cognitivo quella condizione nella quale più competenze si hanno, più le strutture di conoscenza si ossificano, meno si è propensi ad esporsi ad altre fonti di informazione. E così diventa davvero difficile accettare o valutare con distacco una cosa nuova. Ci affidiamo agli esperti per giudicare le cose, ma l’esperienza può condurre ad errori.
Cosa accade quando a valutare la nostra proposta non è un individuo ma un gruppo? I ricercatori Wayne Johnson e Devon Proudfoot hanno condotto 5 esperimenti, testando i pitch di iniziative imprenditoriali del programma televisivo Shark Tank e i film proiettati al Sundance Film Festival dello Utah dal 2015 al 2022. E hanno osservato che quanto più un’idea, un film, un prodotto, un’azienda sono anticonvenzionali, più ampia sarà la gamma di opinioni e maggiore il disaccordo.
Novità e valore della proposta sono elementi difficili da valutare in modo oggettivo. Come riusciamo a distinguere ciò che è geniale da ciò che non avrà successo? Osservano i due ricercatori che «i valutatori hanno maggiori probabilità di essere influenzati da conoscenze pregresse, preferenze soggettive e fattori situazionali idiosincratici, come la personalità di chi propone l’idea, che fanno sì che le loro opinioni differiscano l’uno dall’altro, producendo una maggiore variabilità di giudizio».
Dunque, più un’idea è nuova e più gruppi di persone sono in disaccordo sul suo potenziale valore, maggiore è la possibilità che l’idea venga rifiutata. Il disaccordo stesso genera quindi resistenza perché ciascuno interpreta questa varietà di opinioni come un segnale di rischio.
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E allora che fare? Desistere? Mettersi in gioco fa paura e la possibilità di ricevere una lettera di rifiuto può scatenare una serie di emozioni negative, tra cui la vergogna per paura del giudizio altrui e del fallimento. Ma la prossima volta che riceverai un no tieni a mente queste storie e la lettera del romanziere Wallace Stegner in risposta a una lettera di rifiuto del critico Ansel Adams:
Caro Signore Adams,
sono seduto in una piccola stanza appartata del mio appartamento.
Le tue critiche sono davanti a me.
Tra qualche minuto saranno alle mie spalle.
Le 3 regole
Sii come Wallace Stegner, non trasformare un rifiuto in un ostacolo insormontabile.
Se la tua idea è davvero innovativa, presentala agganciandola a qualcosa di già conosciuto e che ha funzionato.
Se devi valutare una nuova idea, non farti condizionare dal radicamento cognitivo. Metti in dubbio le tue competenze e chiediti spesso «e se…?».