Questa è la storia del padre di un ragazzo con l’Asperger, della sua volontà di disegnare per lui e per i tanti con la sua stessa fragilità un ruolo da protagonista del futuro e di un’idea innovativa per riuscirci: fondare una scuola che non ancora non c’è. La storia parte da qui.
“Guardavo mio figlio Roberto, studente delle superiori e mi chiedevo: cosa fare perchè ragazzi che hanno potenzialità da portare finalmente a galla ma anche fragilità relazionali che li condizionano molto possano trovare il loro giusto spazio nel mondo del lavoro? Dall’altra parte pensavo al numero crescente di aziende innovative che sono alla ricerca di lavoratori equipaggiati con le nuove competenze digitali, ma che spesso non ne trovano di adeguati o in numero sufficiente. Insomma, mi pareva che ci fosse un vuoto da colmare e che inventare una scuola dove i ragazzi con la sindrome di Asperger si specializzassero in un lavoro molto richiesto e si preparassero alla vita aziendale potesse rappresentare una grande opportunità per tutti”.
Così Massimo Montini, imprenditore nel campo elettromeccanico, con la sua Fondazione Un futuro per l’Asperger ha creato a Milano Scuola Futuro Lavoro, la scuola che prima non c’era: oggi aule progettate per ospitare al massimo 12 studenti e per limitare gli stress acustici e visivi, una metodologia didattica attiva aperta al cooperative learning – che favorisce il lavoro d’équipe e la corresponsabilità nei progetti – e al learning by doing – che mette al centro l’apprendimento esperienziale – e docenti specializzati o che vengono direttamente dal cuore delle aziende sono diventati il patrimonio di ragazzi e ragazze che qui stanno trovando una formidabile occasione di crescita e di realizzazione e stanno costruendo solide prospettive professionali per il loro domani.
Un modello di integrazione
I corsi, che hanno la durata di un anno suscettibile di specializzazione l’anno successivo e il riconoscimento della Regione Lombardia, sono raggruppati in ambiti formativi, vedi Informatica – con i corsi di It per l’Industria 4.0, Data Science e Digital Fabrication – e vedi Graphic Design, con i corsi di Web Design e Digital Media Specialist. E poi Media Design, con i richiestissimi corsi di Game Design and Game Development, quello di Visual Effects e di Filmmaking, infine quello di Virtual Reality. Ma il punto di svolta questa scuola già atipica lo trova nella sua mescolanza, che integra chi porta le fragilità dell’Asperger con chiunque è qui semplicemente perché vuole imparare un mestiere da spendere rapidamente su un mercato affamato di profili professionali giovani e tecnologici: la scuola è, infatti, aperta a tutti, realizzando così un modello di integrazione che in Italia, e forse anche in Europa, ne fa un caso unico.
Dottor Montini, partiamo da qui: una scuola che costruisce la sua identità nell’essere pensata per ragazzi e ragazze con la sindrome di Asperger, ma che è aperta a chiunque la voglia frequentare.
Questo è sicuramente uno dei suoi punti di forza. Nel progettare la scuola, siamo partiti dall’idea di valorizzare le diversità dei ragazzi e delle ragazze che avremmo ospitato. Oggi i nostri studenti, che hanno la sindrome di Asperger, ma anche la dislessia o la discalculia convivono piuttosto facilmente con i ragazzi normodotati, molto più di quanto io inizialmente avessi sperato.
E come si realizza questo modello di integrazione, nell’attività didattica?
I nostri studenti seguono i corsi a cui si iscrivono, partecipando alle classi comuni. Naturalmente la scuola gode della presenza fissa di uno psicologo e i docenti sono dotati di strumenti didattici adeguati all’importanza della sfida che abbiamo lanciato. Inoltre, nel momento dell’ammissione, i ragazzi più fragili seguono un percorcorso di orientamento che ne individua potenzialità e fragilità e che traccia un cammino di crescita monitorata che, di step in step, li porta al conseguimento dell’attestato finale.
Chi sono i ragazzi che si iscrivono?
Ragazzi che hanno terminato la scuola superiore e che non hanno intenzione o non se la sentono di iscriversi all’università e sono alla ricerca di un’opportunità di formazione che sia immediatamente spendibile nel mercato del lavoro, mondo a cui, peraltro, la scuola è estremamente connessa, al punto che molti degli insegnanti provengono proprio dalla dimensione aziendale.
Come si pone il mondo professionale nei confronti dei vostro studenti?
Ha molto interesse verso di loro, che sono preparati nelle competenze di cui il mondo aziendale, in fortissima trasformazione, ha sempre più bisogno, anche da inserire nei percorsi di inclusione a cui le realtà di una certa portata devono per legge adempiere. I ragazzi con la sindrome di Asperger, poi, sviluppano interessi molto specifici e verticali, sui quali lavorano con una certa ossessività: finiscono così per elaborare delle competenze spiccatissime. Lo vediamo quotidianamente: se riescono a sviluppare nel modo giusto le competenze alle quali sono predisposti possono diventare anche più validi dei normodotati. L’informatica, la tecnologia, il digitale rappresentano, poi, per loro un campo di interesse molto forte, nel quale peraltro riescono piuttosto bene.
E quando impattano con il mondo di fuori? Con un progetto da portare a termine, con dei nuovi colleghi, con il sistema aziendale?
Noi lavoriamo molto con i ragazzi per allenarli ad affrontare un momento che per loro è molto stressante, viste le grandi difficoltà di chi ha l’Asperger di relazionarsi: il colloquio di lavoro, il primo impatto con il mondo professionale. La preparazione a questo momento, che è cruciale per la vita di ogni neo professionista ma che per questi ragazzi è un passaggio davvero molto complesso, viene seguita in un percorso che è parallelo alle frequentazione dei corsi.
Forse anche le aziende andrebbero preparate ad accogliere ragazzi che hanno modalità di espressione e interazione molto particolari.
Infatti noi lavoriamo con le aziende per prepararle a conoscere e riconoscere il mondo dell’Asperger, che ha tratti che possono dare luogo a travisamenti di grosso peso: insomma, diamo loro gli strumenti per capire che se il giovane collega appena assunto non si aggiunge al gruppo per la pausa caffè non è certamente perché sceglie di non integrarsi, ma perché ha modalità di agire che non seguono i percorsi convenzionali. Facciamo insomma il possibile per dare a chi opera con i nostri studenti gli strumenti per leggere con correttezza un mondo complesso come quello della sindrome di Asperger, che può condizionare anche i momenti più semplici della relazione.
Suo figlio Roberto entrerà nella scuola?
Mio figlio, superato l’esame di maturità, entrerà nella scuola, certamente.