«Apriresti un’azienda in India, in un settore super regolamentato, in uno dei mercati più difficili da penetrare? Quasi tutti direbbero: “Sei matta”. Io invece dico: “Perché no?”». Lei è Matilde Giglio, 33 anni, romana. In India ha fondato Even Healthcare, una società che vuole riscrivere le regole di un sistema sanitario inefficiente, che ogni anno porta milioni di famiglie sotto la soglia di povertà. «Abbiamo costruito un modello che mette al centro la salute, non il profitto. Invece di spingere per più interventi, incentiva i medici a curare bene i pazienti». Oggi l’azienda conta 400.000 membri e ha appena raggiunto un traguardo importante: l’apertura del primo ospedale a Bangalore. «Il piano è aprirne 18 nei prossimi tre anni in tutto il Paese».
Dall’Italia all’India
Competitiva, ambiziosa, Matilde ama le missioni impossibili. Dopo il liceo classico a Roma, si trasferisce nel Regno Unito per studiare alla London School of Economics. In valigia, un obiettivo: «Costruire qualcosa di importante e avere un impatto». A 23 anni, tra Londra e New York, crea Compass News, una startup giornalistica poi inglobata da Bloomberg. «Ero un po’ ingenua, volevo salvare la democrazia, rendere i giovani più informati. Per raccogliere investimenti ci ho messo tantissimo, 2 milioni in tranche minuscole. Ma anche le porte in faccia mi hanno aiutato a costruire un network». Dopo quell’esperienza, uno dei suoi primi investitori le propone di entrare nel VC londinese Hambro Perks. «Avevo 26 anni. Mi sono occupata di sanità, fintech e machine learning. È lì che mi sono innamorata di Kaiser Permanente, una delle realtà sanitarie più di successo al mondo».

Kaiser è il modello che ha ispirato Even. «Integra assicurazione e strutture sanitarie, due mondi con interessi opposti che riesce ad allineare». È attivo negli USA, ma Matilde intuisce che potrebbe funzionare altrove. Guarda ai Paesi emergenti. «Ho pensato all’India, all’inizio come opportunità di investimento». Parla con tre big del settore (che poi entreranno in Even), tutti le confermano che quel modello lì non esiste e potrebbe avere un impatto enorme. «Il problema è che conoscevo poco il mercato indiano. Come avrei potuto creare tutto da zero?». Così, quando uno dei suoi investitori — Ceo di una società indiana — le offre un’opportunità per entrare nel Paese, decide di accettare. Diventa Head of Digital Strategy per il partito di Gandhi nella campagna elettorale del 2019. «Un’esperienza pazzesca, avevo 75 milioni di dollari da spendere sul digitale in cinque mesi per raggiungere 1,4 miliardi di persone. Lì ho capito davvero come funziona il go-to-market in India». Finita la campagna, è pronta per Even. Insieme a lei, due co-founder: l’amico di sempre Alessandro Ialongo e Mayank Banerjee, indiano conosciuto a Oxford.

Le sfide del mercato indiano
«All’inizio è stata durissima. Anche una cosa semplice qui è complicata e richiede contatti: aprire un conto in banca, una società, un ufficio. Solo per ottenere la licenza ci è voluto un anno e mezzo». Even si scontra con la complessità della regolamentazione. Senza una rete locale, ostacolata dai competitor, finisce nel mirino degli enti regolatori. «A un certo punto avevamo una compagnia senza licenza e siamo stati costretti a cancellare tutte le polizze già sottoscritte». Come se non bastasse, Matilde riceve un mandato d’arresto. «Forse il momento peggiore della mia vita. Ma ne siamo usciti, chiarendo con le autorità». Risolto tutto, nel giro di un mese il 97% dei membri riacquista la polizza. È un segnale forte: il prodotto funziona e le persone ci credono.

Del resto, il bisogno è enorme. In India solo il 15% più povero della popolazione è coperto dall’assistenza pubblica e può accedere a cure gratuite. «Ma la qualità è bassa: strutture fatiscenti, risorse limitate, pochi dottori e malpagati». Oltre un miliardo di persone si cura nel privato, appena il 10% ha un’assicurazione. Ogni anno le spese mediche mandano 60 milioni di famiglie in rovina. «Serviva un player che offrisse un’assicurazione integrata, accessibile, di qualità. Le altre polizze coprono solo l’ospedalizzazione, ignorando il 90% delle spese mediche». Even offre una membership con accesso illimitato a test, visite, diagnostica, cura primaria. Ha un team medico interno, le proprie cliniche, migliaia di strutture partner. E dal 15 luglio, il primo ospedale. «Ci siamo arrivati con sei anni d’anticipo rispetto ai piani, grazie al sostegno degli investitori e alla risposta del mercato». La società ha chiuso l’anno con 35 milioni di fatturato e ha raccolto finora quasi 60 milioni di dollari da grandi fondi americani come Founders Fund e Khosla Ventures. «Even è il loro unico investimento in India».
L’ospedale a Bangalore
Il primo Even Hospital ha 70 posti letto, sale operatorie, terapia intensiva. Ma la vera innovazione è nel modello di cura: «Abbiamo progettato un ospedale che fa di tutto per tenerti fuori. I medici non sono premiati per quanti test eseguono, ma per quanto bene curano». Nel sistema privato indiano i dottori sono incentivati a moltiplicare gli interventi. Even sfida questa logica: rimuove gli incentivi distorti e punta a ricostruire fiducia. «Questo è il vero cambiamento, più innovativo di qualsiasi tecnologia, anche dell’AI Nurse, che comunque abbiamo».

In un contesto in cui le persone devono scegliere tra strutture d’élite e cliniche poco affidabili, Even vuole colmare il divario, offrendo cure accessibili, prezzi trasparenti e assicurazione. «Questo è il mio obiettivo: risolvere una sfida “impossibile” in un settore ad alto impatto, con un team di talento, in uno dei mercati più complessi al mondo». Non è solo gusto della sfida. «Mi piace mettere in discussione lo status quo. In Italia spesso si migliora quel minimo che basta, e poi guai a fallire. Io credo che il fallimento sia parte della vita. Se lo accetti, puoi puntare in alto. E quando affronti sfide ambiziose, i migliori vogliono lavorare con te». Oggi Even conta 460 persone. «Non credo nei geni solitari. Credo nel talento diffuso. Mi piace avere attorno persone più brave di me e condividere con loro ogni successo». Ecco perché tutti in azienda ricevono stock options. «In India quasi nessuno lo fa. Questo ci aiuta ad attrarre e trattenere i migliori. È un vantaggio competitivo enorme».
Sognando l’Italia
Guardando al futuro, Matilde pensa in grande. «Siamo in un mercato che permette di costruire un’azienda da 100 miliardi. I presupposti ci sono». Tra dieci anni? «Avremo rivoluzionato la sanità in India, costruito ospedali nelle aree rurali, evitato che milioni di famiglie finiscano in povertà per curarsi. E avremo fatto tutto questo creando un’azienda di successo. A quel punto penserò al dopo». E in quel dopo, Matilde sogna l’Italia. «Il desiderio è forte: mi piacerebbe costruire qualcosa di importante anche lì».