Il mondo dell’agricoltura è spesso idealizzato e influenzato da tante fake news, che circolano a tutti i livelli del dibattito pubblico: come nascono? E come confutare i falsi miti? Ne abbiamo parlato con Salvatore Roberto Pilu e Andrea Scapin, autori del libro “Agrifake”
“Naturale sinonimo di salutare? Questa è una delle più grandi convinzioni da sdoganare: moltissimi funghi sono mortali, eppure sono naturali, così come le muffe, che colpiscono i prodotti che mangiamo, possono accumulare tossine pericolose, anche cancerogene, per la nostra salute. La natura può offrire cocktail micidiali di molecole, anche se poi bisogna considerare la concentrazione: è la dose che fa il veleno”.
Andrea Scapin e Salvatore Roberto Pilu sono gli autori di “Agrifake” (Ed. Aracne), un volume che affronta con metodo scientifico tante false credenze legate all’agricoltura, dalla verità sul biologico all’estremismo del biodinamico, dai temuti OGM alle innovative tecniche di genome editing. Dottore in Scienze Agrarie, Scapin lavora nel settore della ricerca varietale ed è autore di un podcast che porta lo stesso nome del libro, “Agrifake”, ascoltabile su tutte le piattaforme, compresa Spotify. Roberto Pilu, autore di decine di pubblicazioni scientifiche riguardanti il miglioramento genetico vegetale, è invece professore associato al DiSAA (Dipartimento Scienze Agrarie e Ambientali) dell’Università degli Studi di Milano.
Così come naturale non è sinonimo di salutare, chimico non è per forza sinonimo di pericoloso
“Così come naturale non è sinonimo di salutare, chimico non è per forza sinonimo di pericoloso, perché le molecole sintetizzate dall’uomo sono molto spesso plagiate dalla natura stessa. E poi, se andiamo a vedere, nessuna tecnica agricola è naturale, nel senso che si basano tutte su una modifica drastica dell’ambiente”.
Come nascono le agrifake
Il mondo dell’agricoltura è spesso idealizzato e influenzato da fake news che circolano a tutti i livelli del dibattito pubblico: “Questa percezione bucolica è dovuta all’allontanamento dell’uomo dalla vita in campagna”, proseguono Scapin e Pilu. “Oggi una percentuale molto piccola della forza lavoro è impiegata nel settore primario, pertanto c’è proprio una mancanza di conoscenze. Il marketing dei beni alimentari contribuisce poi alla distorsione della realtà, giocando sui sentimenti di naturalità e sostenibilità degli alimenti”.
Centrale, in questo processo, anche il ruolo del web e dei social network: se da un lato garantiscono un accesso veloce e semplice all’informazione, dall’altro le notizie non sono per niente approfondite. “La divulgazione in internet è importante, ma bisogna saper distinguere le fonti che sono più o meno autorevoli: la scienza non è democratica, l’opinione del singolo non esperto ha una valenza limitata. Una volta le idee più strampalate rimanevano confinate, oggi invece si diffondono in tempo zero e si uniscono ad altre idee strampalate, generando un Far West dell’informazione, dove è difficile capire cosa è giusto e cosa è sbagliato”.
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Il risultato? Una visione generale distorta dell’agricoltura, che poi si articola in una serie di fake news. “Il consumatore medio, essendo un non addetto ai lavori, spesso ha una visione molto semplificata, legata a una perfetta armonia tra uomo e natura”, sottolineano gli autori del libro “Agrifake”. “Si immagina l’orto di casa, le piante sul balcone e la coltivazione dei campi come la vede in televisione. Nella realtà l’agricoltura è qualcosa di complesso e faticoso, che combatte con tante variabili, prima fra tutte il clima”.
Dai pomodori tossici alla segale mortale
I falsi miti sull’agricoltura, se guardiamo al passato, in un certo senso esistono da sempre: “All’origine c’è sempre la diffidenza verso ciò che non si conosce, è un normale istinto di conservazione. Dopo la scoperta dell’America i pomodori arrivarono in Europa, ma nessuno voleva mangiarli perché si pensava fossero tossici e venivano così coltivati per soli scopi ornamentali”.
Dopo la scoperta dell’America, i pomodori arrivarono in Europa, ma nessuno voleva mangiarli perché si pensava fossero tossici
Un altro esempio interessante è quello della segale cornuta, un fungo, contenente alcaloidi tossici, legato a questo cerale, che portava anche alla morte. “I pellegrinaggi che venivano compiuti in onore di Sant’Antonio dal Nord verso il Sud Europa, dove si trovavano le chiese dedicate al santo, erano considerati miracolosi: in realtà, spostandosi verso il Meridione, i consumi di segale diminuivano e la minor umidità faceva diffondere meno il fungo, quindi le persone stavano meglio, perché si detossificavano. Arrivando a tempi più recenti, sentir parlare di ibridi F1, ovvero la prima generazione di incroci tra specie o razze diverse, spesso fa ancora pensare a qualcosa di innaturale e quindi non salubre”.
OGM, cibo biologico e “metodiche” biodinamiche
Oggi i più grandi falsi miti legati all’agricoltura riguardano gli OGM, il cibo biologico e le “metodiche” biodinamiche: ad accomunarli, una percezione distorta delle caratteristiche di salubrità dei prodotti. “I metodi alternativi di agricoltura vengono proposti come la soluzione a tutti i problemi. “In realtà la scienza afferma che non ci sono differenze in termini nutrizionali e di sicurezza alimentare se si confrontano i prodotti convenzionali con quelli alternativi, come i biologici”.
L’altra argomentazione è quella della maggiore sostenibilità ambientale di queste pratiche agricole, tutta da dimostrare: “Seppure possa sembrare che il minor utilizzo della chimica sia vantaggioso per l’ambiente, in realtà si traduce in una produzione inferiore e, di conseguenza, serve più suolo per produrre la stessa quantità di cibo. E’ davvero sostenibile tutto questo e vogliamo ambire ad un incremento del biologico in Europa?”.
E’ davvero sostenibile tutto questo e vogliamo ambire ad un incremento del biologico in Europa?
“Il biodinamico, invece, è ‘stregoneria’ – affermano Scapin e Pilu – e non vogliamo entrare nel merito, poiché non si basa sul metodo scientifico. Per questo motivo non è più comparato al biologico”.
Infine, gli OGM creano ancora moltissimo timore, sempre perché l’ignoto fa paura: “Chi li conosce sa che sono sicuri e le modifiche genetiche sono note, a differenza di altre tecniche come le mutazioni indotte, utilizzate e accettate per moltissime piante che mangiamo ogni giorno. Gli OGM sono già una tecnica vecchia, seppur vengano ancora affrontati come ‘novità’: oggi ci sono altre tecniche più precise e a volte indistinguibili da quello che possiamo fare con il miglioramento genetico classico basato su incroci e selezioni. La conclusione è che abbiamo modificato geneticamente tutto quello che mangiamo e non esisteva in natura così come lo conosciamo”.
Tre pilastri per il futuro dell’agricoltura convenzionale
Che cosa c’è nel futuro dell’agricoltura? “Genetica, chimica e meccanizzazione sono i tre pilastri dell’agricoltura convenzionale, che comunque sarà sempre più sostenibile. Dovendo sfamare un mondo con una popolazione in forte crescita, è secondo noi controproducente puntare a metodi di agricoltura a più basso input, meno produttivi e di dubbia sostenibilità. Questa è la principale convinzione da sfatare, che può essere approfondita analizzando le differenze tra biologico, biodinamico, OGM e tecniche di genome editing, ovvero modifiche veramente precise sul DNA, che si aggiungono al breeding classico, fatto di incroci e selezioni per il miglioramento genetico. Attualmente si sta decidendo se dal punto di vista legislativo queste tecniche siano equiparabili agli OGM oppure no”.
Infine, Pilu e Scapin nel loro libro “Agrifake” sostengono che i prezzi all’origine sono l’origine dei problemi: che cosa significa? “L’agricoltura combatte con tantissime variabili, quindi le produzioni sono soggette a continue oscillazioni di domanda e offerta, che rendono i prezzi dei prodotti soggetti ad importanti fluttuazioni. Questo rende l’imprenditoria agricola difficile e instabile. Inoltre, la presenza di tante aziende agricole di dimensioni medio-piccole aumenta l’instabilità dei prezzi, perché l’offerta risulta frammentata e così la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) impone le proprie regole, oltre a prendersi il maggior margine di ricavo. I piccoli produttori hanno marginalità così piccole che faticano sempre di più a rimanere sul mercato”.