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Parlare di astronomia e galassie lontane partendo dal basket è possibile. «Questo sport è stato una costante nella mia vita. Mi ha aiutato a fare nuove amicizie e a integrarmi in tutte le nuove città dove il lavoro di ricercatrice mi ha portato. Ai giovani, soprattutto alle ragazze, che vogliono scegliere questo percorso professionale do sempre un consiglio: l’impegno nel lavoro non basta, occorre sempre coltivare una qualche attività per restare a contatto col mondo esterno». Chiara Spiniello, astrofisica all’Università di Oxford e ricercatrice all’Istituto Nazionale di Astrofisica di Napoli, sarà tra le speaker della illimitHER South Marathon in programma il 17 settembre a Ortigia, Siracusa. Insieme ad altre ospiti parlerà del suo percorso, raccontando la propria esperienza affinché possa essere di ispirazione per le nuove generazioni che si affacciano al mondo delle materie STEM.

Chiara Spiniello: tiri da tre e telescopi

Nata a Napoli e cresciuta nel Rione Alto, tra basket e polisportiva a due passi da casa, Chiara ha scelto la strada dell’astrofisica nei classici bivi che molti affrontano nella propria vita. «Per un po’ di tempo mi ero convinta che avrei voluto fare l’allenatrice di basket a livello professionistico, ma l’Erasmus a Tenerife mi ha aperto gli occhi». Telescopi e galassie lontane l’hanno conquistata e così, dopo la triennale in Fisica alla Federico II di Napoli, ha conseguito la magistrale in Astrofisica e Scienze dello Spazio nello stesso ateneo per poi concludere il dottorato in Astronomia al Kapteyn Astronomical Institute a Groningen, in Olanda.

«Sono una astrofisica extra galattica – ci ha raccontato – mi occupo di altre galassie e, in particolare, sto facendo ricerca su quelle più massicce, le più vecchie. Sono relitti dell’universo antico formatisi in maniera velocissima e poi cresciuti passivamente come naufraghi. Sono preziosissimi». Ma siccome l’intervista è partita dal basket abbiamo voluto chiedere a Chiara che cosa lega un lavoro così affascinante (ed estremamente competitivo) con lo sport. «Mi serve per evitare la “bolla”: fare il ricercatore significa svolgere un’attività inusuale e instabile. Ogni tre o quattro anni ci si deve spostare e costruire nuovi legami».

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Abituata a lavorare con team che possono andare dalle cinque alle cinque mila persone, Chiara Spiniello non definirebbe certo quello del ricercatore un impiego solitario. «Avendo a che fare con persone che provengono da tutto il mondo, con colleghi che diventano amici, è difficile distinguere la vita professionale da quella privata». Il basket, in tutto questo, vale come gancio per trovare il giusto equilibrio e rimanere con i piedi per terra e con gli occhi puntati al cielo. A Oxford, infatti, la ricercatrice continuare “a tirare da tre” nei momenti di pausa.