I trucchi usati dai ghostwriter per scrivere discorsi di successo. Come quello che ha fatto Michelle Obama in occasione della convention democratica 2016
Dei discorsi, anzi degli speech, che stiamo ascoltando in questi giorni durante le convention di Repubblicani e Democratici, si sta parlando molto. Ma dietro un grande oratore, o meglio, dietro agli oratori delle convention politiche, c’è sempre un grande ghostwriter, cioè qualcuno che quei discorsi li scrive. Un polverone si è alzato sulle parole di Melania Trump, copiate dal discorso di Michelle Obama del 2008: la sua ghostwriter, Meredith McIver si è addossata tutta la colpa. L’attuale first lady, invece, non ha perso un colpo: c’è chi l’ha definito uno dei migliori discorsi di sempre. Anche dietro a quel discorso c’è una donna, Sarah Hurwitz, che segue lo staff Obama fin dalla primissima campagna elettorale. Ma come si fa a scrivere un discorso così? Andando a ripercorrere le parole della first lady ci sono alcune lezioni di scrittura che possiamo trarre.
Lezione 1: liberate i pronomi
“E’ duro credere che sono passati 8 anni dalla prima volta che sono venuta a questa convention per parlare con voi sul perché pensavo che mio marito avrebbe dovuto essere presidente. Vi ricordate come vi ho raccontato del suo carattere e della sua convinzione?”
L’uso della prima, della seconda e della terza persona sono molto efficaci per creare determinati effetti. Michelle usa “io” e “voi” per dare un senso “intimo” al discorso ma anche per restituire un sentimento collettivo.
Lezione 2: liberate il linguaggio
“Vi ho anche parlato delle nostre figlie, di come loro siano il cuore dei nostri cuori, il centro del nostro mondo, e durante il tempo speso alla Casa Bianca abbiamo avuto la gioia di vederle crescere da piccole bambine a piccole donne”
Le parole qui sembrano scelte per dare una impressione positiva e decisamente in contrasto con le immagini dell’America dipinte da Donald Trump. Ogni parola ha una connotazione positiva: figlie, cuori, centro, gioia, piccole donne.
Lezione 3: trovate un’immagine visuale per aiutarvi a raccontare
“Non dimenticherò mai quella mattina d’inverno in cui vidi le nostre bambine, 7 e 10 anni, entrare in quei neri SUV con tutti quegli uomini armati”
Questo aneddoto si stampa nella memoria del pubblico che possono quasi vedere le bambine con il naso schiacciato sui vetri del Suv.
Lezione 4: liberate il potere del numero tre
“Come facciamo a dir loro di ignorare quelli che dubitano della cittadinanza o della fede del loro padre, come le convinciamo del fatto che il linguaggio odioso che sentono dalle figure pubbliche in tv non rappresenta il vero spirito del paese, come spieghiamo loro che quando qualcuno è crudele o si comporta da bullo, non devono cadere al suo livello”
Michelle nel suo discorso ripete più volte lo schema del “3”, cioè elencare tre diversi elementi per spiegare un unico concetto. Questa è una vecchia regola dell’oratoria e della scrittura: quando riusciamo a dare non uno ma tre esempi, chi ci ascolta ha la sensazione che dominiamo l’argomento, e acquistiamo autorevolezza.
Lezione 5: esprimi il tuo pensiero in una frase breve
“Il nostro motto è: quando loro vanno giù, noi andiamo su”
Questa frase è stata riportata da molti media, ha avuto un grosso impatto, per varie ragioni. La prima è che è breve. In inglese, inoltre, la frase “Our motto is, when they go low, we go high” ha tutte parole da una sola sillaba, e il parallelismo aumenta l’impatto visivo della frase.
Lezione 6: Trova una parola chiave e mantienila
“Bambini come il piccolo bimbo nero che guardò mio marito con i suoi grandi occhi pieni di speranza e gli chiese se i suoi capelli erano come quelli di Barack”
Michelle ha scelto una parola chiave precisa per il suo discorso: “kids”, bambini. E l’ha ripetuta varie volte: ha usato anche figlio e “children”, ma la scelta della forma informale “kids” denota una precisa volontà di riferirsi a un pubblico il più ampio possibile.
Lezione 7: Posizionare le parole enfatiche alla fine
“Mi sveglio ogni mattina in una casa che è stata costruita dagli schiavi. E guardo le mie figlie – due belle e intelligenti giovani donne nere – che giocano col cane nel giardino della Casa Bianca”
Michelle Obama ha costruito un climax nella drammaticità del suo discorso. Ha parlato prima di storia, poi di catene, di vergogna, di speranza e del verbo fare. Alla fine una contrapposizione tra la casa che è stata costruita dagli schiavi e il quadro di una bella famiglia che si trova davanti a un simbolo enorme, la Casa Bianca.