Ha avuto tantissime nazionalità e ha fatto tutti i mestieri (con qualche gaffe). Ha un fidanzato più giovane di lei, ma non si è mai sposata. La storia della Barbie è in mostra al Complesso del Vittoriano di Roma
La candidatura di Hillary Clinton alla Casa Bianca è già entrata nella storia, perché si potrebbe avere il primo Presidente donna, ma c’è chi l’ha preceduta. Nel 1992, quando la signora Clinton non era diventata nemmeno first lady, Barbie era già candidata presidenziale con tanto di tailleur color fragola. Questa bambola, che dal 1959 resta incessantemente nelle camerette dei bambini e nei negozi di giocattoli, deve il suo successo solo e soltanto al suo corpo. Quando tutte le bambole erano “bimbe” di grandi dimensioni, lei si presentava coma una piccola donna (di 29,5 cm per l’esattezza). Il suo prodigio è sempre stato la possibilità di acquistare gli abiti a parte: e così le bambine si divertivano a vestire, svestire, acconciare la Barbie. Il gioco era tutto lì. E’ stato proprio l’essere “tutta corpo” che ha causato a Barbie valanghe di polemiche da parte delle femministe di ogni epoca. Tuttavia ci sono particolari nella “vita” di questa bambola ormai 57enne che dimostrerebbero tutto il contrario: emancipazione, apertura al mondo, attenzione all’attualità. Si possono scoprire nella mostra “Barbie The Icon” allestita al Complesso del Vittoriano di Roma fino al 30 ottobre 2016 e curata da Massimiliano Capella. Un allestimento particolare (non dev’esser stato facile trovare il modo di presentare tante volte un’opera che alla fine è sempre la stessa) in 5 parti conduce il visitatore dentro la storia della bambola più venduta del mondo (oltre 1 miliardo di pezzi dal lancio), attraversando epoche, mode, avvenimenti d’attualità e nazioni.
Al passo con i tempi
Barbara Millicent Roberts – questo il suo vero nome – nasce il 9 marzo 1959 quando viene presentata come “Teenage Fashion Model Fashion Barbie Doll” alla fiera del Giocattolo di New York. Si presenta in costume di lycra (filano appena brevettato dall’azienda chimica Dupont) e coda di cavallo. Fin da subito la sua caratteristica è seguire le mode, attraverso i suoi infiniti cambi d’abito che la trasformano praticamente in qualsiasi persona. Segue lo spirito dei tempi, anzi li precede, da sempre. Nel 1963 c’è la prima astronauta donna, Valentina Tereshkova, e Barbie crea la bambola astronauta due anni dopo. Sempre negli anni ’60 appaiono i primi completi “da lavoro” e le minigonne.
Mai stata sposata
Barbie segue sempre l’attualità: negli anni ’70 c’è una versione in stile Elvis, negli anni ’80 quella con i blu jeans o vestita come gli yuppies di Wall Street (si chiamava “Barbie day-to-night”). Quando passerelle e copertine d’alta moda erano ancora timorose a lanciare modelle che non avessero la pelle bianca, Barbie aveva già le sue prime versioni “etniche”, quella black e quella ispanica. Anche per quanto riguarda le relazioni private, Barbie è emancipata.
Il suo fidanzato storico, Ken, è più giovane di lei di due anni, e nel 2004 lei lo ha lasciato per un surfista australiano di nome Blaine che si ispirava a Nick Carter dei Backstreet Boys.
Ken la riconquista nel 2011 ma secondo lo storytelling della vita di Barbie i due non sono mai stati sposati (le versioni “sposa” erano evidentemente solo prove).
Cadute di stile
Certo, anche se le versioni della bambola “lavoratrice” sono state da sempre numerose (150 in tutto, dalla ballerina all’ambasciatrice dell’Unicef fino alla hostess Alitalia, tutte in mostra a “Barbie The Icon”) questo non ha impedito all’azienda di cadere in qualche gaffe clamorosa. Alcune versioni dei modelli “I can be” (il “motto” che accompagna le Barbie-professioniste e che nelle intenzioni dovrebbe trasmettere un senso di libertà e consapevolezza) hanno ottenuto esattamente l’effetto opposto a quello desiderato.
Per esempio, nel 2010, è stato pubblicato il libro di “Barbie ingegnere informatico”: peccato che, scorrendo la storia, si intuiva che Barbie non era per nulla un ingegnere
ma una designer che, anzi, riscontrava dei problemi con il coding. Problemi che, nella storia, venivano prontamente risolti da personaggi maschili. Storicamente l’azienda si è sempre spesa per trasmettere un’immagine di bambola oltre che bella, anche “intelligente”, ma non sono mancate cadute di stile. Negli anni ’60 uscì la “Barbie pigiama party” corredata da bilancia ferma sui 50 chili e la “Barbie babysitter” con un libro di diete che intimava “Don’t eat”, cioè “non mangiate”. Nel 1992, invece, ci fu la “Teen Talk Barbie” che venne addirittura ritirata dal mercato in quanto oltre a frasi civettuole come “Avremo mai abbastanza abiti?” diceva che “la lezione di matematica è difficile”. Lo scorso anno è uscita la “Hello Barbie” la prima Barbie con intelligenza artificiale che risponde a tono alle domande e che sembra una “riparazione” alla bambola degli anni ’90.
La bassa, la curvy e la “Totally Hair”
L’ultimo passo dell’azienda è stato uscire fuori dalle canoniche misure (irreali) della Barbie per lanciare sul mercato anche versioni più realistiche, “bassine” e “cicciottelle” (ne avevo parlato qui). Un’evoluzione della bambola per mantenere un mercato che continua da oltre mezzo secolo. Così ora i bambini possono scegliere tra 4 corporature diverse, 6 tonalità di carnagione, 19 colori degli occhi e 20 diverse acconciature. Se andrete a visitare la mostra, vedrete le nuove Fashionistas 2016 assieme a tutte le “sorelle” che le hanno precedute: quelle vestite dagli stilisti (ci sono proprio tutti, dalle pellicce di Fendi agli stivali con le frange viola di Louboutin), le Barbie dai paesi del mondo, e quelle che interpretano attrici, regine, cantanti e donne iconiche, da Cleopatra a Rossella O’Hara, passando per Cher, Audrey Hepburn, la principessa Kate Middelton.
Passa il tempo, ma il divertimento di chi ha una Barbie in mano resta sempre lo stesso: quello di poter cambiare abito, pettinatura e personalità. D’altronde non è un caso se la versione più venduta di tutti i tempi è la “Totally Hair Barbie” del 1992: aveva un micro vestito di lycra e una valanga di capelli biondissimi che arrivavano fino alle caviglie. Da pettinare, acconciare e intrecciare per lunghi, lunghissimi pomeriggi.