L’esperimento in un istituto di Palermo. I ragazzi hanno commentato il libro “Il bambino che disegnava parole” di Francesca Magni usando il social. Il risultato? Sorprendente
In un momento in cui tutti puntano il dito contro i social network a scuola c’è anche chi dimostra che Facebook può essere utile per leggere.
Rosana Rizzo, professoressa di lettere all’istituto “Duca Abruzzi – Libero Grassi” di Palermo e il gruppo di lettori “Billy, il vizio di leggere” nato sul social di Mark Zuckerberg, hanno stretto una sinergia che è diventata un vero e proprio esperimento social. Uno dei pochi in Italia visto che per ora la paura dei social network regna sovrana nelle classi.
La docente, appassionata di Web, è partita da un concetto semplice: visto che i ragazzi hanno tutto il giorno in mano un cellulare perché non usarlo per fare lezione?
Commentare un libro su Facebook: l’esperimento
E così gli studenti si sono ritrovati un libro e lo smartphone tra le mani per commentare sulla pagina di “Billy, il vizio di leggere” proprio quanto avevano letto in classe. Una narrazione 2.0 che ha permesso agli studenti di comunicare di là della classe, con gente appassionata alla letteratura, con adulti con i quali non sono abituati ad entrare in contatto.
Una sperimentazione che ha avuto tanto di benedizione di Claudia Corselli, la dirigente scolastica, particolarmente entusiasta dell’iniziativa: “L’apertura ai social è diventata indispensabile, va guidata e coordinata in modo che sia un uso didattico valido. E’ una strada obbligata, i ragazzi dialogano, comunicano in questo modo. La scuola non può restare a guardare”.
Così è stato. A spiegarci come è avvenuto il tutto è proprio la docente di lettere che non ha alcuna intenzione di demonizzare l’uso dei social ma ha dimostrato quanto possa essere utile usarli, averli a disposizione persino per fare una lezione di letteratura.
“Billy, è’ un gruppo di lettori forti, 17 mila aderenti. Il fondatore mi ha proposto questo esperimento proponendomi una lettura condivisa. Abbiamo cercato di individuare un libro. L’unica condizione che abbiamo imposto è che fosse un testo sull’accettazione della diversità”.
Che libro avete individuato?
“Il bambino che disegnava parole” di Francesca Magni. Abbiamo scelto di lavorare con due classi, una dell’indirizzo scientifico e l’altra turismo in modo da unire ragazzi che provengono da estrazioni culturali e sociale diverse.
Qual è stata l’attività propedeutica all’incontro su Facebook?
Abbiamo suddiviso il libro in quattro parti e lo abbiamo letto in classe ad alta voce. Le letture sono state supportate dalla produzione scritta. Alcuni hanno comprato il libro, altri hanno solo ascoltato non potendosi permettere l’acquisto. Tutti hanno presentato le proprie riflessioni a seguito di una discussione fatta insieme. Abbiamo poi scelto un argomento su cui dibattere sul gruppo Facebook. Il giorno stesso dell’incontro online sono stati messi sulla pagina di “Billy” degli stralci scelti dai ragazzi attraverso una votazione.
Il momento social come lo avete gestito?
Abbiamo fissato quattro appuntamenti con il gruppo online. Ci siamo ritrovati nell’aula magna usando la Lim, il computer dell’istituto e il mio portatile. I ragazzi hanno portato il loro smartphone. Abbiamo messo a disposizione i nostri cellulari per chi non aveva lo strumento. Abbiamo usato una connessione provvisoria servendoci del wifi della scuola per il tempo dell’esperimento.
Risultato?
Online hanno incontrato l’autrice ed è stata una sorpresa: Francesca Magni è riuscita a comunicare con i singoli studenti nel momento in cui si addentravano su tematiche che riguardano il rapporto con i genitori. Il libro ha scatenato delle riflessioni interessanti e i ragazzi hanno potuto discutere con degli adulti. L’amministratore è riuscito a rendere il tutto naturale: i grandi hanno semplificato il loro linguaggio e gli studenti hanno imparato a rielaborare delle riflessioni.
Non è stato comunque un salto nel buio perché lei è abituata ad usare questi strumenti per la didattica.
I ragazzi erano abituati ad usare lo smartphone a scuola, lo uso quotidianamente in classe con loro. La cosa interessante è che hanno iniziato attraverso i social a fare un percorso di lettura che ha portato alla scoperta dei loro vissuti. Una ragazza migrante non ha mai avuto Facebook e per la prima volta l’ha usato. Mi ha colpito molto il fatto che un’altra ragazza mi abbia confidato la sua omosessualità perché si rivedeva nella storia che abbiamo letto. Sono uscite storie, vissuti che in una lezione tradizionale forse non sarebbero mai emersi. L’uso della tecnologia non mi fa paura: usiamo WhatsApp e anche Edmodo per trasmettere contenuti, video, fonti, foto sempre ai fini didattici.
Era la prima volta del social di Mark Zuckerberg?
Facebook in questo caso è stato utile. Stiamo cercando di potenziare anche il gruppo Facebook della scuola: serve a ricucire un’identità tra i diversi indirizzi. Dal punto di vista didattico è stata la prima volta ma si è rivelato uno strumento efficace.