Il governo investe 13 miliardi su innovazione e fabbricazione digitale. Il piano Italia 4.0 prevede detrazioni del 30% e detassazione del capital gain per chi investe in startup e Pmi innovative. Con le altre iniziative in corso e l’impegno dei privati potrebbero si punta a mobilitare più di 50 miliardi
Annunciato, rinviato. Alla fine arrivato. L’Italia ha un piano per l’industria 4.0. In sintesi, una serie di provvedimenti, incentivi, investimenti che dovrebbe portare la digitalizzazione in tutte le fasi dei processi produttivi dell’industria italiana. Dalla formazione degli studenti alla produzione di beni e servizi. In mezzo, un piano di investimenti che secondo le previsioni del governo dovrebbe mobilitare complessivamente, tra impegno pubblico e leva per i privati, più di 50 miliardi.
L’attesa di questo piano, considerato una vera manna da tantissimi che lavorano nell’industria dell’innovazione per indurre le aziende ad ammodernarsi, è durata 11 mesi. Da quando lo scorso novembre l’ex ministro Federica Guidi ha detto: «stiamo ultimando un piano, si chiamerà Industry 4.0». Le vicende dei mesi successivi (le dimissioni del ministro e la nomina di Carlo Calenda) ne hanno ritardato la pubblicazione. Intanto ha cambiato un po’ sostanza e nome. Si chiama «Italia 4.0». Un prospetto sintetico di cosa sia l’industria 4.0 lo potete trovare qui.
Dal governo 13 miliardi e cabina di regia «spietata»
Partiamo dai numeri. Si tratta di un piano organico, che ha impegnato Palazzo Chigi e 6 ministeri, con un notevole impegno economico sia per lo Stato (per circa 13 miliardi di euro) che come leva per i privati (per circa 24 miliardi). Un impegno del pubblico nel periodo che andrà tra il 2017 e il 2020. Con un appunto, specificato direttamente dal ministro per lo Sviluppo economico durante la presentazione del piano: «Nel 2017, non dal 2017 al 2020, cioè il prossimo anno – ha chiarito Calenda – vogliamo mobilitare investimenti privati per 10 miliardi in più” e prevediamo nell’arco di piano un “delta di 11,3 miliardi per ricerca e innovazione». Il piano, ha spiegato il ministro, sarà coordinato da «una cabina di regia. E la verifica sarà spietata». Sarà gestita in un primo momento da governo e imprese, poi successivamente entreranno anche le Regioni.
Le «direttrici chiave» degli investimenti
Gli incentivi non saranno messi più a bando perché, secondo il ministro, «è un modo per non spendere». Il piano nazionale Industria 4.0, invece, è «costruito su incentivi fiscali orizzontali». Tra le misure previste, anche tempi più lunghi per il superammortamento (prorogato a un anno), per l’iperammortamento, (incrementato dell’aliquota al 250% per i beni I4.0) e sempre a proposito dei soldi per ricerva e sviluppo, una rimodulazione del credito di imposta: sarà incrementale, raddoppiando dal 25 al 50% l’aliquota della spesa interna, con un credito massimo da 5 fino a 20 milioni di euro.
Di cosa parliamo quando parliamo di Industria 4.0
(20 cose da sapere)
Cosa prevede Italia 4.0 per le startup e Pmi, in 6 punti
Sia il ministro che il premier Renzi sono stati espliciti: lo Stato non è e non fa il VC, ma supporta gli investimenti e cerca di operare promuovendo un matching tra startup, Pmi innovative, mercato e investitori. Anche qui la logica degli incentivi. Il piano nazionale, infatti, prevede:
- detrazioni fiscali al 30% per investimenti fino a un milione in startup e Pmi innovative;
- per i primi 4 anni di vita delle startup, altre società “sponsor” potranno assorbirnee le perdite;
- detassazione del capital gain (ovvero, la “tassa sulle exit”) per chi investe a medio-lungo termine;
- un programma rivolto agli acceleratori d’impresa, con lo scopo di finanziare la nascita di nuove imprese con focus Italia 4.0;
- fondi dedicati all’industrializzazione di idee e brevetti ad alto contenuto tecnologico;
- fondi di VC dedicati a startup a tema Industry 4.0 in co-matching.
Gli ultimi 3 punti del Piano, in realtà, prevedono il supporto di Cassa Depositi e Prestiti: è con ogni probabilità il fondo, aumentato e potenziato, che Cipolletta annunciò (e spiegò) a Startupitalia.eu a marzo 2015. Per la parte del piano dedicata al Venture Capital, oltre a Cdp il governo prevede il coinvolgimento di Invitalia.
Entro 3 anni banda ultra larga in tutte le aziende
Il piano Italia 4.0 le definisce “Infrastrutture abilitanti“. Entro il 2020 tutte le aziende italiane dovrebbero essere coperte da banda ultralarga a 30 begabit al secondo. Almeno la metà a 100 megabit al secondo. Perché è importante il passaggio sulla banda ultralarga è scontato dirlo: senza parlare di industria 4.0 non ha alcun senso. Condivisione di file, progetti, big data, analisi dei dati. Tutto ciò che l’industria 4.0 comporta passa da internet veloce. Per raggiungere questo obiettivo strategico è prevista a partire dal prossimo anno la creazione, in aggiunta ai tavoli istituzionali, di 6 consorzi in ambito IoT.
Come sappiamo, il piano sulla banda ultralarga c’è. O per lo meno ci dovrebbe essere. 6,7 miliardi tra fondi nazionali ed europei e 6 miliardi di impegno privato. Un freno può venire dal fatto che il suo lancio ufficiale è ostacolato dal fatto che il 69% delle imprese del paese è in aree dove c’è un solo operatore che porta la banda larga. Che quindi ha poco interesse ad investire nel loro potenziamento. Ed è per questo che lo Stato ci investe già 3 miliardi.
Riforma del Fondo centrale di garanzia
Tra le direttrici di accompagnamento del piano per l’industria 4.0 c’è anche la riforma e il rifinanziamento del Fondo Centrale di Garanzia. A fronte di un impegno da parte dei privati, quindi in questo caso delle banche, per 22 miliardi di euro, il governo impegnerà 900 milioni di euro.
3 strumenti della finanza per portare le aziende italiane nell’Industria 4.0
Il piano formazione per scuola e università
Tra le slide illustrate dal premier Renzi una voce è dedicata alle “Competenze“. In affiancamento al Piano nazionale per la Scuola Digitale, Italia 4.0 si propone l’obiettivo di formare e specializzare sui temi dell’Industria 4.0 più di 200 mila studenti universitari e 3 mila manager. Quanto alle scuole superiori, saranno formati sui temi dell’Infustry 4.0 il 100% degli studenti iscritti a Istituti Tecnici, e sono previsti circa 1.400 dottorati di ricerca con focus ad hoc.
Digital manufacturing e Made in Italy
100 milioni di leva per mobilitarne 1 miliardo. Anche se in mezzo ai circa 10 miliardi complessivi di impegno pubblico per le direttrici d’accompagnamento costituiscono appena l’1% dei fondi, l’effetto leva generato sul mercato potrebbe essere cruciale in un settore, quello del Made in Italy che registra non poche sofferenze tra le Piccole medie imprese del settore manifatturiero, cuore pulsante dell’economia italiana.
La soluzione prevista dal nuovo piano nazionale Italia 4.0 si basa su investimenti su “catene digitali” di vendita e incrementi nel supporto alle Pmi, attraverso centri tecnologici, formazione e workshop.
Secondo l’ultimo rapporto della fondazione Make in Italy, l’eventuale “upgrade” della manifattura italiana al digital manufacturing genererebbe un valore addizionale della produzione di oltre 8 miliardi di euro su base annua. «In termini di valore aggiunto – sottolinea il prof. Stefano Micelli – una generalizzazione della diffusione di queste tecnologie coincide con un delta di oltre 4 miliardi di euro». Con un ritorno occupazionale di circa 40 mila nuovi posti di lavoro nell’intero comparto.
Arcangelo Rociola – Aldo V. Pecora
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