I due psicologi Christofer Boyle e Kathy McKay sostengono che far credere nell’esistenza del mito natalizio potrebbe minare la fiducia che i bambini hanno nei genitori e potrebbe rappresentare una metodologia sbagliata di controllo sul comportamento dei più piccoli
Una meravigliosa bugia. Così si intitola uno studio firmato da Christofer Boyle e Kathy McKay per la rivista Lancet Psychiatry sugli effetti che le bugie possono avere sulla vita delle persone. Una presenza che accompagna l’infanzia diventa il centro di questa ricerca: Babbo Natale. La conclusione a cui arrivano i due ricercatori getta un’ombra sulle possibili conseguenze morali che un bambino può riportare se crede nell’esistenza del signore panciuto che porta i regali ogni anno.
Le bugie dei genitori e la fiducia dei figli
Il discorso dei due psicologi si fonda sull’importanza che il bambino si fidi sempre dei suoi genitori. Se, però, in nome di una bella favola da raccontare ai propri figli si espongono i più piccoli a una delusione e a una realtà troppo brutta per essere accettata con facilità, questo rapporto di fiducia può essere minato. E poco importa che si tratti di una bugia bianca detta per assecondare desideri e fantasie e non rovinare la festa.
Resta comunque una cosa non vera per la quale la parola dei genitori è stata una garanzia per i figli.
Kathy McKay spiega al Guardian le ragioni di questa considerazione: «Quella su Babbo Natale è una bugia complessa che dura a lungo e che in una relazione già vulnerabile può essere la goccia che fa traboccare il vaso. Se i genitori sanno mentire in maniera così convincente e per tanto tempo, su quante altre cose sono in grado di farlo?». In sostanza, i due psicologi credono che questa bugia possa essere dannosa per i bambini. La posizione di McKay è molto decisa. La psicologa è pronta a mettere in pratica questa sua convinzione anche con la sua figlioccia: «Se un giorno mi dovesse chiedere di Babbo Natale io le direi la verità perché voglio che cresca sapendo che ci sarà sempre sicurezza e onestà tra di noi», dice.
Un regalo in cambio della buona condotta
Christopher Boyle, l’altro autore dello studio, non è così intransigente. Probabilmente non si opporrebbe all’esistenza di Babbo Natale davanti ai suoi figli, racconta al Guardian. Ma analizza la questione da un altro punto di vista: spesso l’arrivo di Babbo Natale viene usato come premio per un comportamento corretto. In altre parole, si usa un essere immaginario per stabilire un controllo sui figli e ottenere la loro obbedienza in attesa di una ricompensa. Questo significa che il bambino agisce in un certo modo solo perché spera che un essere immaginario riconosca la sua condotta.
Un mito che non muore
Il dibattito sull’opportunità o meno di tenere in vita il mito di Babbo Natale suscita sempre molte riflessioni. Innanzitutto sul perché questo accada: secondo i due ricercatori ci sarebbero delle spiegazioni psicologiche che spingono gli adulti a conformarsi a una tendenza collettiva e a provare il desiderio di evadere attraverso i racconti fatti ai bambini. Ad opporsi all’esistenza del supernaturale nella vita dei bambini è stato anche uno scienziato neodarwiniano, Richard Dawkins. Tuttavia, in un’intervista al Guardian, il saggista britannico ha sostenuto che la scoperta della verità riguardo a Babbo Natale potrebbe per contrasto educare i bambini a fare i conti a un certo punto della vita con il fatto che alcune cose che ci vengono dette semplicemente non sono vere.