“Mi specializzerò in programmazione, io diventerò un medico, voglio studiare per diventare scienziata” inizia così il dialogo padri figlie del progetto Dear Daughters esperimento innovativo per avvicinare le bambine alle nuove professioni
E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio, diceva Albert Einstein. Non è un mistero che gli stereotipi di genere sono tra i pregiudizi più frequenti e maggiormente condivisi dalla società condizionando spesso le ragazze nel proprio percorso di studi. Pregiudizio significa chiudersi determinate possibilità professionali ancora prima di provare ad accedervi. Ma negli ultimi anni, famiglia e scuola si sono unite in azioni educative per bambini e bambine volte proprio a contrastare gli stereotipi entrati nel senso comune (e quindi facilmente assimilabili nella crescita) in modo da evitare che la disuguaglianza di genere si trasformi, negli anni, in disuguaglianza sociale, nel lavoro e nella vita.
Un progetto fotografico
Questo è l’obiettivo a cui punta Dear Daughters, progetto lanciato da una coppia di fotografi compagni di vita e genitori di una bambina di dieci anni, Sham Hinchey e Marzia Messina, che hanno coinvolto ventidue coppie di padri e figlie invitandoli a parlare tra di loro attraverso un gioco (simile al gioco dell’oca). Quando hanno dato inizio al loro progetto Sham e Marzia forse non si aspettavano di avere una tale risonanza. Invece foto e video postati hanno fatto ben presto il giro del mondo in pochi giorni, perché ciò che hanno realizzato non solo è qualcosa di singolare ma di questi tempi necessario: affrontare il tema del femminismo e dei diritti e delle aspirazioni delle donne soprattutto nel rapporto tra padre e figlia.
Il gioco delle carte
La coppia di fotografi ha coinvolto in questo esperimento ventidue papà e le loro bambine fotografati e filmati mentre giocavano ad un gioco da tavolo con carte e dadi, inventato dalla coppia stessa. Nel visionare i video si apprende che lanciando i dadi e seguendo un cammino tracciato su un tabellone colorato, si affronta mano a mano un percorso di domande/risposte. In sostanza i papà interrogano le loro bambine su questioni cruciali, tipo cosa vogliono fare da grandi, con un focus sulle donne, i loro diritti e su cosa significhi per loro la parola femminismo.
La donna che le bambine ammirano di più? Michelle Obama
In questo gioco, Sham e Marzia, hanno coinvolto bambine di un’età compresa tra gli 8 e gli 11 anni. La fascia d’età è stata scelta da Penelope, la figlia della coppia di creativi. Una età in cui le bambine cominciano a fare domande sui problemi sociali, a comprendere le ingiustizie, le disuguaglianze, ad osservare il mondo e ad autodeterminarsi.
Il simpatico “gioco dell’oca” si è rivelato uno strumento utile per guidare le interviste, facilitando il dialogo su argomenti impegnativi come le questioni di genere e il femminismo, ma soprattutto ha permesso di mettere a loro agio padri e figlie in un dialogo spesso manchevole.
Alle bambine è stato chiesto ad esempio di indicare una donna che ammirano e in molte hanno risposto Michelle Obama. Inoltre è stato anche chiesto loro come si sarebbero viste e cosa avrebbero voluto fare a 25 anni. Ebbene, le risposte sono state molto interessanti: “Mi vedo come social media influencer, farò un master in programmazione, voglio diventare una veterinaria, vorrò essere indipendente, voglio diventare una calciatrice!” Tutte risposte che nulla hanno a che fare con gli stereotipi di genere.
L’idea del progetto
L’idea, ha spiegato l’art director Marzia Messina, è nata dai lunghi dialoghi che aveva da bambina con il suo papà. “Volevo ricreare quelle lunghe conversazioni che avevo da ragazzina con mio padre, conversazioni in cui riuscivamo a parlare proprio di tutto con estrema naturalezza”.
Tuttavia dalle risposte date durante le video-interviste e dal modo in cui hanno interagito emerge con chiarezza che papà e figlie affrontavano certi argomenti per la prima volta. Il progetto è stato dunque un’occasione non solo per conoscere e parlare di parità di genere, ma anche per stringere un legame più forte, confidenziale e proficuo tra padri e figlie.
Sham Hinchey ha spiegato: “Chiedere agli uomini di trascorrere del tempo con le proprie figlie può aiutarli ad aprire gli occhi su un problema molto vicino a loro”. “Lo sciovinismo maschile e il femminismo – ha aggiunto – non sono concetti astratti, ma questioni che probabilmente stanno già bussando alla loro porta e che, di certo, faranno parte della vita delle loro figlie in futuro. Se ci mettiamo in discussione, proviamo a empatizzare, ascoltiamo ed educhiamo prima di tutto noi stessi, saremo più inclini a focalizzarci sui problemi e le responsabilità, trasmettendo più facilmente questa consapevolezza ai nostri figli attraverso il dialogo e la pratica. E impareremo a concepire le differenze di genere come un valore aggiunto, in quanto è proprio nella differenza e nell’integrazione che si cresce, ci si arricchisce e possono emergere le idee e i progetti migliori”.
Verso il libro di formazione
Piccolo aneddoto, le coppie di papà e figlie sono state fotografate in uno scenario retrò con vecchie poltrone e un tappeto, come nei ritratti di un tempo, eppure dai dialoghi è chiaramente emersa consapevolezza e sicurezza da parte delle giovani donne che si sono dimostrate serene nella loro condizione al femminile, orgogliose e desiderose di un futuro estraneo da steccati di genere.
Il progetto diventerà presto un libro di formazione educativa.