Andrea Di Camillo racconta il DLD Tel Aviv Digital Festival e la Conference dove startup, venture capitalist, investitori e leader multinazionali si confrontano sui temi della discontinuità tecnologica
Abbiamo partecipato alla sesta edizione del DLD Tel Aviv Innovation Festival, uno tra i principali eventi dedicati al mondo del digitale e dell’innovazione. Il momento centrale del Festival, che si sviluppa in tutta la città un po’ come il nostro Fuori Salone, è la DLD Tel Aviv Digital Conference: centinaia di startup, venture capitalist, investitori e leader multinazionali si incontrano per confrontarsi sui temi centrali della discontinuità tecnologica odierna: self driven car, futuro dei media, cybersecurity, Big Data e tutte le hot topics del momento. Un luogo di incontro per gli attori chiave del settore digitale provenienti da Israele e da molti altri paesi del mondo, che partecipano agli eventi di aziende eccellenti nella tecnologia: Amazon, Google, Microsoft, PWC, Intel, The Game Developers Association, Facebook, Bank Leumi, GarageGeeks, Infinity.
Quello che colpisce non è tanto il contenuto, o il livello degli speaker (eccellente), ma l’atmosfera e lo stato di tensione positiva che si respira in tutta la città. Nella start up nation che con lo Yozma project di fine anni ’90 ha dimostrato come si possa fare evolvere un’intera economia, la parola d’ordine è “provarci”.
Abbiamo incontrato decine di imprenditori, giovani e meno giovani, alla prima esperienza o seriali, e tutti animati dal fuoco sacro del fare impresa: confrontarsi con problemi vecchi per trovare soluzioni nuove. Imprenditori che scatenano un’energia positiva contagiosa, e proprio questo forse è uno dei punti da cogliere: la densità e frequenza del fenomeno non può che contaminare il territorio costruendo quello che è un modello di ruolo positivo che diventa il riferimento da emulare.
Altrettanto impattante è la partecipazione delle grandi aziende, e non solo quelle del digitale, che proprio qui hanno insediato laboratori di ricerca e di corporate development. Strutture nate per assorbire osmoticamente la mentalità e la predisposizione alla violazione di schemi organizzativi rigidi che dall’interno delle grandi organizzazioni, si sa, non si riescono a scardinare.
Insomma portiamo a casa sensazioni positive ed un bell’esempio del risultato a cui possiamo ambire anche in Italia, ovvero di quello che i Venture capital italiani e l’intero ecosistema dell’innovazione possono, e devono, sviluppare.
ANDREA DI CAMILLO
Managing Partner di P101