Un esperimento per svelare che le parole fanno soffrire gli altri e creano danni, anche se non li vediamo
Rosie Dutton di Relax Kids, un’azienda che crea programmi di supporto psicologico ed emotivo di studenti da 10 e 11 anni, scrive un post su Facebook dove racconta come, con due mele, è riuscita a spiegare in modo innovativo i danni che il bullismo può causare nelle vittime: «Spesso non vediamo il dolore che causiamo alle persone con le nostre parole. Ho trovato un modo per mostrarlo» scrive.
Come parte l’esperimento
La Dutton racconta di aver portato in classe due mele apparentemente simili. A insaputa dei ragazzi ha gettato sul pavimento ripetutamente una delle mele: «Ho iniziato col dire loro quanto odiassi una delle due mele, quanto la trovassi disgustosa e orribile. Dopo aver spiegato perché non mi piaceva, li ho invitati a fare lo stesso» spiega Dutton che poi si spinge oltre e spinge gli studenti a insultare il frutto, mentre lo mostra tra i banchi. ”Sei una mela puzzolente”, “Preferirei che non esistessi”, sono alcune delle parole che gli studenti hanno rivolto alla “povera mela”.
Altro trattamento per l’altra mela
L’esperimento prosegue con l’insegnante che prende l’altra mela e questa volta invita gli studenti a tesserne le lodi, “la tua buccia è splendente”, “Che bel colore che hai”…Dopodiché racconta di aver messo le due mele sulla scrivania e chiesto agli studenti di notare le differenze: «Nessuno ha saputo dirmi nulla, le mele sembravano uguali a tutti, malgrado tutto» spiega. La prova prosegue con lei che le taglia a metà. Come prevedibile dentro appaiono completamente diverse, una chiara, fresca e gustosa. Mentre l’altra, quella che ha ricevuto il peggiore trattamento della classe si mostra rovinata e molliccia.
I danni del bullismo si vedono dentro non fuori
L’esperimento così giunge alla sua conclusione. L’insegnante spiega ai ragazzi che i maltrattamenti, i comportamenti e le parole cattive che utilizziamo con gli altri, creano “danni all’interno delle vittime” che non si vedono, “come è successo con la mela, se non la avessimo aperta non avremmo notato quanto dolore le abbiamo causato”.
L’insegnante spiega che la singolare lezione ha aperto un dibattito costruttivo in classe con i ragazzi che “hanno iniziato a parlare tra loro, della loro vita, a comunicare i loro disagi”. La speranza è che l’esperienza sia utile per sviluppare un maggiore senso di empatia e compassione: «A differenza di una mela, abbiamo le competenze per fermare tutto questo (il bullismo e i danni che provoca, ndr). Possiamo farlo insegnando ai ragazzi che non è giusto dire cose spiacevoli agli altri. E discutendo con loro sul dolore e i danni che le parole possano causare nelle vittime. La lingua non ha ossa, ma è abbastanza forte da distruggere un cuore» conclude, auspicando in una nuova generazione più gentile e più attenta ai ragazzi e ai loro disagi.