Una riflessione di inizio anno sull’importanza degli investimenti in scuola e ricerca a partire da un lavoro effettuato sulla tribù dei Guarani in Sudamerica
Dopo aver letto che la finanziaria 2019 bloccherebbe le assunzioni nelle Università italiane che proprio non avevano bisogno di una ennesima batosta, vorrei proporre un argomento di riflessione sul valore a lungo termine dell’istruzione.
Lasciamo l’Italia per spostarci in Sudamerica nella regione a cavallo tra Brasile, Paraguay e Argentina, originariamente abitata dalla tribù dei Guarani. E’ qui che, secoli fa, si è svolto un esperimento sociale (ovviamente, involontario) che ha attirato l’attenzione di economisti che cercano di quantificare quanto duratura sia l’influenza dell’istruzione e quanto questa influisca sul benessere delle comunità.
Il contesto dell’esperimento
Uno studio del genere è oggettivamente difficile perché è pressoché impossibile distinguere l’effetto dell’istruzione rispetto a quello di altri fattori. Tuttavia, le vicende storiche della regione abitata dai Guarani hanno offerto le condizioni perfette per permettere all’economista Felipe Valencia Caicedo di studiare l’effetto a lungo termine dell’istruzione impartita dalle missioni dei Gesuiti per un periodo di 150 anni ad iniziare dal 1609.
I Gesuiti, che erano attentissimi all’istruzione, avevano costruito le missioni con l’idea di convertire gli indigeni, ma anche di istruirli insegnando loro dei mestieri, oltre che a leggere e scrivere fare di conto. Agli uomini veniva insegnato il mestiere di fabbro, alle donne il ricamo. Le missioni nella regione dei Guarani sono state considerate un esperimento di una società egualitaria e utopica che cessò improvvisamente nel 1767, quando il re Carlo III di Spagna cacciò i Gesuiti dai territori dell’impero.
E’ questo evento così distruttivo a creare le condizioni ideali per l’esperimento sociale che vuole valutare se e come l’insegnamento ricevuto abbia influito sulla comunità e quanto a lungo sia perdurato questo effetto. Misurare come qualcosa che è successo secoli fa continui ad avere influenza nel mondo di oggi sembra una mission impossible, ma non per l’economista Valencia, nato in Colombia (ma ora in forza alla Vancouver School of Economics (VSE) all’Università della British Columbia, in Canada) e da sempre affascinato dal passato coloniale della sua terra.
Le missioni (senza missionari) vennero abbandonate e adesso sono in rovina.
Rovine della missione di São Miguel das Missões, in Brasile
Gli effetti benefici dell’insegnamento
Ovviamente le scuole smisero di funzionare ma i circa trenta villaggi costruiti intorno alle missioni continuarono ad essere abitati ed è incrociando gli archivi del Vaticano con quelli di Spagna, Paraguay e Argentina che si è visto che gli effetti benefici dell’insegnamento hanno continuato ad influenzare le popolazioni che vivevano più vicino alle missioni in rovina. La povertà era più bassa e sia il reddito che la scolarità erano più alti.
Chi aveva ricevuto un qualche tipo di insegnamento lo trasmetteva ai figli contribuendo al benessere della comunità. Inoltre, la consapevolezza dell’effetto benefico dell’istruzione rendeva più probabile che si decidesse di mandare i figli a scuola, se possibile. L’effetto era più evidente 100 anni fa, quando la scolarità generale era più bassa di quella di adesso, ma anche oggi si può vedere la differenza rispetto ad un gruppo di controllo costituito dagli abitanti dei villaggi costruiti intorno alle missioni dei Francescani che sono arrivati nella regione prima dei Gesuiti e non sono stati espulsi, ma non erano focalizzati sull’istruzione.
Missione di San Ignacio, Argentina
Ancora oggi, 250 anni dopo la cacciata dei Gesuiti, il reddito dei villaggi vicini alle missioni è del 10% più alto della media e l’effetto decresce man mano che la distanza aumenta. Inoltre, le aree vicino alle missioni sono più industrializzate di quelle limitrofe e le professioni più gettonate sono quelle di fabbro e insegnante, facilmente riconducibili alla tradizione gesuitica.
Valencia tiene a specificare che il suo lavoro non è una difesa del colonialismo, piuttosto mette in luce un aspetto positivo e straordinariamente duraturo dell’investimento sul capitale umano.
Morale: i soldi spesi nell’istruzione sono ben spesi e i benefici continuano nel tempo.
Per contro, tagliare i fondi a scuole e università è una scelta suicida che mette a repentaglio il futuro.