Da un workshop sul fare impresa ad un format digitale per raccogliere le idee degli studenti e le competenze per validarle. Così è nata la piattaforma realizzata da Antonino Lo Burgio e Maria Rita Infurna
Un ragazzo tra i 15 e i 18 anni, come rilevato anche da alcuni studi sociologici, mostra maggiore apertura e intraprendenza nella realizzazione di nuovi progetti, pur non avendo tutte le competenze necessarie, rispetto a un adulto che si sofferma sui propri limiti in termini di conoscenza.
Molti di questi ragazzi hanno spesso intuizioni innovative che, per non spegnersi, vanno alimentate dal know-how di chi è in grado di verificarne la fattibilità e di trasformarle in idee d’impresa
Ma come metterli in contatto? Antonino Lo Burgio e Maria Rita Infurna, due ragazzi di Palermo, hanno creato e sviluppato una piattaforma collaborativa in grado di farlo: InEmbryo. É strutturata come una community di persone, soprattutto studenti, che propongono le loro idee e cercano utenti in grado di validarle e realizzarle, ricompensandoli con una moneta virtuale: il bryo. L’obiettivo, come sottolinea Antonino nell’intervista a StartupItalia!, non è creare uno scambio di prestazioni o di servizi ma
un network collaborativo il cui valore sta nell’impatto sociale
La piattaforma è stata lanciata nel 2016, dopo quasi un anno di testing, e ha come target soprattutto le scuole e i percorsi di alternanza scuola-lavoro ma, entro la fine del 2017, vuole aprirsi anche a contesti differenti. Antonino racconta a StartupItalia! quali sono stati i primi passi della startup InEmbryo e i risultati raggiunti fino ad ora.
Com’è nato il tuo interesse per le tematiche del fare impresa?
«Dopo la laurea in Ingegneria civile all’Università di Palermo, ho deciso di proseguire il percorso in ambito accademico con un dottorato di ricerca e ho avuto la possibilità di occuparmi, assieme a Maria Rita, dell’organizzazione di un workshop interfacoltà, incentrato sui temi dell’innovazione, della proprietà industriale e del fare impresa. Il taglio prettamente pratico ha creato grande interesse tra gli studenti e abbiamo iniziato a pensare a un format che ci consentisse di coinvolgere più persone, senza essere limitati dalla fisicità delle lezioni, oltrepassando i confini territoriali. Le tecnologie del digitale sono venute in nostro aiuto ispirando lo sviluppo di una piattaforma on line in cui condividere le competenze, per impiegarle nella realizzazione di progetti d’impresa: InEmbryo».
Cos’è che rende innovativa InEmbryo?
«Molto spesso le idee innovative, specie se proposte da ragazzi, vengono abbandonate perché non si hanno le competenze per realizzarle ovvero le risorse economiche per svilupparle.
InEmbryo supera questo limite perché segue un modello di crowdfunding basato sul baratto multilaterale che prevede l’uso di una moneta virtuale: il bryo, paragonabile a 1 euro
Faccio un esempio pratico: sono un informatico che sa come sviluppare tecnicamente un’app ma non come strutturare un business plan o curare la parte grafica. Mi iscrivo su InEmbryo, propongo la mia idea e comunico le competenze che cerco. Gli utenti sulla piattaforma potranno proporsi, quotando le competenze offerte in bryo e io, una volta consultati i loro profili e feedback ricevuti, sceglierò con chi portare avanti le attività che, solo se validate nella fase finale, genereranno lo scambio di bryo concordato. Le monete virtuali accumulate (appena iscritti alla piattaforma se ne hanno a disposizione mille) non sono convertite in denaro e vogliono quindi fungere da stimolo per innescare e realizzare nuovi progetti, condividendo competenze».
Quanti e di che tipo sono gli utenti iscritti sulla piattaforma?
«Sono oltre 1500, dai 15 ai 40 anni ma in gran parte si tratta di studenti. Fino ad ora, ci siamo concentrati soprattutto sulle scuole superiori, per creare dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e per responsabilizzare i ragazzi, stimolandoli a lavorare anche a casa, avendo la piattaforma come guida e luogo virtuale d’incontro sicuro. Prima di entrare su InEmbryo, sono previste alcune lezioni frontali, integrate con il programma didattico, per almeno 30 ore»
l’obiettivo è insegnare agli studenti a valorizzare le proprie competenze e a sviluppare e raccontare un progetto, che potranno portare sulla piattaforma
InEmbryo subirà qualche cambiamento in futuro?
«Vorremmo da un lato specializzarci ulteriormente sul target scuola e dall’altro aprirci, entro la fine del 2017, anche ad altri contesti. Stiamo implementando un sistema in grado di certificare le competenze dei ragazzi, al di là dei feedback ricevuti, e puntando allo sviluppo di percorsi di accompagnamento on line tramite e-learning, per cercare di raggiungere in tempi più rapidi un maggior numero di scuole sul territorio. Abbiamo stretto alcune convenzioni con le università ed enti regionali per il diritto allo studio, che ci permetteranno di coinvolgere anche altre tipologie di studenti. Dovremo anche lavorare sull’avvio di collaborazioni con altri soggetti in grado di colmare, con le loro competenze specialistiche, il gap che spesso si crea tra l’idea embrionale realizzata e validata su InEmbryo e la necessità di strutturarla in un progetto d’impresa, per non correre il rischio che le più interessanti cadano nel dimenticatoio».