Accade in un istituto romano, dove si sperimenta il TwLab, un laboratorio di scrittura su paper-tweet per educare i bambini a un uso positivo dei social
I nemici dei social arricceranno il naso nel leggere questo articolo ma la notizia è che una maestra, animatrice digitale, ha iniziato ad usare Twitter con i bambini della scuola dell’infanzia oltre che con gli alunni della primaria e della secondaria di primo grado.
A portare nella scuola italiana questa rivoluzione è Stefania Bassi, insegnante dell’istituto comprensivo “Carlo Alberto dalla Chiesa” di Roma ma non solo. Stefania è formatrice per il Piano nazionale formazione docenti e spesso gira l’Italia per condividere le sue esperienze didattiche. Ha partecipato a numerosi progetti di social reading con TwLetteratura e ispirandosi al metodo e alla poetica di Gianni Rodari, ha ideato il TwLab, un laboratorio di scrittura su paper-tweet, per educare i bambini ad un uso positivo dei social.
Inoltre fa parte del gruppo di lavoro del MIUR sulla mappatura delle metodologie didattiche innovative. La maestra Bassi su Twitter è @Wlascuolaviva e da quando ha scoperto il mondo dei “cinguettii” ha rivoluzionato il suo modo di fare scuola e quello di molti colleghi.
La sua filosofia è semplice: con un coltello si può ferire a morte una persona ma può essere usato anche per cucinare o per fare una scultura. Così funziona con i social. A lei interessa far comprendere che Twitter può essere uno strumento per imparare a fare sintesi, può essere un veicolo per avvicinarsi alla letteratura e anche un modo per condividere con altri ragazzi un mondo. La maestra 2.0 è convinta che Twitter è utile perché costringe il pensiero ad essere essenziale, insegna a ponderare ogni punto e virgola. D’altro canto siamo di fronte ad un cambiamento significativo dell’italiano perché i social ci hanno abituati a sintetizzare.
???? ????????????????
STEMusic lesson with @makeymakey & @scratch!
???? ????????????????#STEM pic.twitter.com/l6XyxMiMZ1— Stefania Bassi (@wlascuolaviva) 27 maggio 2018
Ma Twitter al “Carlo Alberto dalla Chiesa” fa rima con lettura, libri, passione. Stefania fa riferimento al pianeta di “Twletteratura” che è diventato un “metodo” con il quale è possibile leggere e commentare contenuti culturali. Questa metodologia è stata sperimentata a partire da gennaio 2012 da Paolo Costa, Edoardo Montenegro e Pierluigi Vaccaneo, attorno ai quali si è aggregata una comunità vasta e fidelizzata di diverse migliaia di appassionati e alcune centinaia di ‘riscrittori’ regolari. La comunità sceglie un libro, lo legge e lo commenta – un capitolo alla volta, in base a un calendario condiviso per poi riscriverlo su Betwyll (la app per il social reading di TwLetteratura) o su Twitter.
Ciascun utente propone la sua interpretazione in forma di twyll e/o tweet (uno o molti, a seconda dell’ispirazione): la riscrittura può essere parafrasi, variazione, commento, libera interpretazione, nonché essere associata a media diversi da quello originale (video, canzoni, disegni). L’uso di registri stilistici differenti – secondo il modello dell’Oulipo – permette di sperimentare infinite combinazioni di decostruzione e ricostruzione del testo di partenza, un sistema di micro-testi prodotti dalla comunità in relazione con l’opera di partenza e fra di loro.
Intervista alla maestra Twitter
Abbiamo chiesto a Stefania Bassi di spiegarci meglio cosa è stata capace di fare lei nella sua scuola e non solo.
Siete riusciti a twittare già alla scuola dell’infanzia. Un’impresa anomala.
“I bambini di quell’età non sono in grado di leggere e scrivere perciò usano i disegni. Un cinguettio grafico accompagnato da un commento orale trascritto dalla maestra. I piccoli accedono così a Twitter in maniera mediata attraverso un foglio di carta con 140 quadretti, il paper-tweet. E’ attraverso lo strumento digital-cartaceo che si riesce a usare il social anche in ambito didattico”.
Leggi anche: Addio vecchia scuola… è arrivato il futuro!
Alla scuola primaria entra in campo il cellulare?
“ll telefonino è ormai il regalo della Prima Comunione. In prima media se non l’ha sei uno sfigato. Nel mio caso il dirigente scolastico mi e ha autorizzata ad usarlo. Ho coinvolto i genitori e i bambini in un patto di corresponsabilità, consapevoli che portano a scuola il proprio device. Per fare questo serve una grande professionalità e far capire ai bambini che il momento della condivisione di un testo diventa un’esperienza di lettura condivisa con altri bambini di tutt’Italia”.
Quali libri avete letto e riscritto?
“Alla scuola primaria abbiamo iniziato con “Alice nel paese delle meraviglie” condividendo uno spazio letterario con la protagonista, con lo stralunato @CappellaioTw e la collerica @ReginaCuoriTw. Abbiamo lavorato anche con il Mago di Oz, con degli albi illustrati. L’ultima sperimentazione, invece, l’abbiamo fatta a partire da un altro contenuto: la lettura di un film”.
E alle medie dove l’uso del cellulare diventa più “pericoloso”?
“In quel contesto i ragazzi hanno un account della scuola e si occupano loro stessi di Twittare, senza la mediazione dell’insegnante che è solo vigile sul lavoro. Prima c’è sempre il passaggio su carta ma in questo caso gli allievi vengono chiamati ad avere un senso di responsabilità”.
Nessun genitore ha storto il naso? I colleghi come hanno reagito?
“La comunità scolastica è in crescita. I colleghi sono stati coinvolti e le famiglie restano stupite di fronte a questa possibilità. Dobbiamo dircela tutta: la Polizia Postale fa la sua parte terrorizzando i ragazzi ma noi come scuola dobbiamo fare l’altra parte: quella di costruire”.