Intervista a Luca La Mesa, ambassador del capitolo romano del programma SingularityU avviato dalla Singularity University, il centro di formazione sulle tecnologie a impatto esponenziale della Silicon Valley
Dopo il capitolo della Singularity U di Milano, è l’ora della capitale. La Singularity University aprirà, infatti, un “chapter” anche a Roma, dove verranno organizzati eventi e incontri sui temi trattati nel centro di ricerca e d’innovazione della Silicon Valley. La Singularity ha da qualche tempo intrapreso una strategia di espansione globale per portare il “metodo” al di fuori della California. Quello che aprirà a Roma, infatti, non è una “filiale” della Singularity University, bensì un capitolo “decentrato” della rete SingularityU. Ognuno di questi centri è affidato a un mentor che ne gestisce l’organizzazione. Per quanto riguarda Roma, sarà l’imprenditore e insegnante Luca La Mesa ad occuparsene.
Chi non sapesse che cos’è la Singularity University, non si facesse ingannare dal nome: con gli atenei tradizionali non ha nulla a che vedere. Fondata nel 2008 da Ray Kurzweil Peter Diamandis, vuole fungere da centro di formazione, think-tank e incubatore di startup. Organizza programmi estivi di 10 settimane con la funzione di “ispirare” i futuri leader di domani. Il nome, Singularity, richiama la “singolarità tecnologica”, il concetto che hanno coniato i futurologi per determinare quel momento in cui lo sviluppo tecnologico supererà la capacità di comprensione dell’essere umano. Il programma SingularityU è leggermente diverso da quello portato avanti dalla Singularity University in California. Corsi ed eventi che si tengono nelle sedi “decentrate”, ad esempio, sono gratuiti e per prenderne parte servirà solo una registrazione. La SingularityU Rome punterà dunque a creare una rete di persone per favorire la nascita e la creazione di processi innovativi e per alimentare un ecosistema di “menti Singularity”.
Quali saranno le attività della Singularity U a Roma?
«L’apertura del Chapter di Roma rientra in un più ampio progetto di espansione globale della Singularity University al fine di permettere ad un numero sempre più elevato di persone di affrontare i temi dell’accelerazione del cambiamento tecnologico e di come le tecnologie esponenziali cambieranno le nostre vite e la società. Le attività saranno di vario tipo e stiamo organizzando una serie di eventi su Roma a partire da Luglio».
Avete già cominciato creare una rete di persone interessate?
«Abbiamo già organizzato diverse cene tra Alumni della Singularity University e persone interessate ad approfondirne i temi. Siamo già presenti in molti eventi per sensibilizzare sui temi della tecnologia esponenziale. A regime, le attività più importanti saranno gli eventi aperti al pubblico durante i quali inviteremo speaker esperti sui vari temi come ad esempio l’Intelligenza Artificiale, le nanotecnologie, la robotica, il Cybercrime, ecc.».
Cosa lega tutti questi temi?
«Il filo comune di tutte le tecnologie è comprenderne come ci potranno aiutare ad avere un impatto positivo esponenziale su un miliardo di persone nei prossimi 10 anni».
Che impatto avrà la Singularity U sull’ecosistema romano?
«Mi auguro che queste attività abbiano un impatto a più livelli. Un esempio concreto viene da una citta dell’Ecuador di nome Quito che ha organizzato un evento sulla sull’implicazione di veicoli che si guidano da soli invitando sia persone interessate al tema sia esponenti politici ed imprenditoriali presenti nel territorio. Il risultato è stato che il Sindaco di Quito ha contattato delle aziende aderenti a SingularityU Labs per effettuare dei test e gli stessi Ambassador locali hanno organizzato una raccolta fondi sul territorio. Allo stesso tempo ritengo importante il chapter romano per permettere a molti ragazzi più giovani di scoprire che esistono dei fenomeni che cambieranno inevitabilmente le nostre vite e che da subito si possiamo studiare e adottare nella nostra città».
Come sei arrivato a diventare Chapter Ambassador della SingularityU Rome?
«Dopo aver completato l’Executive Program presso il NASA Research Park mi sono chiesto come poter concretamente generare un impatto e condividere l’esperienza con più persone possibili. Inizialmente mi sono concentrato su micro attività personali. Ho deciso di sponsorizzare la Global Impact Competition organizzata da David Orban a Milano e che permetterà a Marta Ghiglioni di prendere parte al prossimo programma in partenza le prossime settimane in Silicon Valley. Ho deciso di fare il mio primo “investimento a impatto sociale” su una società di un ex alunno della Singularity University (Federico Pistono) che vuole dare educazione gratuita online a un miliardo di persone in dieci anni. La sfida sarà molto impegnativa ma lui è un talento da supportare in ogni modo possibile. Attraverso il networking in rete siamo persino riusciti in circa 48 h a trovare i soldi che servivano a un brillante studioso di realizzare un suo sogno. Hady Ghassabian era stato selezionato per partecipare ad una ricerca scientifica della NASA sulle “Nubi nottilucenti” ma nessuno sponsor lo ha aiutato nel trovare i 6.000 euro di cui aveva bisogno. Pur non conoscendoci direttamente abbiamo usato i social per fare una richiesta alla nostra rete di contatti e “la magia e la rete” hanno fatto il resto. Sinceramente sono tutte attività alle quali non avrei mai pensato di prendere parte prima dell’esperienza alla Singularity».
Che cosa è cambiato?
«Il mio approccio al mondo dell’innovazione. Ho però compreso in maniera molto lucida che aiutare singole persone a realizzare i loro percorsi è sicuramente molto stimolante, ma rischia di non avere un effetto concreto sul territorio o sul paese. Quando la Singularity mi ha approvato la possibilità di aprire e gestire il chapter di Roma ho compreso quanto questo possa realmente aiutare nel diffondere la conoscenza su dei temi che nei prossimi anni ci riguarderanno tutti».
Qual è, secondo te, la chiave dell’innovazione?
«L’innovazione si muove sempre su due livelli complementari. L’ideazione dell’innovazione (grazie ad importanti investimenti in R&D) e l’implementazione dell’innovazione grazie all’intraprendenza e la capacità esecutiva di chi può recepirla sul territorio, sia nel privato che nel pubblico».
In Italia siamo indietro?
«In italia e a Roma abbiamo grandi eccellenze anche sul primo livello (ideazione dell’innovazione) ma ritengo che in questi anni, soprattutto nel nostro paese, sia fondamentale adottare soluzioni tecnologiche già esistenti che si sono dimostrate di successo in altre parti del mondo. Spesso dico ai miei studenti una frase un po’ provocatoria ma allo stesso tempo molto vera: Il vantaggio di vivere in alcune città che sono rimaste un po’ indietro e che ci permette di avere una sorta di “macchina del tempo”. Sta a noi vedere quali soluzioni ha adottato chi è più avanti di noi e utilizzare il talento tipico degli italiani nell’adattare tali soluzioni alle nostre peculiarità culturali e di società. In particolare la mia attenzione va soprattutto verso tutte le tecnologie inclusive, cioè quelle che riescono a rimettere al centro coloro che sono rimasti ai margini. E poi l’innovazione, per definizione, non finisce mai per cui, per chi come me è sempre curioso di sapere cosa ci aspetterà in futuro, la chiave dell’innovazione è lo studio continuativo e la condivisione».