Per rispondere alla provocazione di Michele Serra sulla differenza tra liceo e istituto ricordiamo qui i ragazzi che hanno inventato robot sommelier, quelli che stanno realizzando la prima barca a vela al mondo con la stampa 3D, e quelli che sperimentano modelli di casa domotica. Provengono tutti dagli istituti tecnici
Sono bastate 1500 battute per scatenare il putiferio. Millecinquecento battute per nulla ovvie ma insufficienti ad affrontare un tema come quello della differenza di classe che resta in Italia la questione di fondo, la colonna sonora delle nostre esistenze. Perché “L’Amaca” di Michele Serra pubblicata a proposito degli episodi di intimidazione dei ragazzi nei confronti degli insegnanti ha fatto tanto scalpore? Semplice: Serra ha toccato uno dei nervi scoperti del nostro Paese, la divisione tra ricchi e poveri. E lo ha fatto a partire dall’istruzione parlando di scuole considerate ancora per ricchi e altre destinate ai poveri.
La polemica
Ha scritto: “Non è nei licei classici o scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la situazione è peggiore” a proposito di atti di bullismo. E la ragione definita da lui “antica” sta proprio nel fatto che: “Il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale”.
Serra solleva una questione che divide. Da una parte i tanti che faticano ad arrivare a fine mese, un pianeta di giovani precari cresciuti negli istituti tecnici e nei professionali, andati all’università ma costretti a lavori saltuari dall’altra i liceali, quelli che almeno in teoria già a 14 anni immaginano il loro destino: classico, scientifico, laurea (anche con calma), qualche anno all’estero e il posto di lavoro.
Su Ischool ci siamo spesso occupati dei primi ragazzi, quelli che frequentano gli istituti tecnici. Ragazzi che hanno inventato robot sommelier, che al tecnico “Vittorio Emanuele III” stanno realizzando la prima barca a vela al mondo con la stampa 3D che parteciperà ad una competizione oceanica; giovani come quelli dell’istituto “Artom” di Asti che sperimentano modelli di casa domotica.
Creando divisioni tra chi frequenta il liceo e l’Istituto tecnico di rischia di promuovere l’immobilità sociale prendendo in mano il megafono e urlando al mondo che non è cambiato nulla per poi dire che non si vuole società classista.
La ricerca di Almadiploma
Ciò che non è cambiato e ciò che ha creato immobilità sociale è proprio l’idea di un liceo frequentato prevalentemente da figli di professionisti. Secondo una ricerca di Almadiploma che prende in considerazione 290 istituti scolastici, nel 2016 al Classico si sono diplomati solo l’8,7% di ragazzi figli di impiegati o di operai a fronte di un 45% di figli di professionisti, dirigenti, docenti universitari e imprenditori. Solo il 13,1% dei ragazzi che sono usciti dallo Scientifico provengono dalle classi sociali più povere. Inoltre se andiamo a vedere la questione ripetenti scopriamo che il 30% di chi viene bocciato al liceo due o più volte appartiene alle famiglie operaie contro il 17% che viene da famiglie con più possibilità economiche.
Serra due giorni dopo, a seguito dei tanti commenti sulla sua prima “L’Amaca” ha provato a metterci la pezza: “Se dici che nelle scuole – spiega Serra – meno qualificate si addensano più facilmente i rischi di turbolenza sociale, spesso diretta conseguenza della condizione familiare, ecco sei subito un classista”.
E’ la Rete, bellezza!
Di fronte ai commenti (molti sicuramente fuori luogo e fuori tema) Serra risponde: “Fino a che sono i social a chiamarmi in causa, sono costretto a replicare che non posso replicare. La moltitudine dei commenti non riguarda ciò che ho scritto, riguarda la sua eco, i commenti ai commenti, voci relate, fonti in brevissimo tempo vaghe e remote”. Qualche tempo fa (nel 1941) qualcuno ha detto: “E’ la stampa bellezza!”. Oggi si può affermare: “E’ la Rete, bellezza”. Un tempo il popolo avrebbe letto le 1500 battute, si sarebbe indignato, le avrebbe commentate al bar, magari qualcuno avrebbe inviato una lettera in redazione. Non è più così. Serra sostiene che il “popolo è violento perché cerca di mascherare la sua debolezza” e definisce il movimento della Rete per “certi versi mostruoso contesto del chattismo compulsivo”. Sarà anche così ma oggi chi scrive (capita anche a me) non sta dietro una scrivania rinchiuso nella redazione ma è scaraventato comunque tra la gente grazie alla Rete. Per questo ritengo che Serra non possa non tenerne conto anche di questi commenti.