L’amore per la scienza è nato al liceo Scientifico, e oggi Marco Drago, 38enne di Padova, studia le onde gravitazionali al Gran Sasso Institute. Diventato famoso tra per averne intercettata una, lo scorso agosto ha vinto un premio per comunicatori scientifici. Spiegando come nasce l’oro che troviamo sulla Terra
Di professione astrofisico, Marco Drago, padovano classe 1982, passa le giornate al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila “seduto davanti al computer”, racconta a StartupItalia. Il suo è però tutto fuorché un lavoro ordinario. Arrivato nel centro abruzzese senza essere figlio d’arte (con una mamma casalinga e un papà operaio), dopo un dottorato in Fisica e anni di ricerca all’estero, oggi analizza dati che riguardano le onde gravitazionali, fenomeno teorizzato da Einstein secondo cui “qualsiasi oggetto per il solo fatto di muoversi produce perturbazioni intorno a sé” spiega.
Gli oggetti producono onde
“Ci sono ondine che modificano le spazio, che è come se oscillasse e vibrasse”. Per i non addetti ai lavori, è un po’ come applicare la legge gravitazionale di Newton, ma “secondo un’altra prospettiva”. L’esempio classico è quello “del sasso lanciato nell’acqua, che provoca piccole onde che via via si allontanano”. Funziona così anche per gli oggetti, solo che queste ondine hanno dei restringimenti “perfino più piccoli di un atomo”, e per questo il loro segnale è difficilissimo da intercettare.
Il primo a scoprire un’onda gravitazionale
Niente di strano allora se nel 2015, mentre partecipava all’esperimento Ligo al Max Planck Institute for Gravitational Physics di Hanover, in Germania, ci fu un’esultanza generale quando proprio lui, Drago, riuscì per primo a osservare un’onda gravitazionale. Successe “il finimondo” riconosce, e arrivarono anche alcuni premi come il SIGRAV e il Niccolò Copernico per la Fisica. Ma “non fu una scoperta solo mia” precisa, “ci sono migliaia di persone che lavorano a un progetto scientifico”. Solo che in quel momento di cinque anni fa fu lui a superare tutti riuscendo per primo a individuarne una.
Per la ricerca pura un passo da gigante
Si era nell’ambito di una collaborazione internazionale con l’America, che prevedeva l’utilizzo di strumenti chiamati ‘rivelatori’, in grado di rilevare l’impercettibile movimento delle onde. “Lì per lì ti sembra inverosimile” racconta. Tanto che vanno eseguiti dei test e alcuni protocolli per verificare che sia tutto vero. Per la ricerca pura la scoperta equivale a un passo da gigante perché “fornisce nuove informazioni che permettono di studiare più a fondo i buchi neri e in più apre la porta a nozioni che non avevamo sulla luce”. E poi chissà “se tra duecento anni non possano giungere anche risvolti sulla vita pratica, come per esempio nell’uso dei laser” prosegue.
Come si forma l’oro sulla Terra
La ribalta internazionale nell’ambito della Fisica è ciò che ha convinto Marco ad avvicinarsi alla divulgazione scientifica. “Inizialmente venivo chiamato per andare a parlare nelle scuole superiori”, proprio lì dove è scoccato “l’innamoramento per la fisica, quando frequentavo lo scientifico”. Di lì la decisione di partecipare al FameLab, evento ideato dal Cheltenham Festivals e promosso a livello mondiale dal British Council. Una competizione per giovani ricercatori scientifici con il talento della comunicazione. Alla finale del 31 agosto, tenutasi a Trieste, la performance dell’astrofisico che ha convinto la giuria a conferirgli il primo premio si è basata sulla spiegazione di come nasce l’oro che troviamo sulla Terra.
La fusione di due stelle a neutroni
L’oro è un metallo pesante “che si è scoperto si formi con la fusione di due stelle a neutroni”. Sono processi “da cui scaturiscono enormi esplosioni e che sprigionano materia che viene espulsa all’esterno”. Milioni di anni fa “questi materiali tra cui l’oro hanno viaggiato nell’Universo fino a depositarsi sulla Terra”. Unica possibile spiegazione di come il metallo sia tra noi, perché “sul nostro pianeta non potrebbero prodursi esplosioni di tale portata”. Il prossimo step sarà adesso per Drago la partecipazione all’edizione internazionale del FameLab, che – causa Covid – si terrà online a novembre prossimo.
I rumori influiscono sulle onde
L’astrofisico non ha ancora scelto l’argomento di cui parlare, ma probabilmente di mezzo ci finiranno di nuovo le onde gravitazionali. Su cui nel frattempo prosegue il lavoro: “Stiamo cercando di carpirne di nuove e abbiamo stilato una possibile lista di ‘candidati’ capaci di crearle”. Operazione complicata perché per quanto sensibili i macchinari che le captano “potrebbero confonderle con rumori di aerei o automobili, che creano interferenze”. Per avere la certezza che siano vere onde gravitazionali “bisognerà aspettare qualche mese”.