Fabbri, artigiani, ceramisti rischiano di scomparire. La soluzione potrebbe venire dal riconoscimento di un nuovo percorso scolastico
Un tempo trovavi il sarto che ti faceva il vestito su misura. Il falegname che veniva a casa per realizzare l’armadio come volevi tu. Il ceramista che faceva di quel piatto un’opera d’arte. Queste figure rischiano di scomparire, di restare nell’immaginario di un popolo, quello italiano, che era e dovrebbe essere artista anche in questo senso. A lanciare l’allarme è la Confederazione nazionale dell’artigianato della regione Marche: gli artigiani del vetro, della paglia e del ferro stanno sparendo.
I mestieri di un tempo
Sono i mestieri di un tempo, quelli che fino a qualche anno fa si tramandavano di padre in figlio il mestiere, quelli che nascevano in una bottega dove si imparava a prendere in mano gli attrezzi da bambino. Lavori che bisogna fare con le mani ma che necessitano di grande intelligenza e attenzione, passione e ingegno.
La “ricetta” per imparare a soffiare il vetro, un tempo, era quasi un segreto: i maestri la condividevano quando mostravano il loro laboratorio a chi si affacciava alla loro bottega senza svelare troppo dei “trucchi” del mestiere.
Ora tutto ciò rischia tra qualche anno di restare un ricordo. I numeri la dicono meglio delle parole
Nelle Marche…
Nelle Marche lo scorso anno erano 1.320, in calo rispetto ai 1.489 del 2009. In otto anni c’è stata un’emorragia che ha portato ad una grave perdita soprattutto dei fabbricanti del ferro e del rame passati da 490 a 381. Degli orafi che contano 48 unità in meno ma anche dei ceramisti visto che 23 hanno abbassato per sempre la loro saracinesca. Numeri che preoccupano la Cna che vorrebbe nei prossimi anni cogliere le opportunità offerte da una domanda crescente di un turismo sempre più attento alle numerose attività artigianali e agli antichi mestieri diffusi nei borghi della regione.
Una sfida anche per altre regioni
Sì, perché se da una parte chiudono queste botteghe che fanno parte del patrimonio di questo Paese, d’altro canto la gente è sempre più alla ricerca di queste attività. Una sfida per le Marche ma anche per altre regioni come la Basilicata, la Calabria, la Sicilia, la Toscana ricche di piccoli paesi medioevali che sono visitati ogni anno da centinaia di persone che vanno alla ricerca del passato, che cercano di tornare alle radici.
Le Botteghe Scuola
Una sfida che la Cna è pronta a lanciare a livello nazionale affinché queste imprese artigiane vengano riconosciute come Bottega Scuola. Ecco il nodo della questione sta proprio lì: dobbiamo tornare ad apprendere questi antichi mestieri che possono essere affascinanti anche per un giovane. Solo l’istruzione, l’aggiornamento e la formazione continua possono essere elementi per “salvare” questi mestieri. E’ evidente che questo percorso deve essere riconosciuto, che chi intraprende questo cammino debba avere un riconoscimento professionale da poter spendere in Italia così come all’estero. E sono proprio i “vecchi” maestri artigiani a poter essere i migliori insegnanti di chi ha intenzione di intraprendere questa attività con serietà: i più anziani in quest’ottica sarebbero un tesoro prezioso, un bagaglio di informazioni.
Questione nazionale
La Cna è pronta a fare la sua parte. Ha posto il problema nelle Marche ma è consapevole del fatto che si tratta di una questione nazionale, di un fattore che va a sostenere l’economia italiana. Abbiamo cercato di capire qualcosa in più con Gabriele Di Ferdinando, responsabile del settore piccoli artigiani della Cna Marche.
L’intervista
Siamo di fronte a dei dati che non lasciano spazio a molti commenti ma solo all’urgenza di intervenire prima che sia troppo tardi. Abbiamo perso già tempo, rischiamo di non vedere più queste figure?
«Ci auguriamo di no. Il mercato del numero di imprese è in calo inequivocabile. La situazione potrebbe essere dovuta ad un mero dato amministrativo di iscrizione alle associazioni di categoria ma non è così. Dobbiamo invertire la rotta, dobbiamo far diventare un tesoro queste maestranze. Abbiamo una sola strada: diffondere queste competenze tra i giovani ed essere un sostegno ai maestri artigiani che già esistono. Non li possiamo lasciare soli, vanno sostenuti in tutti i modi possibili».
Fino a poco tempo fa si trovavano ancora ceramisti e fabbri. Cosa è successo in questi anni?
«L’artigianato artistico viene confuso con il prodotto del lobbista ma non è così: è un prodotto esclusivo. Io penso persino che il sistema dell’asta dovrebbe essere usato anche in questo segmento dell’economia. C’è tuttavia una speranza: negli anni passati le nuove generazioni vedevano questi mestieri come lavori vecchi. Oggi sempre più giovani sono interessati al lavoro artigianale perché hanno visto che è possibile applicare le nuove tecnologie anche in questo settore. Siamo di fronte ad una nuova figura, quella dell’artigiano contemporaneo».
Così si rischia di perdere la manualità?
«No, assolutamente. Non diventa un lavoro di serie, ma i macchinari diventano un supporto per l’artigiano, sono solo un aiut».
Avete lanciato l’allarme dalla Marche ma riguarda solo la vostra Regione questa questione?
«E’ un problema italiano. La diminuzione del numero di queste imprese la si registra in tutti i territori. Nelle Marche c’è un calo più consistente che stiamo tenendo sotto controllo e che non intendiamo lasciare solo alle pagine della cronaca».
Soluzioni?
«La scuola artigiana, la bottega scuola. In passato è stata attuata e ha riscosso successo. Nella formazione professionale sta la strategia per tornare a dare importanza a questi mestieri. Dobbiamo ripartire dalla scuola».