Il caso dello studente di Carpi che ha ricevuto un 6 nella condotta tenuta durante l’Alternanza scuola lavoro per averla criticata su Facebook è indice della necessità di riaprire un dibattito
Alternanza scuola lavoro, non smette di far discutere il fatto accaduto all’Itis Da Vinci di Carpi (Modena), dove uno studente del quarto anno ha ricevuto un 6 dal Consiglio di classe rispetto alla condotta tenuta durante l’esperienza di Alternanza scuola lavoro.
Il motivo ormai è noto: lo studente ha espresso un’opinione critica nei confronti dell’Alternanza direttamente su Facebook, utilizzando termini che secondo la scuola e il dirigente scolastico sarebbero stati inappropriati nei confronti sia dell’azienda sia del personale scolastico. Le posizioni sono divise tra chi reputa la decisione scolastica come una misura eccessiva e contraria alla libertà di espressione e chi invece difende scuola e Alternanza. Al di là di come uno la possa pensare, però, c’è un fatto su cui vale la pena riflettere. Al di là della decisione scolastica e del post dello studente, è chiaro che è necessario riaprire il dibattito su come possa essere organizzata al meglio su scala nazionale l’Alternanza scuola lavoro affinché questa possa essere davvero un’esperienza formativa per tutti. Ne parliamo con Claudio Riso, Segretario generale FLC CGIL Modena.
Il boom mediatico e le reazioni degli studenti
Dopo il 6 applicato all’esperienza di Alternanza allo studente dell’istituto di Carpi, il boom mediatico è stato enorme. Il caso – segnalato in primo luogo dalla ‘Gazzetta di Modena’ – è stato poi ripreso dalle più importanti testate nazionali. Tanto che ha suscitato la risposta dei rappresentanti degli studenti dell’Itis Leonardo Da Vinci, che hanno scritto una lunga lettera di risposta direttamente sul sito della scuola: “Crediamo che l’organizzazione scolastica – a nostro parere – sia perfettamente disponibile nei nostri confronti e riteniamo che il sistema di alternanza scuola lavoro sia organizzato al meglio nella nostra scuola, in modo da rendere il più possibile educativa e interessante l’esperienza dello studente in stage. (…) Pensiamo che in un territorio fortemente produttivo e in costante crescita come il nostro, gli studenti con una adeguata preparazione – che viene sì data dalla scuola ma migliorata in azienda – siano ricercati come figure chiave da inserire all’interno delle aziende, perché, oltre ad aver imparato la teoria scolastica, hanno appreso anche i processi e i sistemi produttivi dal vivo, ascoltando persone che hanno decisamente più esperienza di noi (…) scriviamo questa lettera per invitare chiunque si sia interessato a questa vicenda (…) a palesarsi, così da poter organizzare assieme: alla stampa, a noi rappresentanti degli studenti, ai professori tutor scolastici, una assemblea per far luce su dubbi e domande; (…) Tutto questo non con toni di polemica, anzi, con la voglia di far vedere anche a chi magari non conosce bene il sistema dell’alternanza un vero ed enorme vantaggio: quello di mettere in comunicazione gli studenti con il mondo del lavoro”. Dichiarazioni che hanno sollecitato lo studente protagonista della vicenda a postare un video che sta circolando in Rete in cui il ragazzo prende le distanze dalle dichiarazioni dei suoi rappresentanti, ribadendo le sue posizioni sia nei confronti dell’Alternanza sia nei confronti del libero pensiero. “Bisogna continuare con il livello di attenzione che c’è stato finora – commenta fra le altre cose lo studente nel video – È importante non chinare la testa oggi per non ritrovarsi un domani con una generazione di schiavi senza futuro”. Al di là delle posizioni, è chiaro che il tema è importantissimo.
Le problematiche dell’Alternanza
L’Alternanza scuola lavoro continua a divedere l’opinione pubblica e quanto accaduto a Carpi non ha fatto altro che riaprire i termini di un dibattito su ampia scala. Ne parliamo con Claudio Riso, Segretario generale FLC CGIL Modena: “Già il fatto che si dia un giudizio all’esperienza dell’Alternanza è di per sé negativo. Inoltre, lo studente non attacca mai l’azienda ma critica il sistema dell’Alternanza stessa; il diritto di critica, condivisibile o meno, è sacrosanto. Questo è un campanello d’allarme nei confronti di un sistema che non funziona. Il fatto che le scuole abbiano centinaia di ragazzi da mandare obbligatoriamente in Alternanza fa sì che qualcuno probabilmente vada a fare qualche esperienza realmente qualificante e formativa ma la stragrande maggioranza dei ragazzi no. Questo perché i numeri sono troppo alti. Solo la zona di Modena ha 18 mila studenti in Alternanza scuola lavoro: sono tantissimi. Quante scuole riescono davvero a fare la selezione rispetto a ciò che è utile e formativo per i ragazzi?”.
Un problema iniziale di numeri, intanto. La legge 107 del 2015, conosciuta anche come Buona scuola, ha introdotto per tutte le scuole e per tutti gli studenti degli ultimi tre anni l’obbligo dei percorsi di Alternanza scuola lavoro. Questo porta chiaramente le scuole a impegnarsi affinché gli studenti possano essere ‘collocati’ nel percorso.
“Non è colpa delle scuole, dei presidi o degli insegnanti – prosegue Claudio Riso – Loro devono applicare una legge che impone di collocare i ragazzi. È chiaro che qualcuno prende in mano i ‘pacchetti’ che arrivano altri invece si rivolgono ad aziende che ci sono sul territorio, ma un insegnante o un preside non ha strumenti per filtrare quale sia l’azienda virtuosa dove lo studente va a fare un’esperienza formativa e dove invece va a fare produzione. Quanto accaduto deve essere occasione per riaprire un dibattito su cosa deve essere l’Alternanza. È chiaro che è importante che gli studenti comincino a interfacciarsi con il mondo del lavoro ma non con questo metodo, non con questa alternanza imposta come obbligo. Non è un no all’Alternanza in assoluto ma è un no a questa Alternanza. Il rischio che molti di questi studenti si ritrovino a fare attività ‘di produzione’ a costo zero per le aziende che li ospitano è concreto. Pensiamo anche agli insegnanti e ai presidi la cui aspirazione lavorativa è formare i ragazzi e che invece si trovano a gestire tutto il lavoro immenso, legato a questi percorsi: trovare le aziende ospitanti, indirizzare i ragazzi, collocare, seguire tutte le parti burocratiche e amministrative. Che cosa diventa un insegnante (o un preside) che fa tutto questo? Si trasforma, diventa altro, perde buona parte del suo compito fondamentale”.
Le possibili soluzioni
Urge allora trovare soluzioni. Anche su questo punto Claudio Riso è netto: “Agli studenti intanto bisogna spiegare che cos’è il lavoro, che è fatto di diritti e doveri e che c’è differenza tra andare a lavorare a voucher o con un contratto collettivo nazionale. Abbiamo incontrato mesi fa ragazzi giovani che andavano a lavorare convinti di avere un contratto regolare e invece si è scoperto che lavoravano a voucher, quindi senza alcun diritto. Se la scuola inizia a parlare di lavoro, lo fa bene nel momento in cui spiega agli studenti che il lavoro è un qualcosa di molto complesso, dove c’è l’attività manuale, l’attività intellettuale ma c’è anche tutto un contorno di regole; e che c’è differenza tra un contratto di collaborazione e un contratto nazionale. La seconda parte importante è il contatto con le aziende: un modello non facilmente replicabile è quello di note grandi aziende che hanno predisposto un laboratorio dove i ragazzi in Alternanza vanno a fare attività funzionali e utili al loro percorso formativo. È chiaro che sono le grandi aziende che hanno la possibilità di attrezzare gli spazi; ci sono però esempi virtuosi e modelli che si possono riparametrare su realtà più piccole”. Parlare agli studenti, insomma, e far loro vedere con concretezza cosa sia il mondo del lavoro e l’organizzazione aziendale per fare in modo che gli adulti di domani entrino nel mondo del lavoro con maggiore consapevolezza. È questo l’appello di Riso a tutti gli organi competenti, che sia politica, scuole e gli stessi sindacati: “Che sia riaperta la discussione e che riparta il ragionamento su un nuovo modello di Alternanza, cambiando tutto ciò che non funziona”.