Secondo l’ultimo Rapporto Education at glance 2019 dell’Ocse, un insegnante di scuola primaria guadagna, in Italia, 30.403 dollari, contro una media Ocse di 31.276, per poi arrivare a fine carriera a 44.468 dollari, contro una media Ocse di 55.364. Primi i tedeschi che arrivano a guadagnare 56.283 dollari
“Artigiani” delle generazioni future”, sono stati definiti così gli insegnanti da Papa Francesco, che torna nuovamente a riflettere sull’inadeguatezza degli stipendi dei docenti italiani, in occasione del seminario organizzato lo scorso 7 febbraio in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sul tema “Istruzione: il Patto globale”, ha ricordato: “Davanti alle sfide dell’educazione ruolo cruciale è quello dei docenti, sempre sottopagati. La loro funzione deve essere riconosciuta e sostenuta con tutti i mezzi possibili. È necessario che abbiano a disposizione risorse nazionali, internazionali e provate adeguate “.
Si perché, e non parliamo di nulla che non sia sotto la luce del sole, gli stipendi degli insegnanti italiani sono tra i più bassi dei Paesi europei e i dati del Rapporto OCSE “Education at a Glance” lo confermano anche quest’anno.
Rapporto Education at glance 2019 dell’Ocse
È uno dei lavori più appaganti, ma anche più faticosi: non è semplice fare la maestra o il professore e interfacciarsi ogni giorno con numerosi studenti provenienti da estrazioni sociali e culturali differenti. L’insegnante ha sulle spalle un compito molto importante: formare i giovanissimi che stanno iniziando a muoversi con più determinazione nella società attuale. Nonostante ciò, il compenso previsto per chi decide di intraprendere questa professione non è molto alto e varia in base alla nazione in cui si presta servizio.
Lo sanno bene gli insegnanti italiani, i quali – stando a quanto emerso dall’ultimo rapporto Osce – sono quelli pagati meno rispetto ai colleghi europei e questo è valido sia per chi è all’inizio della carriera, sia per chi invece sta concludendo il suo percorso di lavoro.
Gli stipendi degli insegnanti in Italia
Che le retribuzioni degli insegnanti italiani siano le basse nel confronto europeo, lo dicono da tempo le principali statistiche sulla scuola. L’ultima in ordine di tempo è il Rapporto Education at glance 2019 curato dall’Ocse.
Dal quale emerge che il gap più vistoso è alle medie e superiori. Infatti quando analizziamo lo stipendio di un insegnante italiano dobbiamo distinguere tra scuola elementare, media e superiore. Per i docenti universitari, invece, lo stipendio mensile è molto più alto.
Per una maestra delle ex-elementari il salario iniziale, in Italia, è di 30.403 dollari, contro una media Ocse di 31.276 dollari.
Dopo 15 anni di esperienza in Italia i docenti della primaria arrivano a 36.604 dollari, contro una media Ocse di 42.078 dollari.
A fine carriera si arriva a 44.468 dollari, contro una media Ocse di 55.364 dollari.
Ma il divario sale ancor di più per le scuole medie e le superiori.
Alle medie la retribuzione in ingresso per un professore è di 32.725 dollari a fronte di una media Ocse di 34.230 dollari.
Dopo 15 anni il confronto è tra 39.840 dollari in Italia e 47.675 dollari per la media Ocse. A fine carriera tra 48.833 in Italia e 57.990 per la media Ocse.
Alle superiori, a inizio carriera si confrontano 32.725 dollari, in Italia, contro 35.859 dollari per la media Ocse; dopo 15 anni, 40.952 dollari in Italia e 49.804 dollari per la media Ocse, a fine carriera, 51.045 in Italia contro 60.677 dollari per la media Ocse.
Le ore di insegnamento sono più basse in Italia
Sempre dai dati Ocse emerge poi che le ore d’insegnamento nette dei docenti italiani sono, invece, più basse.
Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia in Italia si sta in classe 1.024 ore contro 1.613 della media Ocse.
Alle ex-elementari le ore di insegnamento nette sono 783 contro le 1.612 della media Ocse.
Alle medie si confrontano 709 ore in Italia contro 1.634 (media Ocse); alle superiori 667 ore (Italia) contro 1.629 ore (media Ocse).
Purtroppo va evidenziato che in Italia gli stipendi dei docenti crescono solo per anzianità; e la valutazione, finora, oltre a non essere mai realmente decollata, non ha effetti sulla retribuzione. A differenza di quanto invece accade nel resto d’Europa.
Tra i più pagati ci sono i docenti tedeschi
Tra i più pagati ci sono i docenti tedeschi, che in media percepiscono il doppio. Alle medie, ad esempio, a inizio carriera un docente tedesco prende 60.507 dollari e a fine carriera arriva a 88.214; alle superiori parte da 70.749 dollari e termina la carriera a 96.736 dollari.
Il salario e anche l’orario di lavoro dipendono però dallo stato federale in cui prestano servizio. Ciascun stato ha infatti un margine di libertà, per quanto riguarda l’organizzazione del calendario scolastico. Inoltre gli insegnanti tedeschi lavorano più ore rispetto agli italiani, che sono in classe tra le 18 e le 22 ore alla settimana, a differenza di quelli tedeschi che prestano servizio per 27 ore circa.
Il corpo docente in Italia è il più anziano tra i Paesi
Il corpo docente in Italia è il più anziano tra i Paesi dell’OCSE e l’Italia ha la quota maggiore di docenti ultra 50enni. Sebbene questo rapporto sia notevolmente diminuito nella scuola primaria e secondaria, dal 64% nel 2015 al 59% nel 2017 a seguito delle recenti campagne di assunzioni, l’Italia dovrà sostituire circa la metà degli attuali docenti entro i prossimi dieci anni.
Tuttavia, l’Italia ha il tasso più basso di insegnanti della scuola primaria e secondaria nella coorte dei 25-34enni (0,5%), rispetto al 3% tra i 50-59enni.
In Italia, il 68% degli insegnanti ha dichiarato che migliorare i salari degli insegnanti dovrebbe essere un’alta priorità di spesa, rispetto alla media OCSE del 66%.
Il rinnovo del CCNL
Diventare un insegnante non è semplice, anni di studio, formazione, precariato e un lungo percorso verso una cattedra di ruolo che non sempre arriva.
Una lunga trafila che se da una parte dà soddisfazioni a livello professionale, perché si fa il lavoro che si ama (o almeno si spera), dall’altra vede sminuire la figura degli insegnanti che dopo tanto patire non ricevono la dovuta valorizzazione economica.
Neppure il nuovo CCNL Istruzione e Ricerca entrato in vigore nel 2018 è servito a colmare il gap con l’Europa; come lamentato dagli addetti al settore, infatti, gli aumenti di stipendio riconosciuti sono troppo poveri per sperare in un’equiparazione con le retribuzioni degli altri Paesi europei.
A fronte di una diminuzione del potere d’acquisto di oltre 800,00 euro negli ultimi dieci anni, il nuovo CCNL ha portato l’importo netto dell’aumento di stipendio a non supera i 52€ mensili, poco più di 600€ l’anno.
In soldoni appare evidente che il rinnovo del contratto non sia servito per equiparare lo stipendio dei docenti italiani a quelli degli altri Paesi europei.