Alle OGR di Torino la presentazione di un volume che vuole raccontare in maniera divulgativa a che punto è la ricerca scientifica nel campo della computazione quantistica
Che cosa c’entra la fisica quantistica con l’arte della dislocazione spaziale? Apparentemente nulla se non fosse che entrambi i temi hanno trovato spazio nelle Officine Grandi Riparazioni di Torino, uno edificio di oltre 20mila metri quadrati (potrebbe ospitare 11 Airbus A320) che ha fatto da sfondo da una parte alla installazione di Mike Nelson L’Atteso e dall’altra alla presentazione di un libro edito da TAG dal titolo Quantum Computing scritto dal Managing Director di Endeavor Italia Raffaele Mauro.
A pensarci bene però l’ambientazione quasi spettrale ed enigmatica, il panorama scuro del maestoso complesso industriale di fine Ottocento nel cuore di Torino completamente ristrutturato e aperto un anno fa al pubblico grazie agli investimenti della Fondazione CRT, ben si adattano a fare da sfondo sia al parcheggio desolato e spaesante progettato dall’artista britannico dove ogni spettatore può immaginarsi storie diverse che attraversano le macerie poste tra le auto in attesa al drive in, sia alla presentazione di Quantum Computing volume che ci trasporta verso un futuro non troppo lontano (anzi forse già presente) in cui potremo trovare soluzioni a problemi complessi e magari anche sconosciuti grazie a una nuova potentissima macchina costruita in laboratorio.
Computer quantistici: a che punto siamo
“Si parla di computer quantistici già dagli anni 70 – racconta nella sua presentazione Raffaele Mauro – ma solo negli ultimi anni stiamo effettivamente vedendo le possibilità concrete che ci offrono e che ci potranno offrire questi strumenti”. I computer quantistici, di cui ancora non ne esiste un modello abbastanza potente da poter sviluppare a pieno tutte le sue potenzialità, sono strumenti che potranno risolvere problemi che i normali computer non possono trattare efficientemente e potranno farlo in tempi brevi. “Alcune delle potenzialità del computer quantistico sembrano fantascienza ma è proprio per questo che grandi corporate e Stati non stanno sottovalutando il lavoro fatto da scienziati, fisici e ingeneri e anzi stanno investendo denaro e risorse per essere tra i primi ad avere a disposizione questa tecnologia”.
Per poter capire più a fondo di cosa si parla quando si affrontano argomenti come la fisica quantistica e la computazione, alla presentazione del libro è stato invitato Andrea Rocchetto, ricercatore di quantum computing alla Oxford University, uno studioso parte di una piccola comunità che oggi lavora per studiare le potenzialità di questi super computer. “I computer quantistici possono risolvere problemi definiti come complessi e che non seguono le regole della fisica classica, per esempio potranno risolvere i problemi della crittografia e potranno essere utili a scoprire nuovi farmaci risolvendo operazioni che i computer classici non possono risolvere efficientemente. Inoltre costruire un computer quantistico è importante anche da un punto di vista scientifico: ci aiuterà a comprendere quali sono i limiti di quello che si può effettivamente contare”.
Com’è fatto il computer quantistico
I computer quantistici sono diversi da quelli tradizionali fin dall’origine infatti si basano su un’unità differente: il qubit, termine coniato da Benjamin Schumacher per indicare il bit quantistico ovvero l’unità di informazione quantistica. Ma i computer quantistici come si presentano? “Se si vuole immaginare il tipo di computer quantistico attualmente più sviluppato bisogna pensare a un cilindro di grandi dimensioni, circa 2 metri di altezza, quasi completamente vuoto al suo interno. Il cilindro serve ad abbassare la temperatura perché il computer quantistico per funzionare deve essere portato a una temperatura vicina allo zero assoluto. All’interno del cilindro, fissato su di un supporto, si trova quello che è effettivamente il processore quantistico”.
Gli investimenti fatti finora dalle Big e dai Venture
Uno strumento che difficilmente potrà essere alla portata di tutti. Esistono però già dei super computer su cui società come Google, Microsoft, IBM ma anche i più importanti fondi di Venture Capital al mondo stanno investendo. “Google per esempio dispone di un chip di 72 qubit sui cui lavorano più di 100 persone che stanno studiando 10 potenziali applicazioni – spiega Mauro – e inoltre ha costituito il Google-Nasa Quantum AI Lab dedicato alla ricerca della intersezione tra Intelligenza Artificiale e computazione quantistica. Microsoft ha fatto investimenti importanti anche in termini di software, e anche IBM dispone di un device superconduttivo da 50 quibit”. Anche in ambito startup ci sono delle realtà che hanno ottenuto finanziamenti milionari come Rigetti, società californiana fondata nel 2013 che oggi ha 80 dipendenti e che ha raccolto 70 milioni di dollari di investimenti in capitale di rischio con fondi come Y Combinator, Adreessen Horowitz, Founders Fund e Bloomberg Beta.
Un’altra realtà interessante è DWawe: “Ha raccolto 200 milioni di dollari di Venture Capital e stanno già commercializzando un dispositivo computazionale che sfrutta effetti quantistici ma che, a causa della mancanza di un meccanismo di correzione degli errori, non può offrire i vantaggi computazionali di un vero computer quantistico”.
Tra panorami da guerra fredda con la corsa degli Stati (dagli Usa alla Cina) a costruire il primo computer quantistico e possibili scenari di spionaggio industriale, resta chiaro che se ci sono investimenti di questo calibro e se gli esperti di computazione quantistica sono “merce rara” da portare in casa, le aziende intravedono già i potenziali usi commerciali del super computer che, come ricorda Rocchetto: l’utilità principale dei computer quantistici non sarà nel risolvere più velocemente operazioni chi i computer classici già svolgono efficientemente. “Se le cose andranno bene e continueremo ad avanzare nella ricerca – aggiunge Rocchetto – avremo la risposta a problemi ad oggi insoluti e potremo trovare molecole nuove da usare per farmaci ad oggi inesistenti, troveremo una soluzione per la produzione di fertilizzanti che ad oggi hanno un costo ambientale altissimo e che potremmo produrre con molto meno sprechi e in modo più efficiente. Avremo soluzioni a problemi di sicurezza e crittografia con cui dobbiamo confrontarci ogni giorno, ed è possibile che esistano applicazioni vantaggiose in termini di velocità anche per quanto riguarda il machine learning”.
L’Italia è indietro rispetto all’Europa
Sembra un futuro lontano e intangibile ma non è così e per questo in Europa molte Università e centri di ricerca stanno operando in questo campo, dalla Gran Bretagna, all’Olanda, dalla Svizzera, all’Austria. L’Italia ha alcune eccellenze, come il gruppo guidato da Fabio Sciarrino alla Sapienza di Roma, ma manca di una comunità più corposa e di un’iniziativa che coordini e promuova le attività nel settore. Iniziative che sono invece presenti in altri paese Europei con cui le distanze sembrano difficilmente colmabili nel breve periodo”. Forse però bisognerebbe pensarci (e magari cercare di portare indietro alcuni studiosi italiani espatriati) infatti, come apprendiamo durante la chiacchierata, al mondo non ci sono più di 300 esperti qualificati nella teoria della computazione quantistica, molto pochi anche rispetto alle potenzialità di questa ricerca e al bisogno che se ne potrebbe avere in futuro.