Crowd4Africa, il progetto di 15 studenti dell’Istituto Massimo di Roma, è stato presentato ieri a Papa Francesco: prevede la realizzazione di mini-fabbriche da inviare in Africa per poter realizzare le protesi in autonomia
Chi considera la raccolta differenziata come qualcosa di naif o da ambientalisti “fissati”, oggi dovrà necessariamente ricredersi. Chi l’avrebbe mai detto che dal riciclo dei tappi delle bottiglie di plastica si possono ottenere delle protesi, aiutando i bambini che purtroppo hanno perso braccia o gambe? Fautori di questo miracolo sono gli studenti del progetto Crowd4Africa, che è stato raccontato ieri dai suoi 15 giovanissimi ideatori a Papa Francesco, al termine della sua udienza delle 12.
Il progetto nasce a Roma, nell’Istituto M. Massimo dei Padri Gesuiti, in seguito allo studio pubblicato dall’OMS secondo cui 20 milioni di persone nel mondo hanno bisogno di protesi, ma solo il 2% può beneficiarne a causa dei costi proibitivi. In Africa, inoltre, secondo una ricerca Onu pubblicata lo scorso anno, sta diventando sempre più difficile inviare aiuti umanitari. Lo studio evidenzia come il 60-80% del budget degli aiuti sia assorbito dai costi di spedizione dei materiali nelle aree di intervento. Per questa ragione, l’Organizzazione delle Nazione Unite invita alla sperimentazione diretta, ovvero in loco, della produzione di quanto occorre (oggetti di prima necessità in primis), abbattendo costi, rischi e tempi di approvvigionamento.
Ed è così che ha preso forma Crowd4Africa, il progetto nato grazie ad una campagna di crowdfunding, per fornire agli ospedali africani un sistema in grado di produrre protesi e pezzi di ricambio utilizzando plastica riciclata. 15 studenti (dai 7 ai 19 anni) dei corsi “For 3D world” e “Making 3D Printers”, supportati di 20 genitori volontari provenienti dal mondo dell’industria e dell’università, hanno messo a punto un sistema che, grazie ad estrusori e stampanti 3D, riesce a trasformare i tappi in protesi.
Data la necessità evidenziata dall’ONU di produrre sul posto gli oggetti indispensabili, lo scopo di Crowd4Africa è quello di mettere a disposizione dei medici che operano nel continente nero una sorta di ”mini fabbrica” per poter realizzare le protesi in autonomia. I primi due ospedali a cui andranno le “mini fabbriche” saranno il Lacor St. Mary Hospital in Uganda, gestito dalla Fondazione Corti ed il Centro Sanitario di Kenge in Congo, nel quale opera Chiara Castellani, uno dei pochi medici in un territorio di 5 mila chilometri quadrati.