C’è una nuova generazione di cervelli di ritorno che fanno startup e, sottovoce, stanno risollevando il destino di intere regioni del Sud. Un bel libro racconta questa rivoluzione: si chiama “Il Sud vola” e lo ha scritto Alessandro Cacciato. Ecco l’introduzione dell’autore
Hic et nunc è il titolo della prefazione de “Il Sud Vola” il libro che ho scritto al sud del sud, in provincia di Agrigento, dove è difficile arrivare a causa della mancanza di un’adeguata rete stradale e dove mancano porti ed aeroporti. Eppure grazie all’allineamento di numerosi fattori che adesso, qui ed ora, sono a disposizione di tutti a prezzi accessibili, stanno nascendo dal basso piccole e grandi realtà imprenditoriali ed artigianali che stanno compiendo una vera e propria rivoluzione e che riescono, addirittura, a cambiare le mentalità sia nei grandi centri che nei piccoli paesini dell’entroterra siciliano.
Tre chiavi per leggere meglio il Sud
Chiave 1. Non è solo fortuna o sfortuna
«Tutto questo sta accadendo adesso, sottotraccia, quasi sottovoce. È ancora troppo debole, non fa statistica, non incide sui processi decisionali, non è percepito da buona parte della classe dirigente, che considera tutto questo marginale, spesso frutto di colpi di fortuna, perseverando nel vederlo come lontano e tentando anzi di allontanarlo ancor di più. Lo fanno perché ignorano i meccanismi che lo creano, le sue reti, i contenuti delle riunioni pubbliche e private, la condivisione di buone pratiche che spesso possono essere applicate alla pubblica amministrazione (P.A.) a costo zero».
Chiave 2. Quel Sud che non si arrende alla disoccupazione e alle mafie
«Le storie proposte in questo libro ancora non appaiono nelle statistiche ufficiali, perché solo in fase embrionale. Eppure, forniranno al lettore un quadro di come, nonostante tutti questi numeri, (si fa riferimento alle statistiche Istat e dello Svimez sul meridione d’Italia nei settori dell’economia e della disoccupazione giovanile che riportano da anni il segno negativo) molti giovani siciliani si siano attivati direttamente nel loro Sud, insieme a coloro che sono tornati a casa per motivi economici legati alla crisi che ha colpito il Nord Italia.
Vi racconterò di come questi ragazzi e ragazze non abbiano ceduto alla disperazione ma si siano anzi ingegnati per fare impresa nella legalità, cercando di riappropriarsi del proprio territorio di origine, lontani dalle logiche della clientela politica e dall’azione delle mafie, che oggi più che mai interagiscono con il sistema economico e sociale italiano, alterando le logiche di mercato attraverso la corruzione e l’evasione fiscale e determinando un impatto sul sistema dell’economia di 150 miliardi di euro annui, pari al 12% del Pil».
Chiave 3. Innovare nella tradizione, si può fare
«Con questo lavoro, ho cercato di raccontare un momento storico straordinario nel quale la grande scommessa è quella di coinvolgere fin da subito i giovanissimi, i disoccupati e, soprattutto, quelle persone che, avendo alle spalle anni di esperienza, sono fuori dal mercato del lavoro a causa della crisi economica e che tuttavia, oggi più che mai, sono elementi fondamentali per far interagire nuove tecnologie con antichi mestieri.
Infatti, adesso è possibile produrre oggetti anche da casa propria, grazie all’utilizzo delle stampanti 3D, che hanno raggiunto prezzi molto accessibili e che, data la velocità di sviluppo delle nuove tecnologie, molto presto entreranno nelle nostre case, così come accadde negli anni ‘90 con la diffusione delle stampanti per computer. In questa quarta rivoluzione industriale stanno ritrovando un senso economico molte professioni obsolete. Strumenti tecnologicamente avanzati possono essere introdotti nei settori tradizionali tipici siciliani e del made in Italy, aprendo a nuove soluzioni, nuovi mercati e indotti. In questo periodo storico, abbiamo finalmente sorpassato la separazione del mondo digitale da quello analogico: oggi, i due mondi dialogano, si contaminano e tutti noi possiamo partecipare a questa nuova unione, poiché accessibile nei costi e semplice nell’utilizzo, anche grazie alla diffusione delle informazioni tramite il web».
In queste righe ho riportato alcuni paragrafi tratti dalle introduzioni e dalla conclusione del libro per cercare di trasmettere quello che ho visto e conosciuto direttamente in questi tre anni di viaggio nel Sud Italia. Un viaggio cominciato il 13 novembre 2013 a Favara, dallo “Spazio nero” di Farm Cultural Park dove ho assisitito alla presentazione del libro “Cambiamo Tutto” – Laterza Editore, di un certo Riccardo Luna.
Qui di seguito riporto integralmente la prefazione del libro “il Sud Vola – Viaggio tra startup e giovani innovatori. E la pubblica amministrazione?” – Medinova Editore, dove viene riassunto quello che ho visto e che continuo a vedere viaggiando in lungo ed in largo per il Sud Italia.
La rivoluzione silenziosa dei giovani meridionali
Sono testimone di quello che sta accadendo nel Sud Italia qui e adesso. È qualcosa di assolutamente nuovo, privo di riferimenti con il passato e destinato a cambiare il modo di concepire il mondo del lavoro e il rapporto con la politica. I protagonisti sono i giovani – più o meno: ci sono i trentenni della generazione 1.000 euro, senza un futuro certo, almeno non quello cui eravamo abituati; ma ci sono anche studenti, imprenditori e disoccupati. Ancora più importante, ci sono bambini e gli adolescenti che cominciano ad affollare i coderdojo, i fab lab e le aree di coworking, dove prendono dimestichezza con gli attrezzi del mestiere delle professioni del prossimo futuro. Sono giovani che non si lamentano e si danno anzi da fare, che decidono di prendere in mano il proprio destino e – grazie a internet, alle nuove tecnologie e ai rapporti sociali che ne scaturiscono – si settano, si sintonizzano sui parametri della collaborazione e della legalità.
Aldo Bonomi del Sole24Ore la chiama “economia leggera”, mettendola “in antitesi all’economia pesante del fordismo, che poi si è scomposta in un primo postfordismo della fabbrica diffusa sul territorio e che oggi, leggera e proliferante, vive nel secondo postfordismo della conoscenza globale in rete a base urbana, fondata sui servizi che generano conoscenza su scala allargata”[1]. Non è un mondo perfetto e non tutti partecipano a questa vera e propria rivoluzione silenziosa che parte dal basso, ma i protagonisti sono tanti e stanno creando un effetto che attrae anche i più scettici. Il movimento produttivo e creativo, dal mio punto di vista, sta trovando più fermento nel Sud Italia, dove si registrano azioni virtuose sia nel settore pubblico sia nel privato; dove questi due mondi, così distanti, stanno cercando delle soluzioni di collaborazione inedite.
Cosa cambia tra Nord e Sud
I temi trattati al Sud sono gli stessi diffusi e condivisi in Nord Italia: è l’effetto della crisi ad aver reso uguale lo sconforto, la speranza, l’ingegno e la produttività. È un’Italia più unita che mai e, nel mondo dell’innovazione, il pensiero è uno solo: si pensa alle stesse cose, da Agrigento a Bolzano: frequentando i convegni e le manifestazioni sul tema dell’innovazione, ho notato infatti come la linea di pensiero sia unica.
Sembrano essere tutti sintonizzati sulla stessa frequenza e chi non riesce a connettersi, per limiti personali o per diffidenza, non capisce, non interagiste, si allontana. Sbagliando.
È il grande tema dell’innovazione tecnologica e sociale. I mezzi di comunicazione nazionali cominciano a occuparsene nelle pagine finali dei loro quotidiani, nelle rubriche della domenica o in timide sperimentazioni nelle programmazioni dei palinsesti televisivi e radiofonici. Chapeau al Nordest d’Italia che, come sempre, dimostra essere un terreno fertilissimo per le Piccole e Medie Imprese oggi già vicine ai temi dell’innovazione[2]. Questa volta, però, partecipa anche il Sud, con le sue meravigliose storie di ritorno che racconteremo nelle prossime pagine di questo libro.
I cervelli di ritorno (che fanno impresa)
Proprio così: le storie di ritorno, di giovani laureati che, oltre alla preparazione accademica, hanno fatto esperienza presso importanti realtà dell’economia internazionale ma che, per colpa della solita esasperante crisi, sono dovuti rientrare da mamma e papà. Giovani che, come leoni in gabbia, si sono ingegnati, hanno fatto rete e, grazie alle proprie intuizioni, sono riusciti a fare impresa anche partendo da isolatissimi paesi delle campagne siciliane.
I giovani imprenditori meridionali cominciano a generare una massa critica che guadagna dal proprio lavoro privato, pretende servizi dai comuni sgangherati dove risiede e che, finalmente, comincia a votare la propria classe dirigente con cognizione di causa, lontana da ogni tipologia di clientelismo e servilismo. Sono piccoli esempi che, a oggi, non possono ancora generare un cambiamento. Sono tuttavia esempi concreti, per la prima volta in assoluto in questa terra del Sud. L’esempio è il cardine di tutto questo movimento dell’innovazione. Non si tratta delle solite parole o di promesse alle quali siamo da sempre abituati e che ci hanno condotto allo stato attuale, ma sono realtà che si solidificano sul mercato: e il mercato, lui sì che è crudelmente meritocratico.
La rivoluzione sottovoce
Tutto questo sta accadendo adesso, sottotraccia, quasi sottovoce. È ancora troppo debole, non fa statistica, non incide sui processi decisionali, non è percepito da buona parte della classe dirigente, che considera tutto questo marginale, spesso frutto di colpi di fortuna, perseverando nel vederlo come lontano e tentando anzi di allontanarlo ancor di più. Lo fanno perché ignorano i meccanismi che lo creano, le sue reti, i contenuti delle riunioni pubbliche e private, la condivisione di buone pratiche che spesso possono essere applicate alla pubblica amministrazione (P.A.) a costo zero. È forse proprio questo il problema?
Condivido quanto scritto da Calo Alberto Tregua nell’editoriale del Quotidiano di Sicilia del 31 ottobre 2014 riguardo alla necessità di “una classe dirigente illuminata e altruista, che sia al servizio dei cittadini e dell’interesse generale. Dalla classe dirigente deriva il ceto politico che ha la più alta responsabilità della guida di una comunità. Ma spesso se ne dimentica”. Ciò che noto è che il non comprendere il nuovo che avanza fa chiudere certi dirigenti all’interno del loro lussuosi uffici, dove preferiscono fare quello che hanno sempre fatto, quasi dimenticandosi che, ormai, agiscono in un’Italia completamente diversa dal recente passato. Comprendere vuol dire studiare e studiare significa sacrificio. A risentirne è un tessuto imprenditoriale ancora in fasce e un sistema politico/burocratico esausto e squattrinato che, invece, avrebbe bisogno di essere rivoluzionato.
Questo determina la fuga delle menti migliori verso la Silicon Valley[3] o Shoreditch[4], dove chi ha una buona idea trova con maggiore facilità finanziatori, reti e opportunità di networking, dinamiche meritocratiche; dove riceve agevolazioni dallo Stato, qualora l’attività creata porti valore al Paese ospitante. Il mercato degli sviluppatori e degli ideatori di applicazioni, secondo il Politecnico di Milano, produce un giro di affari di 25,4 miliardi di euro: quanto di questo tesoro tratteniamo in Italia?
Come invertire la rotta
Occorre che la classe dirigente agisca adesso, in questa prima fase di nascita del settore legato alle innovazioni, per favorire il germogliare dell’ecosistema legato alle startup, innalzando il livello tecnologico, finanziario e culturale: tutti settori dove l’Italia è drammaticamente indietro pur avendo i più bravi ingegneri e sviluppatori. Non possiamo permetterci che tutto questo diventi solo una moda che alimenti unicamente gli studi dei consulenti. In questo libro raccontiamo anche di come un gruppo di privati, giovani e dinamici si siano messi a disposizione della pubblica amministrazione per aiutarli a prendere il passo del nuovo, anche a costo zero, con l’ausilio di volontari che mettono a disposizione gratuitamente il loro tempo.
Sbaglierei a dire che i dirigenti pubblici sono tutti uguali: ci sono casi in cui le amministrazioni collaborano con il nuovo e i risultati sono eccezionali.
Anche in questo caso, esempi tali sono rari, ma è rassicurante sapere che alcuni di loro sono al Sud: li racconteremo nei prossimi capitoli. Come dice Antonio Perdichizzi, creatore del Code4Catania[5], quando il privato o il singolo cittadino “passa dalla protesta alla proposta”, allora tutto cambia e cambia sempre in meglio. Tuttavia, ci vogliono uomini e donne di buona volontà, pronti a non subire passivamente il nuovo che avanza.
Dalle littorine ai Frecciarossa
Il tema dell’innovazione nella pubblica amministrazione, in questo libro, è centrale: abbiamo buona parte del personale pubblico che rimarrà in servizio per molti anni e che, però, è stata assunta quando ancora le ultime macchine da scrivere affollavano le scrivanie. Personale che ha vissuto in pieno l’arrivo dei primi computer e agli occhi del quale l’inaugurazione di ogni nuovo software viene vista come una tortura. Per loro, forse, sarebbe stato più comodo continuare a utilizzare i computer come moderne macchine da scrivere? È naturale che un giovane sia più propenso ad adattarsi al nuovo ma, dato che saranno necessari ancora diversi anni per avviare un sostanziale ricambio generazionale, dobbiamo, nel migliore modo possibile, aiutare il settore pubblico a fare meglio, anche grazie ai volontari[6], basta che sia da subito, anche con direttive drastiche – che dovrebbero arrivare dai piani alti. Ma in Italia sono pronti a questo passaggio?
Alcuni sono pronti, altri accettano la sfida. Altri no, ma non per questo dobbiamo aspettare: il mondo procede ad una velocità impressionante e negli uffici pubblici e privati arrivano programmi e software che riescono ad assecondare questa velocità: ma è come se avessimo a disposizione tanti treni “Freccia Rossa”, da fare guidare però a un esercito di conducenti di littorine.
Racconterò dei miei viaggi, che mi hanno portato a conoscere i maggiori innovatori del Sud Italia. Ho avuto modo di frequentarli grazie al mio blog [7], acquistato online a soli 30 euro, sufficienti ad avere l’opportunità di intervistare e conoscere molto da vicino gli innovatori e le dinamiche che hanno portato al successo le loro aziende, elaborando idee e prodotti dai loro piccoli paesi di origine.
Molte di queste aziende sono oggi leader nel loro mercato di riferimento e stanno scrivendo, questa volta in dialetto siciliano, piccole pagine di storia.
L’Università di Palermo, in questa mia esperienza, ha avuto un ruolo molto importante. Ho conosciuto professori illuminati che portano avanti con passione il proprio lavoro e stanno contribuendo a formare una classe di imprenditori pronti ad accogliere le sfide del mercato globale. È un’università che dialoga con l’Europa e che si inserisce in modo egregio nei settori professionali, apportando un grande contributo in termini di ricerca ed impresa.
Un intero capitolo l’ho voluto dedicare al Farm Cultural Park [8] di Favara (Agrigento) creato dal genio di Andrea Bartoli e Florinda Saieva. Da questo luogo è cominciato questo mio percorso di conoscenza, alimentato dall’apertura dei fondatori nel condividere esperienze e contatti dell’ecosistema. Contatti che, a loro volta, hanno contribuito a creare, in un luogo che precedentemente era stato sempre arido e ostile alle dinamiche proprie dell’innovazione sociale e imprenditoriale. Se oggi sono qui a scrivere di innovazione, è soltanto grazie al Farm Cultural Park.
Approfondisci: Il museo delle persone di Favara
Cambiamo tutto!
Il 13 novembre 2013, proprio in questa oasi di operatività creata nel Sud del Sud, a Favara in provincia di Agrigento, ho potuto ascoltare e conoscere Riccardo Luna nel corso della presentazione del suo libro Cambiamo Tutto [9]: da allora, la mia vita è effettivamente cambiata. Nel senso che quel luogo, le persone che lo animano, la lettura del libro di Luna e del prof. Enrico Moretti[10], mi hanno portato a dedicare buona parte del mio tempo libero a caccia di innovatori – A sua volta, inseguire l’innovazione mi ha fatto prendere coscienza, grazie al blog e ai tanti viaggi fatti su e giù per l’Italia, di come, oggi più che mai, sia possibile fare e fare bene, sia nel campo imprenditoriale sia in quello sociale.
Siamo nel bel mezzo di un processo di elaborazione di idee che sta determinando tanti piccoli cambiamenti nel modo di vivere di moltissime persone e, come per ogni genesi, c’è bisogno e c’è spazio per tutti: bisogna solo cominciare a dare un’occhiata fuori da casa nostra. Se volete, potete venire a scoprire cosa succede qui al Sud, in un piccolo pezzo di mondo migliore che vi sto per raccontare.
Questo libro non vuole essere unicamente un elenco delle eccellenze anche perché, mentre leggete queste righe, ne staranno nascendo molte altre, ancor più avanzate e altrettanto valide. Attraverso le interviste e le parole di Riccardo Luna, Annibale d’Elia, Maurizio Carta, Umberto La Commare, Mario Pagliaro, Andrea Bartoli e guardando alle esperienze di giovani startuppers partiti territori isolati e con fondi minimi, vogliamo tracciare una roadmap e fornire spunti per cominciare a discutere della creazione di un vero e proprio ecosistema innovativo, che dovrà avere come protagonisti i singoli players della nostra società. Prima, però, bisogna condividere obiettivi comuni ed elementi cardine: l’innovazione tecnologica e sociale, l’apertura ai giovani attraverso nuovi processi di relazione.
Alessandro Cacciato
@alecacciato