Matteo Cerri, ricercatore in Neurofisiologia, è incaricato dall’Agenzia Spaziale Europea di mettere a punto l’ipotermia per viaggi interplanetari. E attraverso la sua esperienza di docente ha formulato un’idea avveniristica e coraggiosa per la scuola del futuro
Matteo Cerri è uno di quegli scienziati in grado di sovrapporre scienza e fantascienza sul punto di massima densità, dove l’immaterialità dei sogni assume la concretezza della realtà. Ma è anche un docente con un’idea avveniristica e coraggiosa della didattica del futuro. 42 anni, medico e ricercatore in Neurofisiologia all’Università di Bologna, oltre ad indagare su come il cervello controlli l’attività dell’organismo, è stato incaricato dall’Agenzia Spaziale Europea di studiare l’ibernazione degli esseri umani, in previsione della missione su Marte del 2030. Lo abbiamo incontrato al TEDx Cesena, partendo da una semplice domanda: l’ibernazione è ancora fantascienza?
“Non più – risponde Cerri – Abbiamo realizzato passi importanti per renderla attuale. Si tratta di uno stato molto complesso d’ipotermia nel quale il nostro consumo energetico si riduce quasi a zero, con le funzioni vitali rallentate al minimo. Ed è una condizione che non va confusa col sonno, tutt’altra cosa”. Il freddo estremo, quindi, come estrema risposta. Cerri parte da un antefatto ricavato dai libri di storia: “Durante la campagna di Russia i soldati semplici francesi feriti e curati in ambienti freddi, sopravvivevano molto di più degli ufficiali comodamente ricoverati in alloggi caldi e confortevoli”. Un passo decisivo è già stato realizzato da Cerri, che assieme ad altri otto fisiologi ha ibernato un ratto, mammifero che come l’uomo riesce a mantenere la temperatura anche in condizione avverse. Primo caso al mondo riuscito con successo, spalancando le porte ad una rinnovata visione del futuro.
Spegnere gli interruttori del cervello
Per raggiungere lo scopo ha studiato un’area del cervello che regola questi complessissimi meccanismi chiamata “raphe pallidus”. La grande difficoltà è proprio quella di spegnere gli interruttori per indurre lo stato d’ipotermia; per farlo col ratto, ha utilizzato una microcannula diretta nell’area contenente un neurotrasmettitore presente nei barbiturici. Tuttavia è nella fase del risveglio che troviamo le implicazioni più interessanti: “Al risveglio c’è un’attività fortissima dei neuroni e si sviluppano nuove sinapsi. Questo dinamismo potrebbe essere utilizzato nelle malattie neurodegenerative e per allungare la durata degli organi espiantati”. E pensando ai viaggi interplanetari, quali sarebbero i vantaggi? “Per raggiungere Marte si stimano nove mesi di viaggio con un costo di 60.000 euro per ogni kg di materiale e cibo da trasportare. Inoltre c’è il rischio di attacchi psicotici degli astronauti e radiazioni pericolose dovute ai protoni. Se riusciremo ad ibernare gli esseri umani oltre a ridurre i costi, risolveremo anche tutti i restanti problemi”. Con la didattica e la condivisione della conoscenza, lo avrete capito, Matteo Cerri ha una certa confidenza. Oltre a cercare di ibernare gli uomini, infatti, svolge attività di insegnamento all’Università. Esperienza che gli ha permesso di farsi un’idea avveniristica e coraggiosa della scuola del futuro.
Personalizzare la scuola
“Non siamo ancora in grado di prevedere l’esito scolastico di una persona, ma si sta lavorando sui dei test per definire attitudini e capacità. Se dovessimo arrivare all’analisi predittiva riusciremmo a personalizzare i percorsi didattici. Certamente bisognerà guardare il costo beneficio, ma l’utilizzo dei Big Data potrà aiutarci a raggruppare studenti a seconda delle loro effettive attitudini e talenti”. Anche l’arco temporale dell’insegnamento potrebbe diventare oggetto di ripensamento: “Oggi è tutto impostato sul fattore tempo, uguale per tutti con programmi identici, ma credo che andrebbe superato questo schema. Un ragazzo nato nei primi mesi dell’anno può avere uno sviluppo e una maturità molto diversi da un coetaneo nato negli ultimi mesi; ciò nonostante nel nostro modello didattico sono entrambi raggruppati nella stessa classe. In Finlandia, ad esempio, i tempi di insegnamento si modulano su classi di studenti per raggiungere risultati omogenei”.
Allineamento e discriminazione
Un approccio di questo tipo apre scenari complessi perché introduce differenze potenzialmente discriminatorie e Cerri ne è consapevole: “Nella società contemporanea orientata al futuro si cerca di formare persone che mantengano e arricchiscano la società stessa. Qualcuno potrebbe immaginare un mondo pseudo orwelliano impostato sulle performance, perciò servono molta cautela e attenzione, non perdendo di vista, però, i vantaggi. Ad esempio, se oggi reputiamo un medico non all’altezza, domani prediligendo una didattica personalizzata adattata alle effettive capacità, lo stesso medico incompetente probabilmente non ci sarebbe più. E aggiungo, perché formare 1.000 ingegneri quando invece ce ne serviranno solo 100? Non è forse un errore di orientamento scolastico? Dobbiamo ammettere che oggi non siamo ancora pronti nel sentirci dire che nostro figlio non potrà fare il medico. Per la nostra cultura è più importante la libertà di fallire, anziché la possibilità di migliorare. Se non forniamo a tutti le stesse opportunità facciamo una discriminazione; ma c’è discriminazione anche allineando tutti e richiedendo gli stessi risultati, ignorando le differenze, che invece andrebbero assecondate e valorizzate”.