Dai social network alle campagne di crowdfunding: così l’associazione che si occupa di bambini affetti da gravi patologie punta a creare un forte senso di community e aumentare l’engagement nei confronti dei potenziali donatori
Terzo Settore può diventare sinonimo di approccio innovativo non solo alla soluzione di un problema, ma anche al coinvolgimento delle persone. Soprattutto ora che il digitale ci pone di fronte a nuove e complesse sfide. La rubrica di StartupItalia! per il verticale Impact questa settimana racconta Dynamo Camp, l’associazione che offre gratuitamente programmi di Terapia Ricreativa a bambini e ragazzi affetti da gravi patologie.
Insieme a Roberta Mottino, responsabile della Comunicazione di Dynamo Camp, abbiamo approfondito come l’engagement di possibili nuovi donatori passi, oltre che da una corretta campagna d’informazione via social, anche da approccio innovativo come quello offerto dalle iniziative di crowdfunding.
La Terapia Ricreativa
Aperto nel 2007 a Limestre, provincia di Pistoia, in un’oasi di oltre 900 ettari affiliata WWF, Dynamo Camp fa parte del SeriousFun Children’s Network fondato nel 1988 dall’attore Paul Newman.
In oltre 11 anni di attività l’associazione ha gratuitamente ospitato più di 6 mila tra bambini e genitori nei programmi per le famiglie e raggiunto a domicilio o in ospedale oltre 16 mila ragazzi coinvolgendo e formando 5.481 volontari. Un network che in Italia nel 2016 ha raccolto 4,5 milioni di fondi. e che ora punta a rinnovarsi per diffondere sempre la Terapia Ricreativa.
Ovvero, la partecipazione dei bambini ad attività stimolanti che influiscono sulle loro potenzialità e, a lungo termine, garantiscono importanti benefici nella capacità di confrontarsi con la malattia.
Dynamo Camp sui social
“Noi di Dynamo Camp crediamo molto nelle possibilità che offre il digitale e, se tempo fa la gestione dei nostri canali social era affidata a un’agenzia esterna, oggi ci occupiamo direttamente di ogni singolo aspetto. Anche perché siamo convinti che nessuno possa raccontare la realtà di una onlus meglio delle persone che ne fanno parte”, spiega Roberta Mottino.