Sembra una comune maglia da palestra, ma è in realtà capace di allineare la postura di chi la indossa. L’invenzione di tre studenti premiata da Mattarella
L’amico ha un brutto incidente in bicicletta, finisce in coma e ne esce con danni alla colonna vertebrale, bisognoso di un busto ortopedico. Tanto è bastato a tre ragazzi di Rimini, Nicolò Vallana, Luca Fermi e Edoardo Puce, all’epoca ancora minorenni, per costruire un dispositivo finora mai inventato: un busto flessibile capace, attraverso l’elettrostimolazione, di indirizzare il paziente verso una corretta postura della schiena. “Il nostro compagno aveva dolori, non riusciva a stare seduto” racconta Nicolò a Startupitalia. “Ci siamo chiesti: possibile che nel 2018 nessuno abbia inventato uno strumento più avanzato?”.
Nasce il prototipo
I tre, che sono al penultimo anno dell’Istituto tecnico industriale Da Vinci di Rimini, si mettono al lavoro. “Abbiamo sfruttato il Fab Lab Romagna (laboratorio di innovazione digitale, ndr), un centro con cui collabora la nostra scuola”. E lì, prosegue Nicolò, “abbiamo cominciato a studiare la postura della schiena, come misurarla e intervenire per correggerla”.
Sei mesi dopo arriva il primo prototipo di Techno Back Brace, un busto che in realtà “è come una comune maglia da ginnastica, ma dotata di elettrodi cuciti all’interno”. Sono questi a stimolare la schiena, “la raddrizzano come se lo si facesse manualmente” precisa Nicolò. Inoltre “si allena il cervello a mantenere la posizione corretta”. Il tutto è gestito tramite una app.
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Un concorso vinto a Milano, e poi finalisti a Roma
Lavorando al prototipo, i tre capiscono che l’idea può essere lanciata sul mercato. Così, partecipano al concorso per giovani scienziati di Milano, e lo vincono. E ancora, sono rappresentati per l’Italia all’Eucys di Dublino, e finiscono finalisti su trecento progetti in un altro concorso a Roma. A marzo 2019 arriva anche la nomina del presidente della Repubblica Mattarella a Alfieri della Repubblica per il gesto di solidarietà compiuto. E subito dopo, grazie all’ente Aster (ente regionale per la crescita del territorio, ndr) che finanzia la trasferta, l’invito alla Mecca dell’innovazione, la Silicon Valley.
Il sogno della Silicon Valley: “In Italia non ci danno fiducia”
“Siamo stati una settimana per capire come industrializzare il prodotto”. Un’esperienza “indescrivibile perché puoi avvicinarti a realtà come Google e vedere come funzionano”. Ma percepire che aria tira in quei contesti rimanda, inevitabilmente, ai limiti dell’Italia. “Nella Silicon Valley se hai un’idea ci metti una settimana a raccogliere un milione di dollari, da noi neanche in un anno”. L’obiettivo di Nicolò e degli altri è di mettere in piedi una startup, ma gli ostacoli sono continui, “dovuti alla giovane età e al fatto che non è facile trovare chi creda in noi e ci finanzi”.
“Ci finanziamo con i nostri risparmi”
Per ora si sono finanziati in autonomia, senza sostegno da parte delle famiglie, spendendo per tutta la strumentazione “circa 7mila euro”. Risparmi raccolti con i lavori stagionali sulla riviera romagnola. D’estate Nicolò fa il bagnino, Luca il cuoco, Edoardo l’animatore. Nel frattempo le superiori sono finite, hanno tutti passato l’esame con risultati brillanti, tra 90 e 100. E si sono iscritti all’università, non scegliendo però una facoltà a caso. Nicolò Ingegneria biomedica, Luca Economia e Edoardo Ingegneria informatica, in modo da coprire “tutti i settori di cui avremmo bisogno per far partire un’azienda medica”.
Obiettivo è raccogliere 50mila euro
Al momento lavorano quotidianamente al loro progetto, a cui si è aggiunto anche un secondo prodotto: una maglia per chi fa vita sedentaria, che “cura con l’elettrostimolazione la lombalgia e la cervicalgia”. Tempo di finire i test e concludere le certificazioni, spiega Nicolò, “dopodiché potremo partire con un crowdfunding per la startup”. L’obiettivo è raccogliere almeno 50mila euro, senza sognare l’estero ma restando in Italia. Con in testa però il consiglio più prezioso ricevuto nel viaggio americano, secondo Nicolò: “Senza fallimenti non si arriva al successo, bisogna solo imparare a fallire meglio”.