In un articolo sul comportamento organizzativo intitolato “Imparare attraverso il fallimento: la strategia delle piccole perdite” Sim Sitkin della Duke University suggerisce di progettare tanti piccoli esperimenti per testare le nuove idee. Il consiglio è di farlo su piccola scala e a basso costo, lavorando con particolare attenzione sul processo. Senza focalizzarsi in modo ossessivo sul risultato. Gli obiettivi devono essere suddivisi, a loro volta, in micro obiettivi. In questo modo è possibile avere un migliore controllo e una maggiore flessibilità su ogni singola parte, sfruttando in questo modo i vantaggi marginali.
Fare esperimenti significa sperimentare per prove ed errori, per prove e apprendimenti. Sperimentare significa quindi portare il progetto al punto di rottura per ricavarne informazioni. Se vogliamo innovare, scoprire cose nuove, apprendere velocemente il solo modo per farlo è per trial and error. Questo metodo di sperimentazione può essere applicato anche al di fuori di un centro di ricerca o di un laboratorio. Possiamo adottarlo in un’aula scolastica, negli uffici di un ente pubblico, negli open space di un’azienda o di una start up. Per capire l’impatto di un simile approccio sul successo è interessante riportare la storia di Takeru Kobayashi.
Il fallimento è informazione
Takeru Kobayashi, un ragazzo giapponese piccolo e magro, è stato per anni il campione mondiale del Nathan’s Famous International Hot Dog Eating Contest, una gara che si tiene ogni anno – il 4 luglio – dal 1972 a Coney Island (New York). Una competizione bizzarra nella quale vince chi mangia più hot dog entro un tempo definito. Il pregiudizio rispetto alle sue caratteristiche fisiche rassicurò il campione in carica e gli altri avversari quando, nel 2001, Takeru Kobayashi partecipò per la prima volta alla gara.
Il record da battere era di 25 panini e 1/8 in 12 minuti, Takeru raddoppiò il record davanti allo stupore del numeroso pubblico americano e nel 2013 arrivò a mangiarne 69 assumendo in pochi minuti circa 20 mila calorie (280 per hot dog). Il giornalista Stephen J. Dubner incontrò Takeru Kobayashi qualche anno dopo e lo intervistò in uno degli episodi del podcast Radio Freakonomics e gli fece la domanda che tutti avrebbero voluto fargli ovvero come fosse riuscito in quell’impresa.
Gli ingredienti del successo di Takeru Kobayashi
Gli ingredienti della sua sbalorditiva performance sono questi: mindset, regole, immaginazione, sperimentazione, allenamento al fallimento. Mindset: mangiare tanti hot dog non è una questione di ampiezza di stomaco ma mentale. Non aveva nessuna possibilità di vincere la gara se avesse contato esclusivamente sulle sue qualità, o in questo caso difetti, fisici. Doveva evidentemente puntare su un altro fattore: l’autoconvincimento. Takeru Kobayashi si ripeteva ogni giorno che sarebbe stato il prossimo campione.
Regole: per affrontare la gara era necessario conoscere il regolamento nel dettaglio, capire esattamente cosa c’era scritto ma soprattutto cosa non c’era scritto e quindi cosa non era vietato. L’hot dog, composto da panino e würstel, doveva essere interamente consumato. Era possibile aiutarsi bevendo acqua o altre bevande e aggiungere eventuali salse per facilitare la deglutizione. Non si poteva rigettare il cibo, gli americani la chiamano più elegantemente «reversal of fortune». Immaginazione: la domanda di tutti i concorrenti era «Come posso accogliere nello stomaco il maggior numero di panini?» La risposta: attraverso una dieta ferrea fatta di moltissima acqua e gomme da masticare per allargare le mandibole, ore di training per dilatare lo stomaco, apprendimento delle tecniche di masticazione.
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Takeru si pose un quesito diverso «Come posso rendere più semplice il processo?» Sperimentazione: il solo modo che aveva per capire come semplificare le diverse azioni era disegnare un programma di allenamento basato sullo sperimentare per prove ed errori. Partendo dalle informazioni a sua disposizione, formulò alcune ipotesi e iniziò a testarle. Registrò tutti i dati che raccoglieva in ogni esperimento e individuò differenti strategie per ogni micro obbiettivo che si era posto. Allenamento al fallimento: ogni giorno sperimentava una tecnica dopo l’altra, metteva alla prova le sue ipotesi, la maggior parte delle quali si rivelarono fallimentari rispetto all’obiettivo: ridurre al minimo i tempi. Ma dai fallimenti traeva informazioni utili che riportava nella sua tabella di lavoro.
Chi non conosce le regole non può infrangerle
Come ha combinato questi ingredienti per arrivare alla vittoria? Takeru aveva osservato i concorrenti. Quasi tutti mandavano giù, senza masticare, enormi bocconi di pane e würstel, bevendo contemporaneamente acqua o altri liquidi per aiutarsi.
Provò dapprima a spezzare in due il panino, a separare il pane dalla carne, a immergere il pane nell’acqua, poi nell’ acqua a differenti temperature, poi in acqua e olio. Successivamente si concentrò sulla masticazione e sulla deglutizione per individuare la tecnica migliore che gli consentisse di aumentare la velocità e ridurre i tempi.
La soluzione a cui arrivò fu quella di separare i panini dalla carne (nel regolamento non era specificato che non si potesse fare), mettere i panini nell’acqua, mangiare i würstel, due per volta, e poi ingurgitare i panini imbevuti. Facile no? A posteriori le idee di successo degli altri sono quasi sempre scontate.
Porsi le giuste domande
Un buon esperimento è quindi progettato in modo tale che, indipendentemente dal risultato sperato, le persone possano imparare qualcosa di nuovo, comprendere il potere dell’iterazione e del miglioramento continuo. Un approccio che consente di prestare attenzione non solo al macro ma anche al micro, e di essere recettivi ai segnali dentro e fuori l’organizzazione. Sperimentate e ad ogni esperimento occorre chiedersi:
Quali informazioni ho acquisito grazie alla sperimentazione? Devo modificare qualcosa delle ipotesi di partenza? Cosa era sotto il mio diretto controllo e cosa no? Cosa ho imparato? Quali costi monetari e non monetari, tangibili e non tangibili ho sostenuto? Quali danni o benefici ne ho ottenuto in termini di reputazione?
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Questo approccio è fondamentale per l’apprendimento organizzativo, significa portare l’apprendimento dalle aule di formazione al luogo di lavoro. È un apprendimento esperienziale sui clienti e sui mercati, sul team e sulle persone.
Se a ciascuna risorse umana è data la possibilità di errare, sperimentare, confrontarsi, tutti saranno preparati nel cogliere le opportunità quando si presenteranno, e preparati nell’individuare i punti fragili dell’organizzazione e le minacce provenienti dal mercato.
Le 3 regole d’oro
La prima regola è focalizzarsi sull’apprendimento e non sul successo. Concentrandosi sull’apprendimento si acquisisce una mentalità resiliente e orientata al miglioramento continuo.
La seconda regola è ricordarsi che l’errore è informazione. Non è imperfezione, incompetenza, difetto. Accogliendo l’errore in quanto fonte di informazione non si è intimoriti o scoraggiati dai momenti di insuccesso.
La terza regola è rompere le regole. Possiamo smontare le regole soltanto se conosciamo ogni aspetto di una norma. La padronanza di ogni aspetto ci permetterà di infrangere gli schemi, assemblando, eliminando, ricomponendo ogni pezzo per distinguerci dagli altri. Questo sforzo mentale che ci consente di guardare situazioni e persone da nuove angolazioni, stimola il nostro subconscio e offre benefici enormi in termini di capacità di affrontare anche le difficoltà con una disposizione diversa e a visualizzare traiettorie alternative.
E voi che lezione avete appreso? Se volete raccontarmi la vostra storia di fallimenti e lezioni apprese, scrivetemi qui: redazione -chiocciola – startupitalia.eu