Sundar Pichai annuncia un altro prodotto, News Showcase, dove le testate avranno più controllo su quali storie condividere e come. Basterà a sciogliere un braccio di ferro che a Big G non interessa poi troppo?
Una nuova, pur cospicua, elemosina o un’apertura ragionata al mondo dell’editoria? Google mette sul piatto un miliardo di dollari in tre anni per gli editori di tutto il mondo – una torta che sembra enorme ma è enorme anche il mondo e gli editori sono migliaia – in cambio della possibilità di prendere i loro contenuti e piazzarli nelle sue vetrine, in particolare su Google News Showcase, una nuova sezione dell’aggregatore di notizie. Si tratta della pietra della discordia anche in Europa, dove gli editori chiedono da anni, col sostegno dei governi, di far pagare Big G per un lavoro che ritengono di saccheggio dei propri materiali e Google che invece risponde come, senza il suo aiuto, quegli articoli circolerebbero molto ma molto di meno sul web. Adesso, forse, una mezza tregua.
Pichai: “Uno sforzo che ripagherà gli editori”
Sundar Pichai, Ceo di Alphabet, ha infatti spiegato che l’azienda verserà il miliardo come compensazione, anche nella speranza di soffocare cause e indagini delle agenzie di controllo sulla concorrenza o la comunicazione di mezzo mondo: “Il nostro sforzo economico, il più grande fino ad oggi – ha scritto sul blog di Google – ripagherà gli editori e consentirà loro di pubblicare nuovi contenuti di alta qualità e migliori esperienze online per gli utenti che si informano”. Per capire le proporzioni dell’impegno, tuttavia, basti ricordare che lo scorso anno Alphabet ha fatturato poco meno di 162 miliardi di dollari raggranellando un utile di 34,3.
Come funziona Google News Showcase
Su Google News Showcase saranno gli editori a selezionare i pezzi e i contenuti da pubblicare sull’aggregatore per raggiungere i dispositivi Android e, poi, anche gli iPhone. Si partirà in Germania, con la partecipazione di testate come Der Spiegel, Stern e Die Zeit, e in Brasile, con Folha de S. Paulo, Band e Infobae. Poi la piattaforma si allargherà a Belgio, India, Paesi Basi e altri paesi, anche se l’Italia per ora non è stata citata. Si contano oltre 200 editori che hanno deciso di andarsi a prendere quest’altra boccata di ossigeno in mercati come appunto Germania e Brasile ma anche Argentina, Canada Regno Unito e Australia.
Il dibattito
“Questo approccio – ha aggiunto Pichai – è diverso da tutti gli altri nostri prodotti perché permette che ci siano le scelte editoriali individuali dei singoli editori su quali storie presentare ai potenziali lettori”. Non ha tutti i torti l’European Publishers Council che mette insieme alcune fra le più importanti testate come il Guardian, secondo cui in questo modo Big G se la sistema di nuovo come più gli conviene: “Presentando un suo prodotto, Google detta i termini e le condizioni del mercato, neutralizzando le leggi progettate invece per creare le condizioni per arrivare a una negoziazione onesta. E facendo così però può anche dire che sta aiutando il finanziamento dell’industria editoriale dell’informazione”. D’altronde che altro dovrebbe fare Google, se non “presentare un proprio prodotto”? Non fa l’editore ma fornisce servizi digitali a 360 gradi, per cui dopo i tira e molla degli anni scorsi ha riprogettato l’ambito delle notizie, che per giunta ha un ritorno pressoché inconsistente sui conti di Mountain View, per chiarire la situazione e dare un po’ di quattrini agli editori.
Presto ovunque, anche su Google Search
Rimane inoltre da capire che fine farà il tradizionale Google News, che dovrebbe in realtà ospitare Showcase come sezione in evidenza. Perché se viene introdotta la “vetrinetta” ma per il resto l’aggregatore rimane come prima, il problema si sposta ma non si scioglie. Il carillon di contenuti selezionati arriverà poi anche tramite ricerche standard (Google Search) e su Google Discover, il flusso di informazioni personalizzato offerto da Google. Fra l’altro la vetrina consentirà agli editori di presentare le notizie in modo più dettagliato, con i punti salienti o gli autori in evidenza, le notizie correlate e una timeline per ricostruirne l’evoluzione. Curiosa, ma anche coraggiosa, la scelta di partire proprio dalla Germania, insieme alla Francia uno dei mercati dove gli editori hanno più aspramente contrastato il lavoro di Google News e dove la “guerra degli snippet” si è sviluppata con modalità più feroci.