Auto a idrogeno? Questo vettore “vince” sulle brevi o lunghe distanze? Lo abbiamo chiesto al docente di “Conversione dell’energia”
Il 2022 è stato un anno dedicato al dibattito e agli investimenti sulla transizione ecologica. Poche settimane fa la notizia l’annuncio da parte degli Stati Uniti sui passi avanti nel campo della fusione nucleare ha attirato l’attenzione globale su come sarà l’energia del futuro. In attesa di quel domani, ancora lontano, torniamo a parlare di idrogeno e del suo ruolo nella conversione energetica. Dopo averne parlato con il ricercatore del CRN Nicola Armaroli, abbiamo chiesto a Gianluca Valenti, professore associato di “Conversione dell’energia” al Politecnico di Milano come e se l’idrogeno possa rivoluzionare il settore della mobilità. Quali mezzi sarà più conveniente fare andare a idrogeno? L’auto è tra questi?
Professore, una domanda preliminare. Quando pensa che l’idrogeno riuscirà a diventare una scelta competitiva sul mercato dell’energia in Italia?
«Al momento non esiste un mercato dell’idrogeno come vettore energetico. Oggi è un prodotto per processi chimici, petrolchimici e siderurgici. Questo perché è economicamente non competitivo. Dico però che l’idrogeno non è interessante perché un domani costerà meno di benzina, diesel o kerosene. Lo è dal momento che parliamo di un combustibile verde».
Parliamo di tempistiche.
«In prospettiva credo che l’idrogeno si svilupperà attraverso progetti pilota nel prossimo quinquennio. Sulla mobilità esistono già dei modelli di automobili a idrogeno, mentre i primi progetti per veicoli di più grandi dimensioni sono quelli dei treni a idrogeno, ad esempio in Val Camonica che entreranno in esercizio fra pochissimi anni. Verso il 2027 solcheranno i mari le prime navi da crociera a idrogeno. Entro il 2035 Airbus produrrà poi aeroplani di questo tipo».
E che ruolo giocherà l’idrogeno negli spostamenti?
«Varierà a seconda dello specifico settore della mobilità. Dove gli spostamenti sono a breve raggio su veicoli leggeri, dunque dal monopattino all’auto, il vantaggio dell’idrogeno non è così forte. Anzi: la mobilità elettrica è già oggi competitiva. Ma le cose possono cambiare se introduciamo la variabile dell’infrastruttura elettrica attorno alle vetture».
Cioè?
«Se tutti i condòmini di un palazzo avessero oggi un’auto elettrica, la cabina non avrebbe probabilmente la potenza necessaria per ricaricarle tutte. Il vantaggio dell’idrogeno sta nel fatto che potrà essere distribuito sfruttando in parte l’infrastruttura del gas naturale già esistente. In Inghilterra e in Olanda alcuni quartieri sono stati riconvertiti all’idrogeno sfruttando in parte l’infrastruttura presente. Se si trasportasse l’energia in forma di idrogeno attraverso la rete lungo la quale viaggia il gas naturale ci sarebbe un vantaggio complessivo».
Quando si parla di idrogeno, però, molti sollevano la questione sicurezza.
«L’idrogeno è, per così dire, più infiammabile del gas naturale. Ma non è tanto più pericoloso da richiedere procedure e pratiche diverse. Quando organizzo seminari in università sull’idrogeno si tocca sempre il tema sicurezza. E la mia domanda provocatoria è la stessa: quanti di noi controllano i pomelli del gas prima di andare a letto? Risposta: pochissimi. In altre parole, il gas che utilizziamo in casa non è percepito come un pericolo. L’elemento davvero di pericolosità è che, a differenza della fiamma del gas naturale, quella dell’idrogeno è incolore».
Torniamo alla mobilità. Abbiamo detto che fino alle auto l’idrogeno non è conveniente. Dunque dove lo diventerebbe?
«In casi di spostamenti a lunga percorrenza con mezzi pesanti. Rispetto alle batterie, i sistemi di accumulo di energia a idrogeno permettono di avere camion più leggeri e con maggiore autonomia. In particolare la leggerezza relativa si apprezza ancora di più quando i percorsi non sono in pianura. In situazioni simili l’idrogeno tecnologicamente inizia ad essere competitivo».
Dunque lo stesso varrebbe anche per i treni?
«Assolutamente sì. In particolar modo per quelle linee difficilmente elettrificabili. Prendiamo il caso della Val Camonica: dal momento che le gallerie erano state costruite con criteri diversi è difficile oggi elettrificare quelle tratte. L’idrogeno diventa quindi una validissima alternativa».
E per navi e aerei?
«Sulle navi di tipo mercantile la mia sensazione è che il settore guardi più all’ammoniaca che all’idrogeno come vettore energetico. L’ammoniaca prodotta da idrogeno verde è un combustibile verde sintetico. Nel trasporto passeggeri, invece, questa scelta non è stata fatta. Per quanto riguarda gli aerei la leggerezza che si otterrebbe grazie all’idrogeno diventa una chiave di indiscussa vittoria sull’elettrico. Per andare dall’altra parte del mondo l’idrogeno diventa la via tecnologica».
Il Mezzogiorno può diventare un hub di produzione dell’idrogeno?
«Il sud è un ottimo candidato. L’idrogeno ha un grande vantaggio rispetto all’elettrone. Può essere più facilmente accumulato per periodi medi e lunghi. Se si parla di produrre elettricità in una stagione per poi utilizzarla in un’altra, allora l’idrogeno vince. D’altra parte, va detto, non è comunque facilissimo accumularlo: le cisterne di kerosene, per esempio, sono più comode, mentre l’idrogeno o va compresso oppure liquefatto. E questo richiede energia. Tutto sommato, comunque, l’idrogeno rimane un ottimo metodo per accumulare energia per settimane, mesi e stagioni».