Ha inventato quella che per tutti ormai è la barca in valigia, ovvero una imbarcazione pieghevole, da riporre dove non ci si aspetta. Un borsone dalle dimensioni contenute, dove c’è dentro tutto quello che serve per montare la barca.
Cos’è la barca in valigia
Scafo, calpestio, seduta centrale, piattaforma di poppa, pagaia, pompa e kit di riparazione. Pesa 35 chili. Si prepara in 10 minuti, si smonta in 5. Lui è Jacopo Sandonà, ha 27 anni e da sempre la passione per la pesca in barca, ereditata dal nonno. «La massima espressione della pesca è in barca. Con il nonno abbiamo pescato ovunque, nei fiumi, nei laghi, al mare, in Canada». Ha fondato un’impresa, dove produce barche smontabili, alcune parti in alluminio, altre gonfiabili. Usa Instagram per farsi conoscere e vende in tutto il mondo. «Lunga 4 metri, può ospitare 4 persone, circa 400 chili di portata, è sicura, non ribaltabile, conforme alle norme europee, e super accessoriata».
L’idea della barca in valigia
Di Monza, il padre ha un’officina in cui Jacopo ha passato l’infanzia a costruire cose. E a pescare. «Da grande, dicevo, farà il biologo marino». Poi frequenta il liceo artistico, si iscrive al primo anno di IED, design di prodotto. Il suo progetto della barca smontabile nasce in quegli anni. «Volevo pescare in ogni luogo, essere indipendente. Non avevo un box dove metterne una, lasciarla in una rimessa costava troppo, non avevo un carrello per trasportarla. Finivo per noleggiarla sempre. A un certo punto ho pensato: ci sarà una barca smontabile? La metto in una borsa, la carico nel baule dell’auto e parto. Non ho trovato nulla e mi sono detto: provo a costruirla io»
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Così inizia a studiare online, come autodidatta, impara tutto, si mette al lavoro. «Ho appreso molte competenze specifiche, so tutto sulla dinamica, sulla strumentazione di bordo, sulla motorizzazione». Nel 2018 si crea da solo la sua prima barca.
Jacoboat prende il largo
La chiama Jacoboat. Inizialmente Jacopo non pensa di farne un lavoro. Per un anno usa la barca in valigia ovunque e mentre gira per fiumi e laghi, i pescatori iniziano a chiedergli: dove l’hai presa? Come si fa ad averne una? L’idea di costruirne altre, inizia a farsi sempre più concreta. Poi chiede se può esporla durante una competizione di pesca a Centro Cadore. «Piaceva tantissimo, tutti mi chiedevano informazioni, ho capito che potevo farne un lavoro». Così molla gli studi, ne crea tre. «Spendevo 800 euro, la rivendevo a 1600».
Con il fratello minore decide di creare un’azienda: la Neptvn Boat. Per farsi conoscere usano Instagram «Non abbiamo mai speso soldi per la pubblicità. Abbiano iniziato a vendere sui social. Uno dei primi ordini è arrivato dalla Lapponia. Non ci potevamo credere. Facciamo tre reel a settimana. E alcuni di questi post raggiungono anche milioni di visualizzazioni».
Dal primo piccolo box da cui sono partiti, i due fratelli si spostano in un capannone piu grande, a Concorrezzo. E per farcela chiedono inizialmente un prestito al padre per pagare l’affitto. «Non esiste un prodotto come il nostro, per certe caratteristiche la nostra barca è unica. Noi facciamo tutto l’assemblaggio, montiamo le barche in serie. Il motore è esterno alla borsa, si usano soprattutto gli elettrici, occupano poco spazio e pensano anche solo 5 chili. Abbiamo investito sulle certificazioni. Il modello base costa 4mila euro. Quello super accessoriato arriva a 22 mila euro».
A oggi Jacopo ne ha vendute 300. I clienti arrivano da tutto il mondo, l’80% dall’estero. «Abbiamo venduto negli Emirati, a Porto Rico, in Francia, in America. I clienti? C’è chi è appassionato di nautica, pesca o esplorazione. Chi la prende per la famiglia per andare a fare il bagno. Ci sono i grandi distributori americani di kayak e barche. Con il nostro prodotto si possono fare mille avventure.
Si può guidare senza patente. Con gli ambassador di uno dei brand di attrezzatura da pesca più conosciuti abbiamo organizzato una spedizione nel lago alpino di Neves. È un lago con un accesso impossibile per un natante a motore, siamo stati la prima imbarcazione nella storia a navigarlo». Tante le soddisfazioni. «Non farei nient’altro. Siamo riusciti a fare innovazione con un lavoro manuale, terra a terra. Funziona. Mi impegno moltissimo. E più mi impegno, più ottengo risultati». Peschi ancora? «Certo. E ho due record mondiali grazie a due carpe da 16 e 19 chili che ho pescato in Piemonte».