A Washington i leader ragioneranno anche di forniture
L’incontro di oggi, martedì 10 maggio, tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden a Washington andrà a scrivere una nuova pagina nel lungo rapporto di amicizia tra i due paesi. Entrambi i leader vivono un fase delicata del proprio mandato. Biden fa i conti con un tasso di inflazione all’8,5% (ai massimi dal 1981) e un calo di popolarità; Draghi sconta da parte sua i conflitti interni al governo con il leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, che chiede chiarimenti su spese militari e Superbonus. Nello Studio Ovale, però, gli argomenti verteranno sulla politica internazionale, a cominciare dalla guerra in Ucraina, per concentrarsi anche sul vertice NATO di giugno. E poi, tra le priorità, svetta la questione energetica. Il gas americano che peso ha nel percorso di affrancamento da quello russo?
Quanto accaduto dopo il 24 febbraio 2022, giorno in cui è partita l’invasione russa dell’Ucraina, ha avuto conseguenze concrete non soltanto negli equilibri politici. L’Europa, e in particolare l’Italia, dipende da Mosca per quanto riguarda l’energia. E non da pochi anni: per quanto riguarda le forniture di gas, Roma ha avviato i rapporti bilaterali con l’URSS a cominciare dal 1969, anno in cui venne firmato il primo contratto. In oltre mezzo secolo, resistendo anche a frizioni politiche, il legame tra Italia e Russia non sembra aver mai messo in discussione il gas.
Dopo l’invasione dell’Ucraina e le parole inequivocabili di Putin, pronunciate anche ieri durante la parata del 9 maggio (ha di fatto incolpato l’Occidente per quanto sta accadendo nell’est Europa), Bruxelles sembra sempre più decisa a divorziare dagli accordi con Mosca. Negli ultimi mesi lo sguardo italiano si è spostato verso altri Stati che potrebbero sostituire in parte il gas russo: con Algeria ed Egitto gli accordi sono già stati raggiunti, mentre sono in corso con altri paesi africani come Angola, Mozambico e Repubblica del Congo. L’Italia guarda però anche Oltreoceano, a Washington.
L’incontro di oggi tra Draghi e Biden sancirà senz’altro un rafforzamento dei rapporti tra i due paesi, accomunati al momento da leader che condividono non pochi punti sull’agenda politica globale. La nostra transizione energetica, intesa anche come affrancamento da Mosca, quanto può però contare sul gas americano? Per inquadrare lo scenario europeo è utile riportare i numeri. Germania e Italia sono i paesi che importano più gas russo di tutti nel vecchio continente: rispettivamente 65,2% e 43,3% del totale. Come si nota da questo articolo del Post, la quota italiana di gas russo importato è leggermente scesa negli ultimi anni (nel 2018 era al 48%), ma si tratta pur sempre di una fonte ancora oggi complessa da sostituire. In tutto la Russia esporta 155 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso l’Unione Europea.
Qual è il piano? Oltre agli accordi con diversi paesi africani, Roma punta anche sulla relazione con Washington. L’ISPI, in questo approfondimento, non ha dubbi: il gas americano non basterà per voltare le spalle a Mosca. Biden ha già mostrato la propria vicinanza agli alleati UE, promettendo 15 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto nel 2022. Questo significa garantire appena un quinto dei bisogni italiani di gas. Senza contare il capitolo costi: il prodotto USA costerà di più rispetto a quello russo, come riferisce sempre l’ISPI. La Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha però garantito che l’Europa diventerà un cliente sempre più importante per Washington: a tendere, la domanda europea toccherà i 50 miliardi di metri cubi di gas americano. Nel frattempo occorrerà investire parecchio in impianti, come i rigassificatori.