Oltre 2 trilioni di dollari. Questo il conto presentato dal cambiamento climatico sommando i disastri compiuti da un clima sempre più estremo e inospitale negli ultimi dieci anni.
Quanto ci costa il cambiamento climatico
Con riferimento agli eventi meteo estremi dell’ultima decade gli Stati Uniti risultano il Paese più colpito (934,7 miliardi di dollari), seguiti dalla Cina con 267,9 miliardi di dollari e dall’India (112 miliardi di dollari). A riportarlo è il rapporto Oxera per la Camera di commercio internazionale presentato in occasione della Cop29. I ricercatori hanno esaminato circa 4.000 eventi che hanno avuto un impatto su 1,6 miliardi di persone.
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Tra i Paesi europei è sesta la Germania con 65,4 mld di dollari e subito sotto, settima, si posiziona l’Italia con 35 miliardi di dollari di impatto tra il 2014 e il 2023. La parte francese della piccola isola caraibica di Saint Martin ha sostenuto il costo più elevato pro capite: 5,1 milioni di dollari in totale, ma il costo medio a persona è stato di 158.886 dollari.
Solo negli ultimi due anni, viene evidenziato nel rapporto, i danni economici globali hanno raggiunto i 451 miliardi di dollari, con un aumento del 19% rispetto agli otto anni precedenti.
Quanto ci costa restare a guardare
Se non si intraprendono azioni coordinate sul clima, il mondo potrebbe affrontare perdite economiche quantificabili dal 10 al 15% del PIL globale entro il 2100. Lo sostengono i ricercatori dello studio “Why Investing in Climate Action Makes Good Economic Sense” condotto da Boston Consulting Group (BCG), Cambridge Judge Business School e il Cambridge ClimaTRACES Lab. Il rapporto sottolinea che investire meno del 2% del PIL cumulativo in sforzi di mitigazione fino al 2100 potrebbe limitare l’aumento della temperatura globale a meno di 2°C, evitando gli impatti economici.
Due gli scenari analizzati: uno che vede invariati gli attuali livelli di investimento nella mitigazione, che porterebbero a un aumento della temperatura di oltre 3°C entro il 2100 e uno che ipotizza investimenti sufficienti nella mitigazione per limitare il riscaldamento a meno di 2°C. Lo studio ricava il costo netto dell’immobilità quantificando gli impatti economici evitati limitando il riscaldamento a meno di 2°C e gli investimenti necessari in mitigazione e adattamento.
Senza ulteriori azioni, il mondo potrebbe subire perdite dal 16% al 22% del PIL cumulativo entro il 2100, equivalenti a una riduzione del tasso di crescita globale annuale di circa 0,4 punti percentuali. Dall’altro lato, investendo meno del 2% del PIL cumulativo in sforzi di mitigazione fino al 2100, è possibile evitare perdite economiche stimate tra l’11% e il 13% del PIL cumulativo. Pur limitando il riscaldamento a meno di 2°C, saranno necessari investimenti in adattamento, poiché la temperatura continuerà a salire rispetto agli attuali 1,1°C e alcuni costi riguardano emissioni del passato. Gli investimenti necessari sarebbero però inferiori all’1% del PIL ed eviterebbero perdite economiche più gravose, fino al 4% del PIL.