Ingenti spese in vista per proprietari ma anche affittuari. La normativa sulle case green prevede che entro il 1° gennaio 2030 tutti gli immobili residenziali debbano raggiungere la classe energetica E, ed entro il 2033 la classe D, per arrivare a zero emissioni nel 2050. Quale potrebbe essere l’impatto su affitti e mutui? Abbiamo provato a capirlo con Nicoletta Papucci di MutuiOnline.it
Dopo l’approvazione della nuova disposizione europea per l’efficienza energetica degli immobili che cosa succede? Secondo un sondaggio effettuato da MutuiOnline.it, nonostante un aumento dei costi del 25% per l’impennata dei tassi, il numero dei mutui green nel 2022 è cresciuto del 324%. Ma dopo il via libera della Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento europeo alla nuova disposizione, in attesa della sessione plenaria prevista per questo marzo, quale direzione potrebbe prendere il settore immobiliare? Abbiamo fatto un’analisi dei possibili scenari che potrebbero presentarsi.
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Che cosa cambierà?
La direttiva europea già discussa e approvata in Commissione al Parlamento Europeo potrebbe avere un grande impatto sul mercato immobiliare nei prossimi anni. Nello specifico, la normativa sulle “case green” prevede che entro il 1° gennaio 2030 tutti gli immobili residenziali debbano raggiungere la classe energetica E, ed entro il 2033 la classe D, per arrivare a zero emissioni nel 2050. La norma ha l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra provenienti dal settore immobiliare che, secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, nel 2020 causava il 35% delle emissioni in Europa tra combustibili fossili, elettricità e riscaldamento. Oggi in Italia ci sono 9,8 milioni di edifici – il 78% del totale – in classe energetica E; circa 27 milioni di abitazioni residenziali (secondo i dati dell’Osservatorio MutuiOnline.it). Stimando una spesa per famiglia – ad abitazione – di 20mila euro, il costo complessivo di questa manovra sarebbe di 540 miliardi di euro (pari a circa 20 finanziarie), ed entro il 2033 bisognerebbe ristrutturare 7.400 case al giorno. Per il momento, sarebbero esclusi dalla normativa i palazzi catalogati come beni culturali, quelli all’interno dei centri storici o che potrebbero subire una diminuzione del valore architettonico, le seconde case e gli edifici di culto. Le possibili sanzioni per chi non rispetta le normative saranno a discrezione dei governi dei singoli paesi, ma è indubbio che si andrà incontro a una perdita notevole di valore degli immobili che non rientrano in queste classi energetiche.
«In quest’ottica, esistono i cosiddetti “mutui green”, che consentono di risparmiare 10 punti base sul tasso, a patto di avere come finalità l’acquisto o la riqualificazione di immobili ad alta efficienza energetica – ha affermato Alessio Santarelli, direttore generale della Divisione Broking del Gruppo MutuiOnline e ad di MutuiOnline s.p.a. -Nonostante le richieste per questa tipologia di mutui siano cresciute molto negli ultimi mesi, per le banche non sempre è possibile distinguere la motivazione del finanziamento, oltre a non garantire la certezza del salto energetico a fine lavori, e questo rappresenta di certo un ostacolo da superare». Come potrebbe essere, dunque, il panorama futuro del settore immobiliare?
Cosa sono le case green?
“Prima di tutto resta da capire come verrà messa a terra la normativa – spiega Nicoletta Papucci, direttore marketing di MutuiOnline.it – La distribuzione degli immobili in Italia è più o meno simile a quella europea non considerando il Nord Europa. Pertanto, ci si aspetta che la normativa tenga conto di queste caratteristiche senza dover obbligare a intervenire sugli immobili residenziali perché le tempistiche sarebbero troppo strette”.
La normativa avrà, quindi, un impatto su tutti quegli immobili che non sono esclusi, ma sarà effettivamente data la possibilità a tutti quei proprietari di case singole e immobili di poter effettuare le modifiche necessarie nei tempi prefissati? “Il vero rischio in cui si potrebbe incorrere è quello di creare una disuguaglianza molto forte tra coloro che avranno la possibilità di ristrutturare gli immobili e metterli in affitto e quelli che non potranno farlo – continua la direttrice – Se la normativa, dunque, venisse messa a terra così come è adesso, potrebbe essere interessante calcolare il costo di questo intervento per un immobile in affitto. Prendiamo, ad esempio, un appartamento a Milano a 1.500 euro al mese; 18.000 euro all’anno. A fronte dei costi che si dovrebbero sostenere a queste condizioni, i costi dell’affitto aumenterebbero circa del 5%; 900 euro in più all’anno. Si deve, inoltre, tenere ben presente la differenza tra città e città. Firenze, ad esempio, risulta tra quelle su cui la normativa potrebbe risultare più impattante perché si tratta di una città d’arte, dove il mercato immobiliare degli affitti è a breve termine e gli edifici sono stati costruiti in gran parte prima degli anni ’60. Idem per quanto riguarda certe zone e centri turistici”.
Anche se lo scenario è ancora in fase di definizione, si respira un’aria di preoccupazione soprattutto da parte di coloro che questi costi non potranno sostenerli.