L’innovazione sociale è “una soluzione nuova a un problema sociale che si dimostra essere più efficace, efficiente, sostenibile o inclusiva” secondo la definizione di James Phills nel libro Rediscovering social innovation. Un tema che sta assumendo progressiva centralità come policy in risposta ai cambiamenti socio-economici, e anche agli alti tassi di disoccupazione giovanile. Così i progetti nel settore si diffondono, come nel caso della startup milanese Piantando. “Lavoravamo per una società svizzera, facevamo ricerche di mercato” raccontano a StartupItalia Andrea Evangelista e Chiara Riente, entrambi 29enni, coppia nella vita e come founder di Piantando, startup che sostiene progetti ambientali nel mondo.
La rinuncia al contratto di lavoro
“Abbiamo deciso di licenziarci nel 2019”, dopo un viaggio in Cile che per Andrea rappresenta uno spartiacque. Non che quell’impiego non fosse soddisfacente, ma lì in Sudamerica, dove è approdato per scrivere la tesi di laurea in Ingegneria dei materiali, viene a contatto con una comunità locale che si dedica alla piantumazione di alberi. “Ho scoperto che le persone possono davvero fare la differenza grazie a un progetto fatto bene”, ed è così che nasce l’idea della startup.
L’idea della startup da un viaggio in Cile
Che ha una formula particolare, lontana dal classico business. Non a caso la società è una Benefit e Bcorp pending “affinché il profitto lasci spazio all’impatto positivo” si legge sul sito. L’obiettivo è l’innovazione ma a scopi sociali. Si compra una pianta grassa, oppure un kit per la coltivazione o un portachiavi, e si è automaticamente associati al progetto ecologico che l’acquisto finanzierà. C’è il ‘pozzo dei desideri’, grazie a cui dal 2015 si stanno costruendo fonti di acqua potabile in Malawi.
Il progetto per costruire pozzi in Africa
“Grazie ai volontari Matteo e Agostino, i referenti che conoscono il paese e le sue dinamiche” si legge su Piantando, “siamo riusciti a costruire il primo pozzo nel 2020”. E ancora il progetto Silva Project, attraverso cui realizzare una riserva naturale in Abruzzo – terra di origine di Andrea – riqualificando un’area a rischio desertificazione. E poi ancora un altro dei progetti, che prevede la garanzia di cure sanitarie alle popolazioni indigene del Perù, presso cui si inviano spedizione mediche gratuite.
Piante grasse di cui prendersi cura
“La vendita delle piante è stata pensata per offrire un oggetto di cui prendersi cura” prosegue Andrea, e incentivare i clienti all’impegno. È quello che lui definisce ‘business d’impatto’. I progetti si potranno infatti seguire nel loro avanzamento attraverso la piattaforma. Lo step a cui si sta lavorando, spiega Chiara, una laurea in Design della comunicazione, “sarà creare uno scan del prodotto, in modo che sia possibile visualizzare tutta la sua storia”. Il core business è la vendita dei prodotti per finanziare progetti, ma non si tratta di volontariato.
Profitto e impegno vanno di pari passo
Il profitto c’è, e oltre ai due founder ci sono al momento altre due persone assunte nella startup, “sperando di prenderne presto altre”. In più “vogliamo pagare bene chi lavora con noi” precisa Andrea. Come per esempio i produttori dei vasi in cui sui sono inserite le piante vendute. Sono artigiani abruzzesi, “e vogliamo sostenerli anche se in Cina pagheremmo meno di un terzo”. Così hanno convinto i finanziatori, che assistono nel frattempo a una crescita vertiginosa della società. “Dal 2019 al 2020 siamo saliti del 400 per cento”. Un segno dei tempi per l’innovazione usata a scopi sociali. E per la sostenibilità ambientale.