Sottoprodotti alimentari e calore inutilizzato degli impianti di biomassa, da problema diventano risorsa per BugsLife, la startup che vuol rendere l’ecosistema agroindustriale più sostenibile producendo farine proteiche per il pet food e fertilizzante naturale dalle larve di mosche soldato. Gli startupper: “proponiamo un modello agroindustriale sostenibile, riproducibile ovunque e attento al territorio che la natura ci ha suggerito”
Allevare mosche soldato. Potrebbe essere la risposta alla crescente domanda di cibo di qualità e sostenibile che ci propone la natura. Non per mangiarle direttamente, ma per innescare un circuito virtuoso che, partendo dalla peculiarità che hanno questi insetti di riportare nella catena alimentare i sottoprodotti, metta in rete aziende dell’agroalimentare, produttori locali e territori trasformando in risorse, quelli che oggi sono problemi o costi. È quanto stanno facendo in Umbria due giovani specializzati alla Wageningen University (Olanda), Caterina Luppa, laureata in agricoltura biologica e presidente giovani Confagricoltura Umbria, e Giacomo Zeni, biotecnologo alimentare, esperto in allevamento su vasta scala di mosche soldato. E i nostri cani e gatti potrebbero essere gli attori principali di questo processo di produzione innovativo.
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Dall’Olanda all’Umbria per bioconvertire allevando mosche soldato
“Tutto in natura ritorna in circolo – afferma a StartupItalia Giacomo Zeni – e le mosche soldato si nutrono di quanto c’è sul fondo delle foreste, riportando lo scarto nella catena alimentare”. “Per questo motivo, terminati i nostri studi in Olanda – prosegue Caterina Luppa – abbiamo messo su un laboratorio per testare tecnologie e prodotti che sfruttando la peculiarità delle mosche soldato, potessero innovare e rendere sostenibili i processi produttivi agricoli della nostra terra per il bene di tutto il Pianeta”.
Da questa intuizione, nel 2019, è nata BugsLife. Il primo aiuto è arrivato dall’azienda di famiglia di Caterina che, mettendo a disposizione il calore inutilizzato derivato dal processo di trasformazione della biomassa in energia, ha permesso ai due giovani di ricreare un ambiente con la temperatura costante di 27 gradi, ideale per il ciclo di vita delle mosche soldato.
L’altra necessità è stata quella di trovare la dieta giusta per gli insetti. “Abbiamo chiesto – racconta Caterina Luppa – a diverse aziende agricole del territorio di fornirci gli scarti inutilizzati della loro produzione (farine di cerali e legumi, scarti derivati dalla pulitura dei silos, sansa di oliva, trebbie, lieviti di birra e vinacce) e testato quale fosse la composizione giusta per creare il substrato più nutriente sul quale le larve potessero crescere”. Caterina e Giacomo sono andati oltre, hanno messo a punto un sistema informatico che, in base ai sottoprodotti alimentari derivati dalle aziende agricole di un determinato territorio (quindi non solo umbro) è capace di indicare quali di questi unire e in quali quantità per ottenere il substrato ideale alla crescita delle larve. Queste, poi, vengono trasformate in farine proteiche che possono essere usate anche come base degli alimenti destinati al pet food.
Ma il lavoro dei due startupper non si è fermato. Nel 2021 hanno depositato un brevetto per la movimentazione semiautomatizzata della biomassa all’interno dell’impianto di bioconversione. Infatti, se le larve si trasformano in cibo proteico, il substrato, opportunamente separato, va a fertilizzare in modo naturale i campi. “Il letto sul quale crescono le larve – afferma Caterina Luppa – è ricco, tra le altre sostanze, di chitina, un polimero capace di agevolare la proliferazione di batteri benefici necessari al rafforzamento e alla crescita delle piante. Quindi il substrato, diventa un ottimo fertilizzante per l’agricoltura biologica e non solo”. Così, in questo processo in grado di trasformare costi in risorse in armonia con il territorio, nulla va sprecato. E si può riproporre all’infinito, in accordo con le leggi della natura. Un ciclo che descrive bene l’idea di circular farm attenta all’ambiente e alla sostenibilità (obiettivo dei programmi europei Green New Deal e Farm to fork) e orientata al futuro.
Pet food e fertilizzanti naturali: un mercato in crescita
In Italia il mercato del pet food, stando alle stime dell’Iri, vale 2,4 miliardi di euro con una crescita annua dell’8%. Nel mondo, invece, è arrivato a toccare i 99 miliardi di dollari nel 2021 e si prepara, secondo il Grand View Research, a sfiorare i 139 miliardi nel 2030. Per quanto cani, gatti, pesci e uccelli siano considerati, secondo un’indagine Aisa, dei membri di famiglia per 9 italiani su 10, è anche vero che il 30% della produzione agricola è destinata a mangimi e pet food. Una produzione che non sarà sostenibile nel 2050. Infatti, stando ai dati diffusi della Fao che mostrano come fra meno di 30 anni la popolazione mondiale crescerà arrivando a toccare i 9 miliardi in un Pianeta con risorse sempre più scarse, è inevitabile che aumenterà anche la richiesta di cibo sia per gli uomini che per gli animali. Tra scenari apocalittici che descrivono gran parte della popolazione mondiale destinata alla fame, si sta lavorando per introdurre farine proteiche a base di insetti nella nostra dieta e in quella dei nostri amici a 4 zampe, visto che, sempre secondo la Fao, già 2 miliardi di persone mangiano grilli e tarme, fonti proteiche. Per quanto la normativa sull’utilizzo di farine di insetto sia costantemente in evoluzione, è anche vero che la rapidità di riproduzione, la sostenibilità ambientale del loro ciclo vitale e la ricchezza di proteine, fanno degli insetti un papabile novel food. Gli studi che ne esaltano le proprietà nutritive e gli investimenti di molte multinazionali come la pioniera Belfor, Yora Pet food e Vitakraft in pet food equilibrati e nutrienti di prima qualità a base di farine di insetti, fanno pensare che le mosche soldato potrebbero essere davvero il cibo del futuro di animali da allevamento e di compagnia.
La corsa allo sviluppo di tecnologie per ricavare farine proteiche da insetti
“Quando studiavamo in Olanda – afferma Giacomo – siamo rimasti colpiti dall’interesse che le multinazionali e i centri di ricerca dedicavano alle mosche soldato e agli insetti in generale. La corsa allo sviluppo delle tecnologie per far diventare la Mosca soldato un novel food per gli animali, risparmiando così suolo agricolo, in Europa è già partita”. – La crisi internazionale ci ha mostrato quanto essere dipendenti da altri Stati per fertilizzanti e materie prime (anche mangimi animali) sia dannoso per l’Italia. L’allevamento di mosche soldato potrebbe contribuire a far raggiungere l’autosufficienza al nostro Paese. Il sistema produttivo ideato da BugsLife può, infatti, essere riprodotto in ogni azienda agricola che abbia un impianto di biogas di 1 megawatt mettendo in circolo nuove risorse inutilizzate e rispettando l’ambiente. “Il nostro obiettivo – ribadisce Caterina Luppa – ora che abbiamo sviluppato e testato i processi produttivi, è quello di creare un impianto pilota capace di validare le tecnologie su scala industriale, continuare con i test sul mix di prodotti agricoli per la produzione di larve e produrre un quantitativo di farina proteico sufficiente a soddisfare le richieste pervenuteci dalle multinazionali del pet food. Indire ha voluto investire nella nostra startup ma stiamo cercando altri partner per far sì che l’impianto pilota possa poi diventare un impianto a produzione industriale e che ogni imprenditore agricolo, acquistando i nostri brevetti, dai prodotti che non usa possa trarre reddito vendendo direttamente le farine proteiche e rendendo la produzione sostenibile”. Sempre se i nostri amici a 4 zampe, a lungo andare, apprezzeranno crocchette e snack a base di farine di insetti.