TRY è il più grande database esistente sui caratteri morfologici e funzionali delle piante. È stato realizzato con il lavoro di 14 scienziati provenienti da tutto il mondo. Tra di loro c’è anche un italiano: Bruno Cerabolini dell’Università degli Studi dell’Insubria.
Si chiama TRY ed il più grande database esistente sui caratteri morfologici e funzionali delle piante, con dati su quasi un quinto delle specie vegetali del pianeta. Il lavoro, raccontato su Nature, ha coinvolto gli scienziati di 14 paesi tra i quali un ecologo vegetale italiano, Bruno Cerabolini dell’Università degli Studi dell’Insubria.
Dall’enorme mole di dati è emerso che gli aspetti fondamentali della forma e funzione delle piante, dalle dimensioni di semi e foglie fino alle proprietà chimiche e fisiche, sono in relazione tra loro secondo poche combinazioni comuni, quelle che l’evoluzione ha selezionato come vincenti. Che si tratti di ninfee o acacie, di rovi oppure degli enormi baobab (in foto l’albero e i suoi frutti), i dati raccolti nel corso degli anni non si limitano alle singole misurazioni, ma hanno permesso di stabilire una relazione numerica tra i vari elementi di una pianta.
Gran parte delle funzioni che svolgono gli ecosistemi dipendono dalle piante, i produttori primari
«Proprio da questo deriva l’utilità di avere un database così ampio», ci racconta Cerabolini. «Le caratteristiche delle singole specie ci aiutano a studiare gli ecosistemi nel loro complesso e valutare i loro servizi, come la depurazione dell’acqua e dell’aria, che oggi possono essere considerati beni di mercato. Per di più ci permettono di interpretare meglio gli scenari del cambiamento climatico, oppure dello sfruttamento del suolo».
Un lavoro incominciato vent’anni fa
I dati di Cerabolini confluiti nel database sono il frutto di 20 anni di lavoro. «Ho iniziato a studiare il funzionamento delle comunità vegetali per interpretare la struttura dei boschi e indagare la sostenibilità d’uso e biodiversità delle praterie utilizzate, ad esempio, come pascoli o per la produzione di fieno».
Si tratta, in particolare, di dati sul livello di azoto delle foglie, un elemento importante perché è correlato al contenuto di proteine, la maggior parte delle quali coinvolte nella fotosintesi. Conoscere il contenuto di azoto ci permette di stimare le capacità fotosintetiche di una pianta. «Inoltre è collegato all’appetibilità delle foglie: molti animali si nutrono di quelle giovani e tenere proprio perché hanno un elevato contenuto di proteine».
«Gran parte dell’ecologia vegetale, in Italia, si faceva con scarponi da montagna e block notes. Anche per questo le misurazioni dell’azoto non sono un dato sempre facile da ottenere: servono strumenti costosi come gli analizzatori di proteine, gli stessi che vengono impiegati per stabilirne il contenuto negli alimenti, che leggiamo ogni giorno sulle etichette».
Una risorsa per gli scienziati di tutto il mondo
Altri dati raccolti da Cerabolini riguardano le piante acquatiche, anch’esse con le loro difficoltà. Non solo bisogna conservarle opportunamente tra il luogo di raccolta e il laboratorio, ma è necessario pulirle con cura, in modo da non includere nelle misurazioni tutti i microrganismi (come le alghe unicellulari) che ospitano sulle foglie.
Per queste e tutte le altre specie le misurazioni sono state condotte su più elementi, ad esempio 10-20 foglie per ogni dato sulle dimensioni e sul contenuto in azoto. Tutte le ricerche si svolgono nella parte centrale della stagione vegetativa, quando le foglie sono ben sviluppate e non presentano ancora i segni della senescenza, il processo che le porterà a ingiallirsi e cadere per spostare i nutrienti in altre parti della pianta.
Il database TRY è internazionale e i dati, accessibili su richiesta per vari gruppi di ricerca, sono già diventati una risorsa per numerosi scienziati in tutto il mondo. «In poco più di un anno io ho ricevuto quasi 300 richieste», racconta Cerabolini, «c’è chi cerca informazioni sulle piante endemiche di una determinata area o studia il rapporto tra le piante e gli insetti, ma anche ricercatori che indagano gli effetti del cambiamento climatico. Il campo è sempre quello dell’ecologia: per costituire il database abbiamo studiato le singole specie, ma lo scopo è comprendere le comunità vegetali nel loro complesso e, di conseguenza, gli habitat dei quali fanno parte».
Crediti foto: Nature Publishing Group; Wikimedia Commons JaliangGao, Elgard at wts.wikivoyage, JackyR CC BY-SA 3.0