All’Università Bicocca stanno sviluppando lastre di plastica dotate di nanoparticelle in grado di catturare la luce e trasformare una finestra in un pannello solare. Il progetto vanta la collaborazione del Los Alamos National Laboratory e dell’azienda statunitense UbiQD.
Sembrano comuni vetri per finestre. In realtà, sono lastre di plastica dotate di speciali nanoparticelle in grado di catturare la luce e trasformare le nostre finestre in pannelli solari. In questo modo, sarà possibile ottenere l’energia per illuminare un’abitazione o alimentare i computer di un ufficio.
«In questi dispositivi, una frazione di luce trasmessa attraverso la finestra viene assorbita dalle nanoparticelle disperse su una finestra di vetro, riemessa ad una lunghezza d’onda infrarossa invisibile all’occhio umano e guidata verso le celle solari sul bordo della finestra», spiega Victor Klimov, ricercatore del Los Alamos National Laboratory.
Il progetto infatti è stato realizzato da un team di ricerca del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con il gruppo guidato dallo stesso Klimov e con Hunter McDaniel dell’azienda UbiQD. Finanziato da Fondazione Cariplo e Unione Europea, è stato pubblicato recentemente sulla rivista Nature Nanotechnology.
Concentratori solari a nanoparticelle
Tecnicamente si parla di concentratori solari luminescenti o LSC (Luminescent Solar Concentrators). Sono semplici lastre di plastica o vetro nelle quali vengono incorporate speciali nanoparticelle fluorescenti, i cosiddetti cromofori. Quest’ultimi sono in grado di assorbire la luce solare e la diffonderla all’interno della lastra. Per trasformare le vetrate degli edifici in generatori di energia pulita, la luce viene fatta convogliare verso i bordi sfruttando il fenomeno della riflessione totale interna e trasformata in energia elettrica da piccole celle solari.
Il vero punto di svolta è stato riuscire ad incorporare nei concentratori plastici degli speciali cristalli colloidali “grandi” appena pochi milionesimi di millimetro. In questi nuovi nanomateriali, una particella funge da involucro per una seconda, ancora più piccola. «L’enorme vantaggio di questi sistemi è che permettono di disaccoppiare i processi di assorbimento e di emissione della luce», spiega Francesco Meinardi del Team Bicocca.
L’assorbimento avviene nel guscio che immediatamente trasferisce l’energia accumulata al nocciolo da cui avviene l’emissione luminosa.
Fotovoltaico in plexiglass: i vantaggi
In realtà, lo stesso team di ricerca aveva già lavorato su sistemi in plexiglass in grado di trasformare normali finestre ma anche molti altri elementi architettonici, in sistemi fotovoltaici. Secondo Hunter McDaniel di UbiQD però, questa nuova classe di dispositivi supera alcuni dei maggiori ostacoli alla diffusione commerciale di questa tecnologia. Innanzitutto, migliora l’efficienza energetica legata ai classici moduli, ovvero quelli fatti con celle di silicio, perché questi nuovi pannelli assorbono la luce da tutto lo spettro solare e al contempo, non riassorbono la loro stessa luminescenza.
«Il fattore estetico è poi di fondamentale importanza», ricorda Meinardi, «perché una soluzione tecnologica per essere accettata non può andare a discapito della qualità della vita». Ecco perché sono essenzialmente incolore. In questo modo, potranno integrarsi in modo invisibile nel contesto urbano, superando uno dei limiti più grandi per l’applicazione in edilizia civile, ovvero l’impatto estetico.
Inoltre, ulteriore aspetto di non poco conto, i nuovi vetri fotovoltaici sviluppati dal team Bicocca-Los Alamos vantano anche piena sostenibilità ambientale. «Invece di continuare a lavorare con i classici cristalli semiconduttori a base di metalli pesanti come il cadmio o il piombo – spiega Meinardi – abbiamo realizzato nanoparticelle costituite da leghe di più elementi, riuscendo ad ottenere concentratori non tossici, con straordinarie capacità di assorbimento della luce del sole».
Una tecnologia per le città del futuro
I ricercatori ritengono che la tecnologia abbia prospettive di applicazioni nel breve-medio termine. “Questa tecnologia è immediatamente scalabile per l’industria e potrà essere utilizzata nella green architecture e nella building sustainability”, afferma Sergio Brovelli, team Bicocca. «Con questi nuovi nanomateriali, non solo i tetti ma tutte le parti di un edificio possono diventare generatori di energia solare, favorendone l’auto-sostenibilità».
È stato calcolato che, sostituendo le vetrate tradizionali di un grattacielo come lo Shard di Londra con questi nuovi elementi architettonici intelligenti, si genererebbe l’energia necessaria alla totale autosostenibilità di circa trecento appartamenti. «Aggiungete a queste cifre il risparmio energetico derivante dal ridotto ricorso al condizionamento ambientale, grazie all’assorbimento della luce solare da parte dei concentratori solari che limita il sovra riscaldamento degli edifici», conclude Brovelli. «Avrete una tecnologia potenzialmente rivoluzionaria per le città a energia zero del futuro».