A un anno dalla firma del trattato, gli impegni presi da 195 Stati nel 2015 diventano vincolanti. E puntano a limitare l’aumento della temperatura dell’atmosfera al di sotto dei due gradi e contenere gli effetti negativi dell’inquinamento sull’ambiente
Un anno fa, dal 30 novembre all’11 dicembre, 195 Paesi si confrontavano a Parigi sulle tematiche climatiche e ambientali. Oggi l’accordo Cop21 che quegli Stati hanno firmato nella capitale francese per limitare il riscaldamento globale entra in vigore. Si tratta di un’intesa universale su questo tema e la prima ad essere vincolante dal punto di vista giuridico. L’obiettivo finale è mettere in pratica un piano di azione che permetta di limitare l’aumento della temperatura dell’atmosfera. La firma dell’accordo era arrivata alla fine del summit globale del 2015 e dopo due settimane di negoziati che hanno eliminato dal testo i riferimenti specifici al taglio delle emissioni del 40-70 per cento presenti nelle prime versioni del testo. La ratifica da parte di 55 Paesi firmatari il 5 ottobre scorso ha permesso oggi all’accordo di diventare vincolante anche grazie alla conferma dell’Unione europea.
Cosa prevede l’accordo
Gli elementi chiave del trattato sono 4:
- mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali sul lungo periodo;
- cercare di non superare la soglia di 1,5 °C di aumento per limitare gli effetti negativi sull’ambiente;
- raggiungere il più presto possibile il livello massimo di emissioni globali fatta eccezione per i Paesi in via di sviluppo;
- procedere successivamente a delle riduzioni secondo quanto possibile con le soluzioni scientifiche a disposizione.
Per arrivare a questi risultati i Paesi firmatari hanno presentato dei piani nazionali (Indc) grazie ai quali ognuno fissa autonomamente degli obiettivi da raggiungere. In realtà, dall’analisi dei documenti presentati, è emerso che gli impegni presi non consentiranno di mantenere l’aumento sotto i due gradi. Per questo motivo i governi hanno stabilito di incontrarsi ogni cinque anni per confrontarsi sui miglioramenti riscontrati e riferire i progressi agli altri stati come in una sorta di verifica che ponga al centro la trasparenza e la responsabilità. Inoltre, in ciascuno di questi incontri ci sarà una revisione degli obiettivi in senso più ambizioso per cercare di raggiungere il risultato fissato per il lungo periodo. In questo processo i governi si sono anche impegnati a sostenere i Paesi in via di sviluppo per realizzare il necessario adattamento agli impatti del cambiamento climatico: sarà alimentato un fondo da 100 miliardi di dollari entro il 2020 da investire in tecnologia a favore delle realtà economiche emergenti. Anche se giuridicamente gli Stati sono obbigati a seguire la linea tracciata dal trattato, non sono previste sanzioni per la sua mancata applicazione pratica. L’unico controllo consiste quindi nelle revisioni periodiche che i vari Paesi faranno in maniera condivisa.
Nel trattato c’è il riferimento anche al ruolo che possono svolgere gli enti locali, le città, le regioni. Questo perché è evidente che non tutto può essere fatto a livello statale. Anche la società civile e il settore privato devono attivarsi per ridurre le emissioni in atmosfera e aumentare la capacità di affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, cercando di limitare la vulnerabilità ai loro effetti negativi. La cooperazione regionale e internazionale è la soluzione proposta per prepararsi alle emergenze e assicurarsi contro i rischi. Tutto dovrà passare anche attraverso un processo educativo e di sensibilizzazione alle tematiche ambientali. E, di conseguenza, attraverso la realizzazione di un sistema economico in grado di essere nel suo complesso più sostenibile.
Parigi dopo Kyoto
Il precendente accordo sul clima più importante è il Protocollo di Kyoto, firmato in Giappone l’11 dicembre 1997 da più di 180 Paesi. L’accordo è entrato in vigore solo nel 2005 dopo la ratifica della Russia. In quell’occasione gli Stati firmatari si impegnarono a ridurre le emissioni di anidride carbonica e altri cinque gas serra ritenuti responsabili dell’inquinamento e del riscaldamento globale. La percentuale fissata per la riduzione fu dell’8,65 per cento. Al di là dei tempi piuttosto lunghi per la ratifica del protocollo, Kyoto non ha però raggiunto molti dei suoi obiettivi, considerando che tra i soggetti che hanno deciso di impegnarsi c’è un grande assente, gli Stati Uniti, che incidono per il 36,2 per cento sulle emissioni totali di biossido di carbonio.
Nel dicembre del 2009, c’è stato un ulteriore tentativo di conciliazione sulle tematiche ambientali: 192 Paesi si riunirono a Copenaghen per una conferenza Onu. Anche qui il centro del dibattito furono i gas serra. Dopo giorni di negoziati, però, il clima teso dell’incontro non portò a un’intesa sulla riduzione delle emissioni e in generale quell’appuntamento è stato considerato un fallimento politico.
Il ruolo dell’Unione europea
A causa della scarsa partecipazione a Kyoto e delle difficoltà riscontrate per fissare degli obiettivi comuni a Copenaghen, l’Unione europea si è impegnata in particolar modo per arrivare alla firma dell’accordo Cop21. La Conferenza di Parigi ha avuto un risultato positivo soprattutto in virtù degli sforzi diplomatici fatti dall’istituzione europea per creare una coalizione di Stati che fosse pronta a sottoscrivere il trattato, sia tra i Paesi industrializzati che tra quelli in via di sviluppo. Nello specifico, l’Unione europea ha già adottato delle misure per ridurre le emissioni del 40 per cento entro il 2030. Il Commissario europeo per l’azione climatica e l’energia Miguel Arias Cañete ha commentato: «È una grande giornata per l’Europa e per il pianeta. Sono molto contento che la ratifica da parte dell’Unione europea ha permesso all’accordo di Parigi di entrare in vigore in tempo per il nostro incontro di Marrakesh».
La strada da fare è comunque ancora lunga, ma l’accordo di Parigi rappresenta un passo importante in vista dela 22esima Conferenza sul Clima che si terrà a Marrakesh la prossima settimana, dal 7 a 18 novembre. Per il Commissario Arias Cañete Marrakech rappresenta il momento dell’azione e dell’implementazione per raggiungere dei risultati entro il 2020.