Dagli ultimi dati emersi nel report Fashion Economics Trends elaborato dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, l’abbigliamento italiano nel 2023 è cresciuto nelle esportazioni delle vendite di abiti e pelli-accessori del 5,6%, per un fatturato che, secondo le stime, in totale, si aggirerebbe sui 103 miliardi di euro. Se da una parte il comparto è trainante per il PIL italiano, da un’altra le sfide che deve affrontare non sono per niente scontate. Sull’AI, la sostenibilità, la digitalizzazione, l’inserimento in blockchain e l’attenzione all’impatto ambientale lavorano le startup di settore. Alcune di queste si trovano nel Fashion Technology Accelerator, programma di accelerazione di 10 mesi equity free per startup e PMI della moda avviato in partnership con Regione Lombardia nel cuore pulsante del capoluogo lombardo. Questa nuova puntata di Viaggio in Italia va alla scoperta del piccolo ma importante hub tecnologico dove realtà da tutto il mondo convergono nel segno dell’innovazione. Ma, nella settimana della moda, diamo prima una sbirciatina a un po’ di dati per fare il punto su come sta andando il settore, icona del made in Italy assieme al food.
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I numeri del fashion in Italia
È stata l’Unione Europea, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale lo scorso anno della “Strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari“, a richiedere a tutto il comparto di immettere sul mercato europeo, entro il 2030, esclusivamente prodotti tessili durevoli, riparabili e riciclabili, realizzati principalmente con fibre riciclate, privi di sostanze pericolose, prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente, con l’obiettivo di garantire ai consumatori capi tessili di lunga durata, di alta qualità e a prezzi accessibili e prevedendo servizi di riutilizzo e riparazione economicamente vantaggiosi. Ma non solo. Si è fatta sempre più imminente e centrale anche l’esigenza di digitalizzare l’intera filiera, al fine di avere traccia di ogni singolo passaggio di un determinato capo lungo tutto il suo ciclo vita. Un passaporto digitale che diventerà indispensabile a partire dal 2030. A fronte di queste impellenti necessità lo sviluppo del comparto tech all’interno dei brand è già da un po’ di tempo una necessità imprescindibile. E la Fashion Week milanese è un’altra occasione per concentrarsi sulle priorità con cui il settore oggi ha a che fare. Secondo le ultime stime condivise dall’Ufficio Studi di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, la settimana della moda lo scorso anno aveva portato a un indotto di oltre 70 milioni di euro. «Milano è il centro della moda italiana e internazionale. La sola città metropolitana rappresenta il 20% dei ricavi di tutta la moda italiana – afferma il team del Fashion Technology Accelerator – Con circa 20 miliardi di euro di fatturato, e 13mila imprese attive solo a Milano, il settore è fondamentale per l’economia cittadina, regionale e italiana, che cresce ogni anno tra dal 3 al 5 %». Scopriamo, quindi, più nel dettaglio di che cosa si occupano le startup del Fashion Tecnology Accelerator e come sono strutturati i programmi di accelerazione.
Le startup del Fashion Technology Accelerator
In un settore decisamente vivo e in continua evoluzione, la richiesta di soluzioni innovative è costantemente crescente. «Crediamo che la tecnologia sia alla base delle sfide del settore e che possa farlo avanzare e progredire nel nome della sostenibilità, della supply chain, dei rapporti con clienti e fornitori – racconta il team che guida l’acceleratore milanese – Con circa 40 startup in portafoglio, provenienti da tanti Paesi diversi nel mondo, pensiamo fermamente che l’innovazione sia la chiave per rispondere alle esigenze del comparto in questi e nei prossimi anni». Operativo dal 2014, l’acceleratore, con programmi accessibili completamente da remoto, lavora con team che arrivano da tante parti del globo attraverso attività di formazione, mentorship e opportunità di networking con aziende e investitori e, al termine, un demoday. L’obiettivo è quello di rafforzare il network tra i players dell’ecosistema della moda. «Con servizi tailor made, classificati sui bisogni delle startup in fase di crescita, puntiamo a migliorare le aree del business, del marketing, del networking, anche fornendo consulenza e fondi alle realtà selezionate», spiega il team.
E proprio l’impatto ambientale è oggi al centro del programma, così come di tanti altri di settore, anche alla luce del fatto che secondo l’ultimo rapporto elaborato dall’Agenzia europea dell’ambiente, nel 2020 il settore tessile è stato la terza fonte di degrado delle risorse idriche e dell’uso del suolo. In quell’anno sono stati necessari, in media, nove metri cubi di acqua, 400 metri quadrati di terreno e 391 chilogrammi di materie prime per fornire abiti e scarpe per ogni cittadino dell’UE. E, sempre secondo le stime, la produzione tessile è responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile. Il solo lavaggio di capi sintetici rilascia ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari e rappresenta il 35% di microplastiche primarie nell’ambiente.
Casi di successo nel Fashion Technology Accelerator
«I nostri progetti puntano a ottenere un impatto positivo sulla società e sull’ambiente – spiegano dal team – Per fare qualche esempio pratico, Ciccone, startup milanese che ha partecipato a uno dei nostri precedenti batch, con noi ha strutturato un marketplace che permette la riparazione online delle scarpe. Negli ultimi anni l’acceleratore ha raccolto, nel complesso, 7 milioni di euro».
Attualmente il Fashion Technology Accelerator sta lavorando con due startup che si occupano di intelligenza artificiale per i brand, e-commerce e protezione dei dati. La scelta di reclutare poche startup ad ogni batch (ndr “call per startup”) è centrale nel raggiungimento degli obiettivi del programma. «Lanciamo 2 batch all’anno ma puntiamo ad accelerare nel modo migliore possibile quelle realtà che selezioniamo, massimo 12 – spiega il team del Fashion Technology Accelerator – Alcune lavorano sulla blockchain, molte sulla sostenibilità. Al nuovo batch ci si può candidare fino al 7 di marzo». L’impronta dei programmi è internazionale: «Abbiamo gestito progetti di open innovation anche in Qatar, in Corea del Sud e, qualche anno fa, nel Regno Unito. Siamo partner di diversi programmi che puntano a sviluppare il sistema fashion tech europeo e ci collochiamo nelle attività di investimento della Regione Lombardia per rafforzare la catena della moda anche grazie al sostegno di venture capital e players italiani e internazionali».