Questo nostro nuovo appuntamento con Viaggio in Italia si muove tra gli Appennini della nostra Penisola a caccia di innovazione. Qui ReStartApp, incubatore per giovani imprese del territorio appenninico italiano, attivo dal 2014 con il supporto di Fondazione Edoardo Garrone promuove lo sviluppo sociale, economico e culturale dei territori, mettendo le nuove generazioni al centro di una progettualità capace di creare valore duraturo e sostenibile nel tempo. L’obiettivo dell’incubatore è quello di rilanciare la montagna italiana attraverso il sostegno all’imprenditorialità giovanile. A vincere l’ultima edizione del premio, sostenuto anche da Fondazione Compagnia di San Paolo, e ad aggiudicarsi un investimento del valore di 30.000 euro è stata Bollae di Greta Manfrin e Fulvio Vailati Canta, che intende aprire sull’Appennino tosco-emiliano un laboratorio di produzione di bevande e alimenti fermentati di qualità utilizzando ingredienti locali e di stagione di origine spontanea. Secondo classificato, Verde Quadro, di Liliana Graniero: un progetto innovativo e sostenibile che si propone di rivoluzionare il concetto di agricoltura domestica attraverso l’uso di carta seminata, che si è aggiudicato un finanziamento da 20.000 euro. Terzo posto per Petra eco-camping di Andrea Di Domenico: una struttura ricettiva open air alternativa e totalmente eco-sostenibile, che, attraverso le attività e i servizi si propone di offrire un’esperienza autentica di integrazione e scoperta dei luoghi e della comunità locale del piccolo comune di Pescosansonesco, all’interno del Parco del Gran Sasso, che si è aggiudicato 10.000 euro. Abbiamo intercettato il direttore generale di Fondazione Garrone, Francesca Campora, che dal 2014 segue tutti i progetti dell’incubatore per farci raccontare come si crea innovazione in alta quota.
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Direttore, come è nata l’idea di promuovere un ecosistema per il rilancio della montagna?
Fondazione Garrone è nata nel 2004 a Genova per volontà di Riccardo Garrone con il fine di dare continuità a un progetto filantropico di cui Riccardo era responsabile. Lui viveva nell’Appennino, conosceva la montagna e la frequentava e si era reso conto che abbiamo un patrimonio di risorse ambientali, culturali, sociali ed economiche che, per una serie di motivi, non è più valorizzato. Questo costituisce un terzo del territorio italiano. La sua idea è sempre stata quella di innovare, ma i tempi non erano ancora maturi. Nel 2013 Riccardo Garrone è venuto a mancare e il figlio ha preso le redini della Fondazione con l’obiettivo di dare vita al progetto che il padre aveva immaginato. La sensibilità verso il green e le tematiche ambientali stava crescendo sempre di più, e abbiamo capito che quello era il momento giusto per mettere a terra il progetto.
Come è iniziato il progetto?
Quando abbiamo iniziato a confrontarci su come abilitare questo percorso per riqualificare l’ambiente appenninico e le aree montane abbiamo deciso di mettere i giovani al centro, dando loro le competenze giuste per cambiare. In quel momento abbiamo capito che avremmo dovuto aprirci al grande contributo che sono capaci di dare le startup. Allora ci è venuta in mente l’idea del campus ReStarApp, con una call4ideas. La nostra mission è quella di dare ai team le competenze per trasformare le idee in un business plan capace di generare valore non solo economico ma anche sociale.
Su cosa si concentra ReStartApp?
La prima edizione si è tenuta nel 2014, nell’Appennino tra l’Emilia Romagna e il Piemonte. Il riscontro che abbiamo ottenuto è andato aldilà delle aspettative in termini di candidature, che sono state 70 per un massimo di 15 posti. La grande sfida è stata quella di portare innovazione in un territorio lontano dalla dimensione urbana dove di solito nascono e si sviluppano le realtà imprenditoriali italiane. Questo rispondeva a un bisogno e una volontà da parte dei giovani di cambiare, andando incontro a qualcosa di diverso. Per loro il campus è gratuito e offre una serie di premi a fondo perduto. Alle migliori 3 imprese offriamo un contribuito che in totale si aggira sui 60mila euro all’anno, in più a ogni impresa che ha il premio di startup viene garantito un accompagnamento di un anno.
Quale è stato il feedback riscontrato?
È andata bene sin dall’inizio e siamo stati intercettati da quelli che sono, poi, diventati nostri partner come Fondazione Cariplo con la quale, nel 2016, abbiamo messo a punto ReStartAlp, dedicato ai territori alpini, e passo dopo passo, abbiamo continuato a organizzare anche più di un Campus all’anno. Nel 2018 abbiamo lanciato “ReStartApp per il Centro Italia”, con la volontà di dare un contributo fattivo alle attività produttive appenniniche che nel 2016 sono state colpite dal terremoto. Il progetto ha coinvolto oltre 30 aziende in tre regioni – Lazio, Marche, Umbria – con attività di coaching personalizzato e laboratori di creazione di rete. Abbiamo scelto di lavorare accanto a imprenditori che già avevano un’attività ma che dovevano rivedere il proprio business model a causa del terremoto. Ci siamo messi accanto a loro per fare accelerazione e da lì è nato il progetto che comprende un campus dedicato all’incubazione e, accanto a questo, ogni anno attività di accelerazione che dedichiamo a imprese esistenti sul territorio e che selezioniamo con una call. Nel 2021 abbiamo lavorato nelle Marche, nel 2022 in Irpinia, nel 2023 siamo tornati in Liguria, a Sassello. Quest’anno stiamo lavorando in Abruzzo, a L’Aquila e a Sulmona.
Ad oggi quali risultati vi portate a casa?
Dal 2014 al 2023, Fondazione Edoardo Garrone ha realizzato 12 edizioni dell’iniziativa: 8 di ReStartApp, 3 di ReStartAlp, rispettivamente in diverse località degli Appennini tra cui Grondona (Alessandria), Portico di Romagna (Rimini), San Sepolcro (Arezzo), Fabriano (Ancona), Ascoli Piceno, Avellino e Sassello (Savona) e nel VCO, oltre al progetto ReStartApp per il Centro Italia – affiancando 150 aspiranti imprenditori under 40, provenienti da 18 regioni e selezionati tra oltre 500 candidati da tutta Italia. Abbiamo fatto nascere 60 imprese che prima non esistevano e abbiamo cercato, assieme a loro, di capire quali potessero essere le tappe giuste per aiutarle al meglio e creare lavoro, raggiungere una propria dimensione di crescita avanzata e generare valore per il territorio sulla filiera produttiva. Su un investimento di più di 4 milioni di euro, abbiamo stimato un ritorno di quasi 5 milioni. Per ogni euro investito, il ritorno da un punto di vista di valore sociale è di 1,22 euro. Sappiamo bene che, se da una parte è difficile ricondurre gli sviluppi alla nostra specifica azione, da un’altra i territori che hanno beneficiato del nostro lavoro hanno fatto molti passi avanti.
Può citare alcuni best cases di startup che hanno ottenuto più successo?
Senz’altro citerei il birrificio agricolo Altavia, dove si coltiva la materia prima sul posto e sono stati bravi a capire il trend e declinarlo con una forte personalizzazione per creare aziende che sapessero valorizzare le risorse del territorio, Boschi Vivi, un progetto che permette di interrare le ceneri di essere umani e animali, ai piedi dell’albero scelto, utilizzando urne biodegradabili come alternativa ecologica al cimitero tradizionale, Acatù, un rifugio escursionistico che ha aperto a Monzuno, sull’Appennino bolognese, e che attrae ospiti e viandanti con eventi di raccolta e spirituali, Lamantera, startup della moda sostenibile che impiega la lana abruzzese per la realizzazione di capi con tessuti naturali. Questa un tempo era un residuo oneroso, mentre oggi è materia prima con la quale fare tessuti di abbigliamento, fino al turismo inclusivo di Appennini4all, impresa nata nel campus nel 2020 guidata da Mirko Cipollone che ha come obiettivo quello di realizzare un turismo inclusivo ed esperienziale per fruire la montagna e mettendo in rete tutte le realtà del territorio.