Una notizia destinata a cambiarti la vita: tuo figlio, due anni, è autistico. Anni dopo, una notte senza sonno, un sogno ad occhi aperti e una buona dose di incoscienza e coraggio per trasformare quella fantasia in una realtà concreta, la prima pizzeria in Italia gestita da persone autistiche. Nasce così PizzAut, molto più di un locale, un laboratorio di inclusione sociale che permette ai ragazzi autistici di formarsi, lavorare, di guadagnare autonomia e dignità attraverso il lavoro. E che ora si moltiplica. Con una flotta di food truck vuole portare opportunità e inclusione per le strade di tutta Italia, creando oltre 500 posti di lavoro: «L’obiettivo è arrivare a 107 PizzAutobus, uno per ogni provincia italiana». Nico Acampora, fondatore di PizzAut, sarà presente sul palco di SIOS24 Summer, il 20 giugno a Roma, negli spazi del Gazometro di via Ostiense, per raccontarci la sua storia.
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«Era il 2016. Una notte all’1.30 sveglio mia moglie, che fa l’infermiera in rianimazione, e le dico: “Stefania, dobbiamo aprire un ristorante gestito da persone autistiche”», racconta Acampora, classe ’71, educatore di formazione. «Mia moglie mi guarda e replica: “Nico dormi, tra quattro ore io devo alzarmi. E tu non sai cucinare neanche un uovo, come lo apri un ristorante?”». Quell’idea impossibile invece prende forma proprio grazie a Nico, Stefania e altri genitori di ragazzi autistici, una squadra di sognatori che il 19 novembre 2017 crea PizzAut Onlus.
Dal crowdfunding all’ONU
L’associazione lancia una campagna di crowdfunding per raccogliere i fondi per il primo ristorante, fa conoscere l’iniziativa in tv (con la partecipazione a “Tú sí que vales”), sui social, dal vivo, organizzando i primi appuntamenti itineranti a base di pizza. La strada è tutt’altro che in discesa. Nel 2020 il lockdown ritarda l’apertura della pizzeria. Nico non si scoraggia. Con un food truck i suoi ragazzi consegnano la pizza a medici e infermieri impegnati nell’emergenza Covid. Il 1° maggio 2021, nel giorno della Festa dei Lavoratori, apre PizzAut a Cassina de’ Pecchi (Milano). Intanto pizzaioli e camerieri continuano le loro trasferte, incontrano Papa Francesco in Vaticano, cucinano al Parlamento europeo. All’inaugurazione del secondo locale, a Monza nel 2023, ricevono la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che poi cita PizzAut nel discorso di fine anno come esempio dei “valori fondanti della nostra civiltà”.
«Non ci aspettavamo questa enorme ricaduta in termini di sensibilizzazione», dice Acampora. «Di recente ho incontrato un professore che insegna meccanica in un istituto professionale, mi ha detto che fa fatica a trovare officine disposte ad accogliere i ragazzi autistici, ma l’ultima volta che è andato a presentare uno dei suoi studenti, il titolare gli ha detto: “Come i ragazzi di PizzAut, allora lo prendo”. Mi è venuto da piangere perché vuol dire che questo lavoro, che costa davvero tanta fatica, sta dando dei frutti. Anche se questi frutti, come dice il mio amico Elio (di Elio e le Storie Tese), nascono sempre dalle famiglie, mai dallo Stato».
Acampora e i suoi ragazzi però si fanno sentire, anche dalle istituzioni. Lo scorso 12 giugno sono arrivati persino all’ONU, a New York, in occasione della Conferenza mondiale sui diritti delle persone disabili. «E a ottobre cucineremo la pizza per i grandi della Terra al G7 di Perugia. Anche in quell’occasione ribadiremo che l’impegno delle istituzioni deve essere maggiore. Perché ci guadagnano tutti: le famiglie, i ragazzi e la società. Non è una frase buonista. Io faccio i conti allo Stato, sono concreto e dico che ogni ragazzo che vive in un istituto allo Stato costa 200mila euro all’anno. Un ragazzo che lavora invece non costa nulla e in più paga le tasse. In Italia ci sono 600mila persone autistiche, in Europa 6 milioni. Alle istituzioni allora dico: se non volete fare qualcosa perché amate il diritto delle persone ad avere una vita dignitosa, fatelo perché vi conviene da un punto di vista economico».
I PizzAutobus
Oggi PizzAut offre formazione, percorsi di autonomia, lavoro. I due ristoranti impiegano 41 ragazze e ragazzi autistici, ma il piano è ancora più ambizioso con i PizzAutobus. «Impiegheremo cinque persone autistiche su ogni truck. Vogliamo selezionare associazioni che si occupano di autismo sul territorio, dare a ciascuna un truck in comodato d’uso e occuparci della formazione dal punto di vista sia educativo che commerciale. Stiamo lavorando insieme a PwC, che pro bono sta realizzando con noi il piano di impresa. È un progetto che ha un impatto importante: offre lavoro a persone che altrimenti non lo avrebbero, è in grado di generare ricchezza, ha una ricaduta positiva sullo stato sociale». Ancora una volta Acampora fa i conti allo Stato. «La cifra che risparmierebbe in termini di terapie, istituti, centri diurni per ragazzi disabili, è enorme: decine di milioni di euro». Il 9 luglio il progetto sarà presentato a Milano. All’evento sono stati invitati il ministro per le disabilità e il ministro del lavoro, il governatore della Lombardia, il sindaco Sala e 100 grandi aziende italiane. «Chiederemo alle imprese di fare un investimento sociale, di essere nostri partner e sponsorizzare i food truck».
L’inclusione conviene a tutti
Per “nutrire l’inclusione” serve il coinvolgimento di tutti. Secondo il fondatore di PizzAut, bisognerebbe lavorare di più sulla formazione, sulla scuola, sulla cultura sociale. E agire da subito. «In Italia si fa la diagnosi di autismo precoce, all’età di due anni, poi la presa in carico però avviene quattro anni dopo, perché mancano i neuropsichiatri, i servizi specialistici sono carenti di personale. Quando poi un bambino inizia ad andare a scuola, mancano gli insegnanti di sostegno, che sono pochi e spesso impreparati. Il 77% non ha alcuna specializzazione». Poi c’è la resistenza culturale. «Le aziende si spaventano ad assumere le persone autistiche. In Italia una legge straordinaria obbliga le imprese ad assumere una persona disabile ogni 15 dipendenti, ma in tanti preferiscono pagare la multa piuttosto che adempiere agli obblighi. PizzAut però sta dimostrando che si può fare bene facendo del bene». I ristoranti sono in positivo. A Monza bisogna prenotare con due mesi di anticipo. «I clienti sono contenti dell’esperienza, ma anche della qualità dei prodotti e del servizio».
«L’inclusione conviene a tutti, il problema è che la convenienza non è immediata». Un ristorante PizzAut è più costoso di altri: servono attrezzature, forni e insonorizzazioni particolari. «L’aspetto positivo è che certi accorgimenti necessari per accogliere le persone autistiche, poi fanno stare bene tutti. Abbiamo speso 200mila euro per l’insonorizzazione: i ragazzi stanno meglio, ma anche i clienti che si ritrovano in un locale con l’acustica perfetta». Strumenti tech? Solo quando si rivelano davvero utili. «Abbiamo forni con tecnologia avanzata. Abbiamo provato un’app per prendere le comande, ma l’abbiamo abbandonata perché molti ragazzi smettevano di scrivere. E scrivere è una competenza indispensabile nella vita. Non abbiamo il mito della tecnologia, la usiamo se serve. Adesso sento di robottini dotati di AI che sono stati costruiti per fare compagnia alle persone autistiche. Questo mi spaventa. Per me l’AI è autistic intelligence: non bisogna inventare nulla, dobbiamo solo mettere le persone nelle condizioni di esprimere il loro potenziale».
Una grande «famiglia»
In questa storia che sa di favola, le difficoltà non sono mancate e Acampora non nega di aver pensato in passato di mollare. «Almeno due volte: quando mi è arrivata una grossa fattura e non avevo i soldi per pagarla e quella volta che mia figlia mi ha detto che per seguire i ragazzi di PizzAut la trascuravo. Mi sono sentito tremendamente in colpa. Le ho spiegato che lo facevo per suo fratello. Lei mi ha risposto che trascuravo anche lui, e purtroppo aveva ragione. Soprattutto nella fase iniziale, con poche risorse a disposizione, bisognava dedicare 24 ore al giorno a PizzAut. Ancora oggi seguo la formazione di tutti. Un imprenditore che volesse avviare un PizzAut non dovrebbe certo occuparsene. A me piace e credo che sia un valore aggiunto. Conosco i miei ragazzi, vedo i loro cambiamenti, le potenzialità, la crescita. E loro definiscono PizzAut “famiglia”».