Durante i periodi di lockdown più duro abbiamo osservato dalle finestre le nostre città immobili. A colpire più di tutto, sono stati i luoghi dei bambini improvvisamente deserti: parchi giochi sigillati, giardini condominiali silenziosi, aule vuote, scuolabus fermi nei parcheggi. In questi due anni la vita quotidiana è cambiata e ora la pandemia ci lascia una grande sfida: ripensare gli spazi in cui viviamo, a partire da quelli dedicati ai più piccoli. Perché progettare una città amica delle nuove generazioni significa pensare un luogo migliore per tutti: più sicuro, accessibile, rispettoso e accogliente.
L’Ufficio delle Bambine e dei Bambini
Per promuovere e tutelare i diritti dell’infanzia sul territorio, però, serve uno sforzo collettivo, che coinvolga enti pubblici, soggetti privati e singoli cittadini. Come? Attraverso la costruzione di alleanze e la messa a disposizione di specifiche competenze.
Con questo obiettivo il Comune di Empoli ha inaugurato l’Ufficio delle Bambine e dei Bambini, all’interno di Palazzo Pretorio. L’idea si inserisce nel progetto Unicef “Città amiche dei bambini e degli adolescenti”, che indica come costruire una struttura di governo locale che metta al centro i bisogni dei piccoli e delle loro famiglie, nell’ambito di un sistema integrato di politiche educative e formative di alta qualità.
Che cosa fa l’Ufficio delle Bambine e dei Bambini
“Prendersi l’impegno di costruire una città a misura di bambini e bambine è una cosa grande e difficile”, spiega il sindaco Brenda Barnini. “Noi abbiamo già servizi per l’infanzia di altissimo livello, ma vogliamo che ogni ambito dell’azione dell’amministrazione comunale abbia come obiettivo quello di costruire una città dei bambini”.
Il nuovo Ufficio si occupa di promuovere e coordinare i progetti e le azioni legate al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, fino ai 18 anni: ideazione e realizzazione di spazi e aree verdi; gestione dei servizi educativi e delle attività extrascolastiche; stesura di regolamenti, protocolli e accordi specifici; costruzione di una fitta rete di relazioni tra pubblico e privato, con il coinvolgimento della scuola, delle associazioni e delle istituzioni presenti sul territorio, dalla biblioteca comunale alle altre realtà educative. L’Ufficio delle Bambine e dei Bambini dialoga con il comitato dei genitori e supporta il Garante comunale per l’infanzia, figura appositamente istituita nel febbraio 2022.
Il programma Unicef in Italia e nel mondo
Il programma “Città Amiche dei Bambini e degli Adolescenti” è stato lanciato dall’UNICEF e dalle Nazioni Unite del 1996 per dare seguito alle risoluzioni della 2° Conferenza Onu sugli insediamenti umani (Habitat II). In quell’occasione la comunità internazionale si accordò nel riconoscere che il benessere dei minorenni è indice di un ambiente sano, di una società democratica e di un’amministrazione locale efficiente.
Un Comune che si impegna in questo percorso lavora per dare concretezza a quattro principi fondamentali per l’infanzia e l’adolescenza: non discriminazione; superiore interesse; diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino; ascolto delle opinioni del minore. Va garantito anche il diritto al gioco, che non sempre viene rispettato.
Oggi i bambini raggiunti dal progetto, nel nostro Paese e nel mondo, sono 30 milioni, mentre 45 sono gli Stati coinvolti.
Le esperienze in altre città, da Fano a Trento
Tra le città italiane (elenco) c’è Fano. Quest’ultima nel 2021 ha celebrato il trentennale dell’iniziativa, nata in collaborazione con la Regione Marche e diventata ormai permanente: qui il Consiglio delle Bambine e dei Bambini periodicamente elabora suggerimenti e proposte da sottoporre al Sindaco. “Nel tempo sono stati migliaia i fanciulli coinvolti – spiega la coordinatrice Paola Stolfa -. Se pensiamo che i primi partecipanti oggi hanno quasi superato i 40 anni, ci rendiamo conto di come questo possa aver contribuito a creare consapevolezza e senso civico nei nostri giovani”.
Trento, invece, pochi giorni fa ha presentato un resoconto delle attività intraprese nei primi due anni di progetto. Ad esso solo nel 2020 sono stati destinati 28.960.000 euro, il 18,5% della spesa totale: i maggiori ambiti d’azione riguardano i nidi d’infanzia, le scuole, gli interventi sociali e l’aggregazione. Dal confronto con i bambini e i genitori è emersa, per esempio, l’importanza dei luoghi dove si fanno le attività: per favorire la partecipazione ed evitare le disuguaglianze servono posti conosciuti e vicini alle persone. Aver utilizzato gli spazi della scuola per le attività estive ha così determinato nel 2021 un incremento del 50% delle iscrizioni rispetto all’anno precedente.
La “cassetta degli attrezzi” per i Comuni
Ogni Comune, come spiega l’Unicef, possiede già la “cassetta degli attrezzi” con tutti gli strumenti necessari per diventare Città Amica delle Bambine e dei Bambini. Spesso il tema viene ritenuto competenza di un solo assessorato, di solito quello all’istruzione o delle politiche sociali, invece è importante un approccio coordinato e basato sull’evidenza, ovvero sull’analisi dei bisogni specifici del territorio. L’accreditamento ha una durata di due anni, successivamente rinnovabili se si riscontrano progressi nella direzione indicata da Unicef, che nel 2008 ha anche firmato un protocollo nazionale di collaborazione con Anci (Associazione nazionale comuni italiani).
Ogni Comune parte con la delibera, con cui ci si impegna a promuovere politiche specifiche per persone tra 0 e 18 anni. Il successivo coordinamento tra assessorati delinea una strategia complessiva da inserire nei documenti di programmazione, mentre il bilancio stanzia le risorse necessarie a realizzare il piano.
Un organismo permanente composto da rappresentanti dell’amministrazione e delle associazioni è il luogo di confronto, progettazione e monitoraggio, ma nelle città più grandi viene istituita anche la figura del Garante.
Con un rapporto periodico si informano i cittadini sulle azioni intraprese, mentre eventi di sensibilizzazione aiutano ad accrescere ulteriormente la consapevolezza di tutti. Bisogna garantire un ambiente sicuro e pulito, servizi scolastici e sanitari accessibili a tutti, altri servizi di supporto alle famiglie, spazi dedicati al gioco e al tempo libero.
Quando non “è solo un bambino”
Fondamentale è la partecipazione diretta al governo locale da parte dei cittadini in erba: si concretizza in spazi e tempi in cui bambini e ragazzi, aiutati dagli adulti, possano esprimere le loro opinioni, che diventano la bussola per continuare il percorso.
Perché il benessere dell’intera società parte da quello dei più piccoli, come ricorda una giovane protagonista in un messaggio Onu: “Quando senti dire “È solo un bambino”, pensa che ci sono bambini che hanno compiuto imprese che pochi adulti riuscirebbero a fare. Lo hanno fatto per salvare la propria vita e quella dei loro cari, come Yusra Mardini, per difendere i diritti dei loro coetanei, come Malala Yousafzai, o per lanciare l’allarme sui cambiamenti climatici, come Greta Thunberg”.
Foto in alto: Lukas – Pexels