Donne rifugiate e richiedenti asilo vivono spesso situazioni di violenza di genere, tra cui in particolar modo forme di violenza fisica, economica e psicologica. È quello che emerge dal report di D.I.R.E, che sottolinea la presenza di violenze in cui la persona che maltratta è sempre vicina alla donna, alla continua ricerca di una relazione improntata al controllo e alla sopraffazione sulla partner.
Per aiutare le donne a conquistare una propria indipendenza e allontanarsi da una condizione di violenza, nasce Ama-La, un laboratorio tessile ecologico e solidale nel borgo di Camini, a Reggio Calabria, nato nell’ambito di un progetto SAI (Sistema Accoglienza Integrazione) per l’accoglienza di donne rifugiate sole o con bambini
Già dal nome, il progetto racconta la propria essenza multiculturale, riprendendo l’unione di due termini tibetani: Ama, ovvero“donna e madre”, e La, suffisso che esprime “rispetto e affetto”.
«Ama-La è nato nel periodo pre-covid e ha accompagnato negli anni donne rifugiate da diversi Paesi, vittime di violenza di genere o migranti con storie diverse, in un processo di formazione e di crescita dell’autostima, con l’obiettivo di appropriarsi del proprio potenziale creativo, imparare un mestiere e raggiungere l’autonomia – spiega a StartupItalia Rosario Zurzolo, Presidente della cooperativa sociale “Eurocoop Servizi Jungi mundu” che ha ideato il laboratorio -. È anche un luogo di conforto e di cura, dove le donne possono bere un tè e condividere i propri dolorosi percorsi, tra loro o con la psicologa, l’educatrice, l’assistente sociale».
Artigianato locale ed arteterapia
Cercare di riprendere l’artigianato locale ormai perso e dare un’opportunità lavorativa alle donne in difficoltà con il supporto di sedute di arteterapia: il progetto Ama-La racconta la necessità del nostro Paese di supportare e avvicinare le donne ad una sempre più concreta indipendenza fisica, economica e psicologica.
«Il nostro progetto vuole creare momenti sociali in cui le donne possono stare insieme e condividere la propria vita con le altre, aprirsi e raccontarsi con i nostri operatori, oltre che condividere momenti sociali con gli artigiani di riferimento – racconta Zurzolo -. Abbiamo capito che le donne riescono ad aprirsi e confidarsi sempre di più in questi momenti di condivisione e così cerchiamo di capire ogni giorno come dare una mano. Il supporto di tutti gli artigiani del territorio? Fondamentale».
E grazie al progetto di ospitalità SAI anche la comunità di Camini, circa 750 abitanti, sta vivendo una rinascita, in cui il supporto alle donne è sempre più in crescita: «È un paese aperto dove differenze culturali e religiose passano in secondo piano e tra le persone c’è fratellanza: il paese è vivo».
Obiettivo: ritrovare l’indipendenza
Ama-La accoglie ogni giorno donne e ragazze provenienti da Paesi di culture diverse, tra cui Eritrea, Senegal, Yemen, Siria, Nigeria, Afghanistan, Libia, Marocco con l’obiettivo di aiutare e unire oltre ogni confine.
«Proprio con la fondazione del progetto, abbiamo creato anche un baby parking per i bambini avendo spesso lavorato con famiglie mono parentali – spiega Rosario Zurzolo a StartupItalia -. Questa opportunità continua a dare alle donne la possibilità concreta di studiare e vivere i laboratori lasciando i bambini nel nostro parco, dove gli operatori della cooperativa danno un supporto a 360 gradi».
E se la mattina le donne imparano a usare il telaio e i vari sistemi di tessitura (baco da seta, ginestra), il pomeriggio, invece, viene dedicato allo studio delle tecniche di eco printing, ovvero della pittura con prodotti naturali tra cui foglie, ferro, ruggine, con una lavorazione che impiega l’aceto per il trasferimento dei colori.
Nascono così borse, abiti e cinture, coprispalle, borsellini, cappelli, collane ma anche tappeti e tovagliette per la tavola: tutti artefatti che le donne di Ama-La creano e realizzano concretamente con gli insegnamenti dei corsi.
Ma l’obiettivo del progetto è coinvolgere sempre più donne e famiglie, artigiani e tutta la comunità.
« Oltre all’arteterapia ci stiamo focalizzando molto sulla sostenibilità e sulla vendita dei prodotti e siamo inoltre a lavoro per sviluppare l’ecommerce del progetto. Ad oggi, puntiamo ad ampliare il progetto con le donne afgane che sono riuscite ad apprendere benissimo le tecniche e con l’aiuto di artigiani esterni – spiega il fondatore a StartupItalia -. Finito il percorso dell’accoglienza, molte donne e famiglie hanno deciso di rimanere con noi e continueranno sempre ad avere un supporto».