Il tema dello smaltimento dei rifiuti ormai non riguarda più solo il nostro pianeta. E ciò che resta nello spazio anche se apparentemente inquina meno l’ambiente, non è meno pericoloso. Diverse startup pensano a come risolvere il problema
Il recente incidente avvenuto al razzo Soyuz pone nuovamente il tema di ciò che resta nello spazio dopo ciascuna missione, ciascun lancio. Si pensi solo ai nuovi satelliti che ogni anno mandiamo in orbita. Dall’inizio dell’era spaziale ne sono stati spediti nello spazio oltre 8.600 e, con l’ingresso dei privati che tendono a specializzarsi nelle costellazioni di piccoli satelliti, i numeri continuano a crescere.
Ogni satellite si posiziona in una certa orbita (che ha alcune caratteristiche ben precise tipo l’altezza, l’inclinazione rispetto all’equatore, essere circolare o ellittica) e svolge il compito per il quale era stato progettato. Quando i suoi dati non sono più competitivi, oppure quando qualcosa si rompe e il sistema smette di funzionare, il satellite si trasforma in un rottame spaziale. Questo, però, non implica alcun cambiamento nei parametri orbitali che continueranno a essere gli stessi. In altre parole, il satellite rottamato continuerà a percorrere la stessa orbita.
Che cos’è la Space Junk, o spazzatura spaziale?
Oltre ai satelliti che hanno terminato la loro vita operativa, in orbita troviamo pezzi di lanciatori e motori che, dopo avere portato a destinazione il loro carico, si sono staccati continuando a descrivere per inerzia lo stesso percorso. Poi ci sono attrezzi sfuggiti di mano agli astronauti, i residui di antiche prove di guerre stellari o di esplosioni accidentali… insomma, una infinità di pezzi piccoli e grossi che vengono amorosamente mappati dai radar di STATCOM, il centro del comando strategico USA che controlla tutti gli oggetti in orbita sia quelli attivi sia i rottami (interi o a pezzi). Si tratta di circa 20.000 oggetti, di dimensioni più grandi di 5-10 cm, ognuno dei quali è un potenziale pericolo per gli astronauti e per gli altri satelliti.
Perché i rifiuti spaziali sono un problema?
Come abbiamo imparato nella gestione della spazzatura al suolo, non si può continuare ad accumulare qualsiasi tipo di rifiuto perché, presto o tardi, si esauriscono gli spazi disponibili. Per di più, nello spazio la spazzatura costituisce un pericolo perché maggiore è il numero degli oggetti in orbita, maggiore è la probabilità di collisioni. La meccanica celeste non prevede semafori o precedenze ed è chiaro a tutti che, nonostante l’infinita scelta possibile per l’altezza delle orbite, l’affollamento delle orbite basse è arrivato a livelli di guardia. Nel 2009 si è registrato un frontale tra un satellite delle serie Iridium ed un satellite sovietico defunto. Ognuno andava per la sua strada, seguendo la sua orbita, fino a quando si sono trovati a passare esattamente nello stesso punto esattamente nello stesso momento, con conseguenze disastrose.
I controllori della stazione spaziale internazionale stanno attentissimi e cercano di prevenire ogni possibile pericolo di collisione variando l’altezza dell’orbita quando si profila il pericolo di un incontro troppo ravvicinato.
Cosa fare con i rottami in orbita?
Cosa fare per mitigare il pericolo? Chiaramente è imperativo evitare di aggiungere spazzatura spaziale. Prima di tutto sarebbe auspicabile che le orbite circumterrestri fossero popolate solo di satelliti attivi. Quelli che hanno finito le loro missioni dovrebbero sparire senza causare danni. Questo si ottiene dotando i satelliti di un sistema ad hoc (motore più carburante) per effettuare un rientro controllato nell’atmosfera.
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Ovviamente si tratta di una soluzione (peraltro costosa) da adottare per i nuovi satelliti. E per le migliaia di oggetti lanciati dall’inizio dell’era spaziale? La situazione è diversa a seconda dell’orbita che descrivono. Quelli su orbite relativamente basse verranno gradualmente frenati dall’attrito con l’alta atmosfera e si abbasseranno fino a bruciare, togliendo il disturbo. Per contro, quelli su orbite al di sopra di 400-500 km staranno dove sono a meno che non si riesca a rallentarli per farli scendere di quota.
Le startup spazzine spaziali
E’ esattamente quello che cercano di fare diverse le startup (più o meno grandi) che stanno studiando metodi per ripulire la spazzatura spaziale.
Un team svizzero cerca fondi per costruire una rete per avvolgere i rottami e trascinarli su orbite più basse. L’Agenzia Spaziale Europea studia un satellite di servizio capace di rifornire di carburante i satelliti attivi e di catturare e rimuovere quelli defunti.
C’è chi già prova tecnologie: l’anno scorso l’Agenzia Spaziale Giapponese ha tentato, senza troppo successo, di dipanare un filo per acchiappare un rottame spaziale. Il filo si è inceppato, ma l’insuccesso di un tentativo non raffredda l’entusiasmo di chi pensa di avere l’idea vincente.
In giugno la Stazione Spaziale Internazionale ha immesso in orbita RemoveDEBRIS un piccolo satellite costruito dall’Università del Surrey, che ha il compito di mettere alla prova un panorama di possibili metodi di cattura e rimozione dei rottami spaziali.
Si tratta di una missione a basso costo che vuole esplorare metodi economici per la pulizia spaziale. RemoveDEBRIS si propone di provare quattro diverse tecnologie e, curiosamente, per poter portare a buon fine le prove deve produrre la sua propria spazzatura.
A settembre è stato liberato un piccolo satellite, che si gonfierà per diventare un finto rottame di circa 1 metro di diametro, e proverà a catturarlo con una rete.
Alla fine ottobre, sarà la volta di un secondo minisatellite che verrà liberato per fare il test del sistema di posizionamento laser, che è necessario per individuare in modo autonomo i detriti spaziali da andare a rimuovere.
Poi, a febbraio, sarà provata una tecnologia di cattura tipo arpone. Infine, a marzo, si spiegherà una vela che funzionerà da freno per abbassare l’orbita fino ad arrivare alla portata dell’atmosfera.
Sono tutte tecnologie all’apparenza semplici, ma tutto diventa difficile nello spazio.
Inoltre, credo che valga sempre la stessa regola: pulire è più difficile che sporcare.