Grazie alla rete e alla rivoluzione mediatica in atto è profondamente cambiato il rapporto tra gli architetti e il pubblico. Ed è un bene per tutti. Lo spiega (bene) Marc Kushner, fondatore di Architizer, nel suo intervento al TED.
«L’architettura non è matematica né urbanistica: è l’unione di quei collegamenti emotivi, viscerali che proviamo nei luoghi che occupiamo». Marc Kushner, 39 anni, lo sa bene. Ha iniziato a fare questo mestiere quando era in atto una vera rivoluzione mediatica e, nel 2008, ha fondato, con Matthias Hollwich, Architizer, la prima piattaforma online che consente ad architetti e designer di condividere progetti e creare team internazionali.
Oggi gli architetti non sono più queste creature misteriose che usano paroloni e disegni complicati, e voi non siete un pubblico ingenuo e impreparato
Ed è proprio per questo motivo, secondo Marc, che i social e la rete avranno sempre più un ruolo predominante nello stabilire quali edifici verranno costruiti e quali progetti verranno abbandonati. Ma per capire bene questo discorso bisogna fare un passo indietro.
I “trucchi” simbolici degli edifici classici
Fermatevi un attimo a pensare a tutte quelle strutture, spesso pubbliche, che sono nate prendendo esempio dal Partenone o altri edifici classici. Che cosa comunicano? «Immediatamente vi verranno in mente parole come potere, stabilità e democrazia. Bene, quello è un trucco. Un meccanismo usato dall’architettura per far creare una connessione emotiva con le forme che vengono usate».
Un trucco che spesso viene usato perché innovare non è un’operazione così semplice. Anche in architettura: «È un escamotage molto utile, perché costruire cose è spaventoso. È costoso, ci vuole tempo, ed è molto complicato. I governi, spesso, hanno paura dell’innovazione e preferiscono perciò usare forme note e riconoscibili. In questo modo sanno già in che modo reagirete». Normalità, prima di tutto.
La teoria del pendolo
Ovviamente, accanto a tutto ciò, c’è chi decide di percorrere la strada opposta e sperimentare. Per questo, nel ventunesimo secolo, è possibile che nello stesso periodo, nello stesso paese, due edifici adibiti allo stesso scopo come musei o biblioteche, siano profondamente diversi.
La risposta? Marc ha elaborato una teoria affascinante: «L’architettura funziona sul principio del pendolo. Da un lato c’è l’innovazione: gli architetti spingono costantemente verso nuove tecnologie, nuove tipologie, nuove soluzioni nel modo di vivere. Spingiamo e spingiamo fino a sfinirvi» Ma dall’altra parte c’è il simbolo, la storia, la sicurezza. «Così ci vestiamo tutti di nero e diventiamo depressi perché non abbiamo scelta. Il pendolo ci costringe a passare dall’altro lato per riprendere quei simboli che sappiamo vi piacciono. Lo facciamo e voi siete felici. Poi, in un’alternanza senza fine, torniamo carichi e ricominciamo a sperimentare di nuovo. È una cosa che facciamo da 300 anni». Almeno fino a quando qualcosa cambia, a Bilbao, in Spagna.
La rivoluzione di Frank Gehry
Nel 1997, nella città basca, viene inaugurato il museo Guggenheim dell’architetto canadese Frank O. Gehry. Un’opera che cambia sostanzialmente tutto: «Paul Goldberger ha detto che Bilbao è stato uno dei rari momenti in cui la critica, gli accademici e il pubblico si sono trovati d’accordo su un edificio. Il New York Times ha definito l’edificio un miracolo. Il turismo a Bilbao è cresciuto del 2500 per cento dopo il suo completamento» E, Improvvisamente, tutti se ne innamorano: Los Angeles, Seattle, Chicago, New York, Cleveland.
Tutti ne vogliono uno, e Gehry è ovunque, diventando così il primo “starchitetto”
Ma qual è il motivo di questo successo? È uno ed è molto semplice. Le persone, grazie allo stimolo delle nuove forme di comunicazione, hanno fatto sì che si creasse intorno a quelle forme così strane una reazione emotiva netta e forte: «Così hanno fatto tutti i sindaci del mondo. Tutti loro sapevano che con queste forme avrebbero avuto cultura e turismo».
L’architettura è ovunque (e siamo noi a rivoluzionarla)
«Pensate a come consumate l’architettura. Mille anni fa, dovevate camminare verso il villaggio accanto per vedere un edificio. I trasporti velocizzano: potete prendere la nave, l’aereo, potete fare i turisti». E lo stesso meccanismo avviene per quanto riguarda la tecnologia visto che oggi possiamo osservare quello stesso edificio in televisione o sul telefonino, su un sito di fotografia o su Twitter.
Oggi l’architettura è ovunque: la velocità di comunicazione ha finalmente raggiunto la velocità dell’architettura.
Il futuro? Il pendolo finalmente funzionerà correttamente
E se applicassimo il pendolo ai media? «La mia teoria è che comincerà a oscillare molto più rapidamente, finché non sarà ai due estremi contemporaneamente. Finalmente svanirà la differenza tra innovazione e simbolo, tra noi, gli architetti, e voi, il pubblico. L’architetto sarà in grado di creare simboli già carichi di emozione».
Nel 2013, lo studio di Marc ha avuto l’incarico di costruire un centro ricreativo in una piccola cittadina dello stato di New York. Per testare i desideri della comunità è stata presa la decisione di pubblicare su Facebook e Instagram il rendering di alcuni progetti, lasciando la possibilità di vedere ed esprimere un giudizio.
Così, due anni prima del suo completamento, l’edificio era già parte della comunità e non ci sono state sorprese.
Tutto grazie alle possibilità che oggi internet offre: «Se usate le vostre foto per immortalare un monumento o una struttura moderna iniziate a raccontare una storia. Vostra ma anche collettiva. Siete cioè in grado di dare una carica emotiva a quei simboli» Una carica accessibile a tutti e che tutti possono fruire in maniera quasi immediata: «Sapete cosa significa tutto ciò? Che non abbiamo più bisogno dei Greci».
Siamo pronti a non avere più paura
Ecco perché da qualche anno anche il mondo dell’architettura è oggetto di un’evidente accelerazione. Le città del futuro nasceranno da un pensiero condiviso in cui ognuno potrà portare la propria visione: «Gli architetti sanno già come fare edifici ecologici, intelligenti e intuitivi. Abbiamo solo aspettato che voi li voleste. E finalmente non siamo più su fronti opposti. Trovate un architetto, assumete un architetto, lavorate con noi per progettare edifici, città e un mondo migliore, perché la posta in gioco è alta». L’importante è non avere più paura.
Alessandro Frau
Qui l’intero discorso di Marc:
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