L’ad Claudio Descalzi: “Il nostro obiettivo è quello di eliminare le emissioni nette dell’upstream entro il 2030”. Al via anche importanti progetti di forestazione
“Non potevamo avere un battesimo migliore: presentare i nostri progetti pilota sulle rinnovabili e sulla circular economy nel giorno del #FridaysForFuture, un movimento tutto di giovani. Però devo ammettere che è una concomitanza frutto del caso, anche se sicuramente positiva”. Ci scherza sopra, Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, ma c’è qualcosa di vero nelle sue parole.
Nel Piano Strategico triennale che l’Azienda controllata dal Tesoro ha presentato alla stampa si dà infatti ampio risalto alla transizione energetica in atto. Più che la fotografia della compagnia, il documento appare un insieme di fotogrammi, un film, che descrive la dinamicità del periodo attuale. Un dinamismo “green” simile a quello di Greta Thunberg, che passa naturalmente dalla volontà di accelerare con la decarbonizzazione, attraverso non solo ampi progetti di forestazione, ma con un crescente impegno del Cane a sei zampe nello studio dei biocarburanti, un maggiore uso di fonti rinnovabili e l’utilizzo di un approccio circolare per massimizzare l’impiego di rifiuti come materie prime e allungare la durata dei siti industriali. La linea tracciata da Descanzi è netta: “Potrebbe essere necessario rinunciare a qualche punto di profitto per creare valore nel settore green. Un business pulito qualifica la compagnia”.
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Carburante dalle alghe
Il progetto pilota più interessante è quello portato avanti a Ragusa, dove Eni coltiva un’alga, che in realtà è una micro-alga, dalla quale intende produrre bio-carburanti. Alla base di tutto c’è infatti la farina di un vegetale acquatico dal quale i tecnici di Eni estraggono un olio che va ad alimentare le bioraffinerie.
Il processo si compone di pochi e semplici passaggi:
- i concentratori solari che si trovano sul tetto dell’impianto concentrano i raggi solari nelle fibre ottiche
- l’energia luminosa raccolta viene condotta dalle fibre ottiche all’interno di 14 fotobioreattori, sistemi colturali cilindrici alti 5 metri collocati sotto i concentratori solari
- all’interno dei cilindri le microalghe ricevono l’energia e crescono in acqua salata fissando la CO2 separata dal gas proveniente dai pozzi del Centro Oli Eni
- successivamente l’acqua viene recuperata e purificata mentre la componente algale viene essiccata
- dalla farina dell’alga si estrae un olio che potrà alimentare le bioraffinerie di Eni, al posto della carica attuale, costituita da olio di palma
Il bio-olio prodotto è di tipo advanced, ovvero non è in competizione con le coltivazione agricole per uso alimentare.
Questa tecnologia coinvolge tutti i Centri di Ricerca Eni e le aree di business Upstream, Downstream oltre alla nuova direzione Energy Solutions. È da circa dieci anni che Eni è attiva nella coltivazione e nel trattamento di microalghe per sottrarre CO2 dall’ambiente e realizzare prodotti di origine biologica.
L’impianto di Ragusa è fortemente integrato nel tessuto industriale siciliano perché sviluppato da Eni, sulla base di una tecnologia brevettata e fornita da Sun Algae Technology, in cooperazione con la consociata Enimed e la Centrale per l’Energia Rinnovabile di Ragusa che lo ospita.
Trasformare le piattaforme in generatori green
Ma l’alga non è il solo modo in cui Eni intende puntare sulle rinnovabili. C’è poi il progetto MaREnergy. Del resto, come ha dichiarato Claudio Descalzi: “Abbiamo 110 piattaforme, se riusciamo a implementare dal moto ondoso, dai gradienti salini, dall’eolico al fotovoltaico diventano generatori di potenza di ultima generazione”.
Carburante dagli oli esausti e vegetali
Il Centro Ricerche Eni Upstream e Downstream di San Donato Milanese sta testando nuove cariche per la produzione di biocarburante, costituite da lipidi, nell’ambito del progetto Green Diesel. In questo caso, si tratta di un carburante ottenuto dall’idrogenazione di oli vegetali, che possono essere di prima generazione, come l’olio di palma oppure di seconda generazione: oli alimentari usati.
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Test e attività di benchmarking hanno confermato che Eni Diesel + riduce significativamente le emissioni inquinanti: fino al 40% di idrocarburi incombusti e ossido di carbonio. Inoltre, grazie a un ciclo produttivo più sostenibile contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 in media del 5%. La partenza a freddo del motore è facilitata e la rumorosità è ridotta grazie all’elevato numero di cetano il cui valore è superiore a 55 (contro i 51 di specifica).
…E carburante anche dai rifiuti
A Gela, attraverso Syndial (Syndial è la società ambientale di Eni impegnata negli interventi di bonifica dei siti operativi e dismessi), è stato avviato il primo impianto pilota “waste to fuel” per produrre biocarburanti dalla FORSU acronimo per “Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani” ovvero la materia che proviene dalla raccolta differenziata dell’umido: essenzialmente sono gli scarti e/o gli avanzi di cucina, dai residui di cibo ai tovaglioli sporchi.
Sono quattro gli stadi del ciclo: dal pretrattamento della carica iniziale si passa alla liquefazione (la conversione termochimica di una biomassa in presenza di una fase liquida). Successivamente i prodotti vengono separati e i sottoprodotti derivati vengono valorizzati. L’ultima fase consiste nella raffinazione del bio-olio ottenuto. In questo video Aldo Bosetti di Eni ci spiega gli stadi di lavorazione in diretta dall’impianto pilota.
Il Progetto Italia di Eni: 2,4 miliardi
Tutto ciò rientra nel Progetto Italia di Eni che l’Amministratore delegato ha annunciato di volere espandere ulteriormente nel corso della presentazione del Piano Strategico 2019 – 2022. “Siamo impegnati a far crescere il nostro business delle rinnovabili in modo organico – ha illustrato Descalzi – Il nostro portafoglio di rinnovabili è ben diversificato, sia dal punto di vista geografico sia da quello delle tecnologie utilizzate. In futuro, siamo intenzionati ad aumentare la nostra esposizione nel settore dello stoccaggio di energia. In Italia, espanderemo ulteriormente il “Progetto Italia”, che prevede la conversione delle aree industriali bonificate in aree per la produzione di energia da fonti rinnovabili”.
Il Progetto consta nella realizzazione di impianti di generazione da fonte rinnovabile di grande scala nelle aree industriali del Gruppo Eni disponibili all’uso e di scarso interesse per attività economiche. Sono stati individuati in modo preliminare oltre 400 ettari di terreno disponibile, in 12 regioni. Eni è intenzionata a investire nel nostro Paese 2,4 miliardi sugli 8 complessivi per il 2019 destinati proprio a progetti eco-compatibili.
La decarbonizzazione nel Piano Strategico
“La decarbonizzazione è strutturalmente presente in tutta la nostra strategia ed è parte preponderante delle nostre ambizioni per il futuro. Affrontare la doppia sfida da un lato di soddisfare i crescenti bisogni di energia, dall’altro di ridurre le emissioni in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, rappresenta una priorità strategica per il nostro CdA”, ha detto Descalzi.
“Come primo passo, il nostro obiettivo è quello di eliminare le emissioni nette dell’upstream entro il 2030. Riusciremo a raggiungere questo obiettivo aumentando l’efficienza operativa, riducendo quindi al minimo le emissioni dirette di CO2 del business e compensando le emissioni residuali con vasti progetti di forestazione”.
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“Facendo leva sulla nostra dimensione – ha concluso il numero 1 di Eni – porteremo benefici concreti alle comunità locali grazie alle iniziative di forestazione diretta, che comprenderanno anche la creazione di nuovi posti di lavoro. Inoltre, utilizzeremo un approccio circolare per massimizzare l’uso dei rifiuti come materie prime e allungare la vita dei siti industriali. Un ruolo chiave in questo processo verso un modello più sostenibile sarà giocato dall’impiego di nuove tecnologie”.